chapter 41.

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1:20 p.m.

Infilo la chiave nella serratura di casa mia, entro. Lascio cadere il grande bagaglio sul pavimento, senza curarmi di ciò che vi è all'interno.
Respiro l'aria di casa, che mi fa prendere ulteriore coscienza del fatto che ora ben quattro ore di viaggio separano me e Liverpool. Me e Paul.

Mia madre è al lavoro, tornerà stasera, così come mio padre.
Chiamo in ufficio di entrambi, per avvisarli del mio arrivo. Sono entusiasti. Non vedono l'ora di rivedermi, come me d'altronde.
Sebbene io sia tornata a casa mia, mi trovi fra la mia gente, nella mia città, c'è qualcosa che mi impedisce di essere felice fino in fondo. Al puzzle che compone il mio cuore manca un tassello. Un piccolo, ma fondamentalmente tassello chiamato Liverpool. Chiamato Beatles. Chiamato..Paul.
Anche se solo dopo una settimana e mezzo di tempo, il puzzle della mia vita non può essere definito completo al cento per cento, senza quel tassello. Non me lo so spiegare, il perché. So solo che sento un vero e proprio buco dentro di me. Sì, può sembrare una di quelle frasi banali e fittizie, ma non trovo definizione più chiara ed accurata per esprimere tale sensazione.

Vado in camera mia e mi lascio cadere sul morbido materasso tirando un sospiro esausto. Resto a fissare il soffitto per un po', è una cosa che faccio spesso.
L'iride azzurra dei miei occhi vaga per le pareti della stanza, soffermandosi sui molteplici poster dei ragazzi.
Li guardo uno ad uno. Se ne stanno lì, immobili. Nessun john che fa le sue solite battute amare. Nessun George in cerca costante di cibo. Nessun Ringo sempre disposto ad accertarsi che tu stia bene. Nessun Paul pronto ad accogliermi fra le sue braccia sorridendo.
Nient'altro che figure stampate su carta satinata, ferme lì, spesso immortalate nel bel mezzo di una grande risata, ma di cui non si può udire il suono.
Mi porto la mano davanti al viso, osservo l'anello che ieri sera Paul mi ha regalato, il che non fa che peggiorare il mio stato d'animo.
Sono tornata a casa mia, non vorrei essere così giù. È evidente che qualcosa di estremamente forte mi lega a quei ragazzi.

Paul's p.o.v.

10:00 a.m.

Mi sveglio nel mio grande letto bianco. Non appena prendo coscienza di dove io mi trovi e metta a fuoco la situazione, il mio primo pensiero è lei. Catherine.
In questo momento si trova sul treno che la porta a Londra, lontano da qui, lontano da me. Cerco di consolarmi al pensiero che la rivedrò, fra due settimane.

Oggi ho ancora qualche prova e registrazione con i ragazzi, ma da domenica, cioè fra cinque giorni, sarò del tutto "libero" dal lavoro per almeno una settimana, praticamente fino alla data delle prove con le ballerine.

Mi alzo dal letto a fatica, cercando di scacciare la mancanza di lei. Ad ogni movimento che faccio, mi rendo conto di come la monotonia delle mie giornate sia tornata ad invadere la mia vita, così, d'un tratto. Eppure, penserete, 'come possono essere le giornate di Paul McCartney monotone?' me lo domando anche io.
È come se la presenza di Cat avesse portato la mia quotidianità ad un livello superiore, tanto da sentirmi letteralmente vuoto dopo la sua partenza, sebbene, come potete dedurre, la mia vita sia piena di sorprese.

Cammino strascicando i piedi sul pavimento in legno, provocando un suono graffiante e terribilmente noioso. Trovo la strada per il piano di sotto, scendo le scale, e faccio il mio ingresso in cucina. Bevo una tazza di caffè, nel vano tentativo di ravvivare la mattinata. Non appena il liquido scuro è finito nella tazza, il mio occhio cade sull'orologio, che mi fa notare che sono in ritardo. Vado in bagno a passo svelto, mi guardo allo specchio. Oggi, non so perché, non ho voglia di fare le boccacce davanti ad esso. Qualcosa dentro di me frena i muscoli del mio viso dal contorcersi in espressioni bizzarre. Così, svogliatamente, trascino un pettine fra i miei capelli scuri. La sensazione dei lunghi denti di plastica che separano le mie ciocche gioca un brutto scherzo alla mia mente, perché mi sembra di sentire la mano lattea e delicata di Cat che con amore mi scompiglia la chioma.
Oh, andiamo, ma cosa mi prende?
Sono patetico.

