"Non ho altro posto in cui andare. Casa mia è un inferno: il compagno di mia madre è un alcolizzato e la picchia costantemente e quando il mio fratellino va a dormire e so che è al sicuro, esco di casa e vengo qui. Trovare Jim è stata una salvezza.." - sospirò sollevata -

"Non fidarti di quell uomo! Mai! Pensa solo a sè stesso ed ai soldi. Lo conosco da un po' ormai, stagli il più lontano possibile. Questo posto è la sua ennesima trovata per sbavare su donne che non potrà mai avere ed approfittarsi di ragazzine come te.." - si premurò la cubana -

"Non è lui che comanda qui.." - rivelò la ragazza stranita -

" Non sembra un capo, perché è privo di carisma e di buon senso, ma purtroppo questo locale è suo.." - ribatté Camila -

" E allora quella donna che gli dava ordini poco fa nel parcheggio, chi è?" - chiese sorpresa -

" Quale donna?" - domandò la cubana ignara -

"Allora ci muoviamo? Questo non è un salotto. Destiny esci per prima, datti una mossa .."

Jim le diede un leggero schiaffo sulle natiche, guardando quella ragazza come se fosse un pezzo di carne appena cotto, un gesto che fece rivoltare lo stomaco a Camila. In quel momento, continuava a ripetersi il motivo per cui fosse lì dentro, pregando che la serata passasse il prima possibile.

"Cabello, due minuti e tocca a te! Cambia espressione che nessuno ti vuole con quella faccia lunga! Divertiti!"

L'uomo le fece l'occhiolino, cercando di fare come con tutte le altre e toccarla, approffitando della situazione. Ma Camila non era le altre e non si sarebbe mai fatta trattare in quel modo, neanche per tutti i soldi del mondo.

"Forse non ti è chiaro ma cercherò di fartelo entrare in quella testolina vuota: non devi, per nessun motivo..."- Camila si alzò in piedi di fronte a lui - " poggiare le tue mani zozze sul mio corpo! Io non sono una delle tue ragazzine che puoi soggiogare a tuo piacimento, fallo di nuovo e ti spezzo un dito!"

Camila approfittó della sua altezza e dei tacchi, per avere un maggior controllo su quell'uomo, che nonostante avesse una stazza prorompente, non superava il metro e mezzo. Aveva un'espressione dura, quella di una donna decisa a farsi rispettare e per niente impaurita.

"E ora iniziamo!" - disse infine, prima di uscire dallo spogliatoio -

In quell' esatto momento, il cellulare, quasi scarico della cubana, cominciò a squillare. Sullo schermo comparve il nome di Lauren che provava a cercarla ormai da un po'. La chiamata andò a vuoto ed il telefono si spense poi completamente.

Camila, per la sua performance, aveva richiesto un piano, lo strumento, che più la faceva sentire a suo agio. Lo suonava da quando era bambina ed averlo con sé sopra un palco, per lei era una garanzia in più. Sapeva bene che in quel tipo di locale gli uomini non andavano per sentire una canzone cantata ma la cubana era cosciente delle sue possibilità, soprattutto sapeva come muovere il suo corpo, che da solo, era già sensuale di suo.

Si trovava dietro ad una tenda nera, osservando da dietro ciò che stava succedendo in scena. Sul palco, una delle ragazze che erano con lei poco prima nello spogliatoio, si stava strusciando addosso ad un palo eretto al centro della pedana, mentre ogni uomo presente in sala, non le toglieva gli occhi di dosso. Camila era in ansia, le sudavano le mani e sentiva caldo, tanto che il corpetto che stava indossando, le toglieva leggermente il respiro.

La musica era terminata e gli applausi non tardarono ad arrivare. Era il suo turno: vide entrare il pianoforte mentre le luci cominciarono ad abbassarsi e diventare blu, in modo che la sala divenisse quasi oscura.  L'unica cosa che si poteva notare, era proprio la figura di Camila, avvolta in una leggera ala di mistero e fumo. Il silenzio divenne assoluto.

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