Capitolo 42

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" Dovrai attirarla a te, comportati come se l'avessi perdonata e poi sarò io a darle il colpo finale..."

Queste parole continuavano a rimbombare nella testa di Camila, che da poco, era appena stata accompagnata a casa dopo la notte più folle della sua vita. Non riusciva a smettere di pensare, il suo cervello era in subbuglio, se si fosse potuto sentire il rumore, il suo, sarebbe stato addirittura assordante.

La luce del sole cominciava a fare capolino dalle fessure del balcone, colpendo direttamente il viso di Camila, che iniziò a sentire un leggero calore. Era l'alba e la cubana non aveva chiuso occhio, non che, se avesse potuto, ci sarebbe riuscita. Quella notte, tutto era stato messo in discussione, ogni legame, messo in pericolo e le persone care a Camila, esposte ad un gioco che solo lei, aveva il potere di controllare.

Da una parte la sua famiglia, gli affetti di una vita, il suo stesso sangue, le persone più importanti che le erano state vicino sin da quando aveva emesso il suo primo respiro, le stesse che le avevano donato tutto, nonostante non avessero niente. Sofia, quel piccolo essere umano che le aveva regalato di nuovo il sorriso, che sin da quando era nata aveva promesso di proteggere a qualsiasi costo.

Dall'altra, la donna che le aveva sconvolto il cuore e l'esistenza. Non avrebbe mai pensato di potersi legare in maniera così indissolubile con una persona, eppure la cubana, sentiva nei confronti di Lauren, un qualcosa che a parole non era neanche possibile spiegare da quanto fosse profondo. Ogni sentimento con lei, era amplificato: la rabbia, la felicità, le provava dentro ogni muscolo.

Le aveva fatto del male, ma tradirla in quel modo, sarebbe stata la cosa più meschina che potesse fare. Toglierle la cosa che per lei significava di più e rovinarla per sempre.

Camila si trovava in una situazione davvero complicata, ma sapeva sin da subito che non avrebbe avuto scelta: la sua famiglia per lei era sacra, non poteva rischiare che quella donna rivelasse loro il suo segreto o peggio ancora, gli facesse del male. Lauren sarebbe stato il suo danno collaterale e sapeva già, che l'avrebbe persa per sempre.

In pochi mesi, le due ragazze avevano passato di tutto: sembravanocalamite che si respingevano, per poi attrarsi.  La cubana non poteva negare di essere un po' esausta, quella situazione era abbastanza pesante. Vederla baciare un altra l'aveva sicuramente scossa, in un altro caso non avrebbe mai perdonato, ma con la corvina, Camila abbassava tutte le sue difese ed i suoi muri, molto spesso, rimanendo ferita.

"Mila? Mila?" - la vocina dolce di Sofia, irruppe nel silenzio -

Camila, sovrappensiero, si sentì all' improvviso tirare la maglietta e vide che ai piedi del letto, c'era la sorella che la fissava con uno sguardo incerto. La stanza era in penombra, illuminata soltanto da alcune spese che riuscivano a malapena a farle intravedere l'espressione di Sofia.

"Hey! Piccola che ci fai sveglia a quest'ora?" - le chiese la cubana, facendola salire sul letto accanto a lei -

"Ti ho sentita rientrare. Dove sei stata? In ospedale? Hai gatto qualche operazione figa?" - esclamò con eccitazione Sofia -

" Non si dicono queste parole!" - si lamentò la sorella maggiore - " chi ti insegna queste cose?"

" Billie Fisher della seconda A, dice che figa non è una parolaccia, è come dire cazzo.." - disse con naturalezza la bambina -

"SOFIA!" - esclamò allibita la cubana mentre la piccola iniziò a sghignazzare - " Non fa ridere, non dirle più, altrimenti sono costretta a dirlo alla mamma" - si fece seria -

"Uffi!" - sbuffò la bambina - " da quando il tuo cervello sembra essere diventato un frullatore, non sei più simpatica" - mise un finto broncio -

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