Con tutta la calma del mondo, nonostante il ritardo, salgo in auto e mi metto in moto verso lo studio.
Raggiungo l'entrata sul retro e mi muovo per il lungo e stretto corridoio, fino a giungere alla vera e propria sala registrazioni.
Come al solito al mio ingresso nella sala trovo i tre ragazzi che mi aspettano spazientiti.

"Vieni Paul, cominciamo, dai"
Mi intima John con un'annoiata tranquillità.

Mi posiziono al microfono e afferro il mio basso, in attesa di iniziare a registrare. Ringo si siede sul suo sgabello, si accende una sigaretta e la incastra fra le labbra, stringendo saldamente le dita attorno alle bacchette.
Ci volgiamo un sguardo ed annuiamo, così attacco a cantare e a suonare.

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"No no fermi, Paul che ti prende?" Interrompe John scuotendo la mano in segno di disappunto.
Lo capisco, in realtà. Non ho azzeccato una nota e le parole del testo non sono mai state così confusionarie.

"scusate ragazzi, non ci sono con la testa." Tento di giustificarmi.

"Amico abbiamo notato! Che succede? puoi dirlo a noi" Mi dice Ringo con la sua solita premura.

"no tranquilli, niente di che, davvero. Rimettiamoci a suonare, dai."
Non voglio che vedano la mia debolezza riguardo Cat. Voglio dire, non sono mai stato così legato ad una ragazza. Fa strano anche a me, ora come ora.

"Va bene amico ma concentrati stavolta, eh?" mi ripete John, con morbidezza, cercando di nascondere quella lieve irritazione. John è fatto così. Se una cosa non gli va a genio la dice, non solo nell'ambito della musica, ed io lo ammiro per questo. Sono convinto che farà grandi cose.

////

Al secondo tentativo fallisco nuovamente, e tutti se ne accorgono, a quanto sembra.

"ok Paul, ora ci dici cos'hai, altrimenti tu non esci di qui." Mi rimprovera John, come farebbe un fratello maggiore con quello più piccolo.

Io sto in silenzio. Mi limito a rivolgere i miei grandi occhi a ciascuno di loro, in attesa che qualcuno riesca a leggermi la mente.

"oh, ho capito. Al piccolo Paulie manca la sua ragazza, non è vero?"
George.

Lo dice con una tenera presa di giro, ma so che non intende realmente farmi restare male. Anche lui può capirmi, anche se non lo mostra. Difatti capita spesso che lui e Pattie si separino per molto tempo, quando ad esempio non è possibile portarla con noi in tour.

Abbassò lo sguardo imbarazzato, e un sorriso malinconico mi sorge sul viso.

John e Ringo cominciano a ridere, ma senza alcuna cattiveria. È più la risata di chi può capire perfettamente la situazione, ed è pronto ad aiutare, se necessario.

"E dai Paul, non puoi abbatterti in questo modo! E poi pensa che mica non vi vedrete per due maledetti anni,  si tratta di due settimane, amico."
cerca di tranquillizzarmi Ringo, col suo fare dolce.

"Appunto Paul, dai, vogliamo vedere il vecchio McCartney, per lo meno finché non torna Cat. D'accordo?" Questo è John.

In effetti ha ragione. Devo cercare di distrarmi. Non posso disperarmi per due fottute settimane.
Ci riuscirò? Devo. Non posso compromettere il mio lavoro in questo modo, per una ragazza. Sì, la ragazza migliore al mondo..ma non importa.
Non mi deve importare.

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Salve a tutti. Innanzitutto PERDONATEMI per tutto sto fucking tempo che è passato dall'ultimo capitolo, ma fra scuola e impegni non ho trovato il tempo.
Come vi sta sembrando la storia? Se avete consigli datemeli, thanks💗💗
Ps. Ditemi che avete colto gli espliciti riferimenti ad 'A Day In the Life' 🌚

18/11/18

||Big Green Eyes|| - p.m.c.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora