Capitolo 30. Avanti.

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31 dicembre. L'ultimo giorno dell'anno.
Pioveva dopo tanto tempo.
La neve si era quasi sciolta sull'asfalto, ma il gelo era quasi maggiore a quello che c'era stato in quel periodo.
I funerali di Sam erano stati strazianti, non avevo resistito in chiesa a sentire le parole del pastore.
Raggiunsi il cimitero quando la fossa era già stata coperta e rimasi da lontano ad ammirarla per ore.
Quando mi decisi di tornare a casa ero bagnata fradicia, col trucco sciolto ed i capelli attaccati al viso.
Non avrei mai voluto lasciarla lì, ma prima di impazzire dovevo capire che la mia migliore amica non sarebbe mai più tornata indietro. Ancora una volta ero rimasta sola.

Non so perché continuavo a vivere, non so perché mi ostinavo ad andare avanti.
"BILLY". Ogni santa volta che pensavo di finirla mi tornava in mente lui.
Mi ricordai di andarlo a prendere era tardi e trascorrere l'intera giornata con le suore in chiesa non era il massimo.
Solo Dio sapeva quanto stessi rendendo la vita difficile a quel bambino, ero infelice, lo era lui e non avevo i mezzi per rimediare.
Era frustrante mancavano pochi giorni al processo in tribunale, se non avessi avuto nulla da perdere non mi sarei nemmeno presentata ed invece il solo pensiero che avrebbero potuto togliermi l'affido di Billy mi metteva lo stomaco in subbuglio.
Avrei potuto anche perdere la ragione se mi avessero fatto questo ed ogni giorno quella fottutissima paura mi impediva di vivere.
Evitavo anche di rispondere a Michael, ai messaggi, alle chiamate, non l'odiavo forse non l'avevo mai fatto veramente, ma non potevo legarmi a lui.
In uno dei suoi messaggi diceva che avrebbe testimoniato contro quella stronza di Jess, che finalmente l'avrebbe tagliata fuori dalla sua vita.
Quello non bastò a tranquillizzarmi.
Non mi fidavo.

Per una settimana intera andai avanti così, cercando di dimenticare e di lasciarmi alle spalle la morte di Sam.
Ripresi a lavorare ed a suonare. I ragazzi erano rimasti sconvolti per quanto accaduto, ma evitavano di farmi domande ed io evitavo di parlarne.
Mi ero chiusa in me stessa, delle volte non capivo nemmeno quando mi rivolgevano la parola.
Il signor Hank aveva smesso di essere sprezzante o almeno cercava di essere più comprensivo.
A me, però, non interessava un cazzo.
Fisicamente ero presente, ma mentalmente probabilmente ero morta.
Mi ero spenta nel esatto momento in cui mi avevano telefonato per dirmi di Sam.
In effetti l'uso di antidepressivi e tranquillanti non mi rendevano molto attiva. Le Xanax mi rendevano assente, ma mi consentivano di andare avanti.
La sera prima delle sentenza ero ancora al bar a lavorare, avrei dovuto fare il turno lungo. Ero a pezzi incapace di restare in piedi eppure ero ancora lì a sgobbare ed a mettere in ordine i bicchieri.
Ne stavo asciugando uno proprio nel momento in cui tra tanta gente, dalla porta entrò Michael.
Lo vidi da lontano che si avvicinava al bancone: capelli neri corvino e ricci uscivano dal cappellino con la visiera larga rivolto al contrario, scarpe da tennis bianche, jeans neri strappati e t-shirt over size grigia.
Abbassai lo sguardo per non incrociare il suo, anche se sapevo che non sarebbe servito a nascondermi.
Stette qualche secondo in silenzio alle mie spalle ad osservarmi, non riuscivo a girarmi, non volevo parlargli.
<Se vuoi vado via...>
Mi disse calmo restando seduto, senza avvicinarsi.
<Allora vattene... non mi va di parlare...>
Risposi altrettanto pacata, continuando ad asciugare i bicchieri gocciolanti sul lavabo.
<Non hai risposto a nessuna delle mie chiamate o ai miei messaggi, mi eviti da una settimana perfino al funerale di Sam...>
Non avevo voglia di ascoltarlo, non mi andava di dare spiegazioni.
Sentivo la rabbia risalire all'apice.
Stringevo così forte quel bicchiere che mi si ruppe tra le mani.
Il rumore del vetro rotto che finiva da tutte le parti lo spaventò.
Mi voltai di scatto, furiosa.
Non riuscivo a stare in quel posto, ferma ad ascoltarlo.
I tagli sulla mano cominciarono a sanguinare senza sosta ed alcune gocce iniziarono a  macchiare il pavimento.
<Sto lavorando porca troia, non sto tranquilla nemmeno qua? Che cazzo vuoi che ti dica? Che domani mi gioco l'affido di mio fratello per colpa tua e della tua puttana?>
<Stai scherzando vero? Sei tu che mi hai rotto la macchina a sprangate...>
Stavo diventando una furia, gettai lo strofinaccio a terra ed uscii da dietro al bancone.
Tutti gli occhi erano puntati su di noi.
Tanto dal nervoso, avevo smesso anche di sentire il dolore alla mano.
<E fammi capire, allora che cazzo sei venuto a fare qui? Mi vuoi far perdere il posto? Che cosa vuoi rovinarmi la vita? Spiegami che cosa vuoi perché io non lo capisco...>
<Me ne vado...>
Si alzò di scatto e si avviò alla porta.
Rimasi inchiodata a vederlo andare via, mi aveva piantata in asso.
Adesso basta ero stufa.
<Allora Trouble, che fai torni a lavorare? Hai già dato troppo spettacolo!>
Ed eccolo il signor Hank che subito prese al volo l'occasione per gridarmi in faccia, ma non badai a lui.
Accecata dall'ira mi feci spazio tra la folla ed uscii fuori dal locale correndo dietro a Michael.
Ero satura ed avevo deciso: gli avrei spaccato la faccia.
Lo raggiunsi alle spalle e con tutta la mia forza lo spinsi.
Lui barcollò e scivolò sulle mattonelle bagnate del marciapiede.
Cadde con le ginocchia piantate a terra ed io ne approfittai per scagliarmi su di lui.
Schiaffi, pugni e gomitate avevo iniziato ad infierire su di lui, che si ritrovò sdraiato a pancia all'aria ed io a cavalcioni su di lui.
Cercava di difendersi per non farsi colpire sul viso, ma io continuavo. Il mio sangue si mischiava al suo che usciva dai graffi che gli avevo fatto sul viso.
Mi afferrò i polsi e cercò di immobilizzarmi.
<Ferma, stai ferma cazzo!>
<Ti uccido, ti uccido!>
Lo guardai negli occhi, il suo viso era coperto di sangue.
Che cosa stavo facendo. Smisi di sbracciare e di sgomitare e lui ne approfittò per liberarsi. Adesso ero io spalle a terra.
<Colpiscimi, avanti stronzo, colpiscimi!>
<Zitta, zitta. Smettila Trouble...!>
Gridò lui disperato. I suoi occhi erano pieni di lacrime ed io ero così amareggiata.
Mi calmai, sentivo tutte le forze venir meno ed un formicolio alle mani.
Mi aveva stretto così forte i polsi che il sangue faceva fatica a circolare.
Michael si alzò, lasciandomi stesa sull'asfalto. Io non riuscivo a muovermi e chiusi gli occhi.
Lo sentii afferrarmi per le braccia e caricarmi sulle sue spalle.
Lo lasciai fare, stavo troppo male per replicare.
Mi lasciò sul sediolino dell'auto e lo sentii salire dall'altro lato.
<Dove andiamo?>
Gli chiesi con un filo di voce.
<Ti porto via...>
<Devo lavorare...>
<Non puoi, non stai bene. Quante pillole hai preso oggi?>
<Non lo so...>
Mise in moto senza nemmeno guardarmi. Era incazzato, non l'avevo mai visto così.
Fermò l'auto in un vicolo buio, pochi isolati prima del mio.
Se avesse voluto uccidermi quello era il posto perfetto. Scese dall'auto e feci lo stesso anch'io.
Con un fazzoletto cercò di ripulire il sangue sul suo viso, poi mi guardò.
<Domani testimonierò contro Jess, anche se porca troia, hai torto marcio...>
<Vaffanculo Mike, io non voglio un cazzo! Devi sparire dalla mia vita, dalla mia fottuta esistenza.>
Presi una sigaretta dal pacchetto che avevo in tasca e me l'accesi.
<Hai bisogno d'aiuto Leyla, hai bisogno di qualcuno che ti aiuti, lo capisci?>
<Io sto benissimo...>
<Giurami che se farò il possibile per non farti andare dentro, ti farai curare!>
<Ahahahahahahahahahahaha...>
Scoppiai a ridere di gusto, credeva fossi pazza...
<Non sono pazza Michael. Vado via, sono stanca di queste stronzate!>
<Aspetta!>
Mi prese per un polso e mi trascinò verso di lui.
<Se non mi giuri che ci penserai, domani sarò costretto a dire la verità.>
Mi stava ricattando, non ci potevo credere.
<Se non mi togli le tue sporche mani da dosso ti giuro che domani al processo non ci arriva nessuno dei due.>
Mi lasciò all'istante.
<Pezzo di merda ci vediamo domani!>
Lo lasciai impietrito davanti all'auto.
Che cazzo voleva dire farsi curare, se lui mi avesse lasciato andare sarei guarita.
Avevo così voglia di spaccargli la faccia che sentivo ancora il sangue bollirmi dentro.
Sarei arrivata a casa con un mal di testa allucinante, coperta di sangue e con l'aspetto di chi non dorme da mesi.
Sicuramente non sarei riuscita a chiudere occhio e quello che era successo avrebbe incrementato la mia fottuta insonnia.
Jerry mi aveva assicurato che l'avvocato che aveva ingaggiato per me mi avrebbe tirato fuori dai guai.
Lui era un uomo potente, potevo stare tranquilla.
Eppure le parole di Michael mi avevano fatto riflettere. Forse ero davvero un pericolo per la gente, forse avrei dovuto andare in analisi o forse era lui che doveva andare a farsi fottere.
Quel grandissimo figlio di puttana mi aveva reso la vita impossibile.
In quel preciso momento realizzai che se avesse tentato di togliermi l'unica cosa bella della mia vita, allora sarei stata pronta a cancellarlo dalla faccia della terra.

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