CAPITOLO VENTIDUE

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Avevo lasciato Jazmine sola nella sua stanza a consultare i suoi volumi.
In effetti, un po' mi dispiaceva di averla abbandonata in quel modo, ma volevo stare da sola.
Avevo appena preso la decisione di recitare una parte, quindi mi sarei dovuta attenere al copione.
All'improvviso, era scattato qualcosa dentro di me. Non sapevo se paragonare quel qualcosa a un interruttore, né se aveva acceso o spento la luce.
Ma, comunque fosse, la parte di me che aveva sempre continuato a sussurrarmi che non avevo bisogno di nessuno si era svegliata ed era diventata più insistente.
Non avevo bisogno di sentimenti come l'amore. Potevo benissimo cavarmela da sola.
Gli uomini erano degli idioti, tutti quanti, e non meritavano le mie lacrime.
Un momento. Pensavo davvero tutto questo?
Mi lasciai sfuggire un gemito sommesso di frustrazione e mi presi la testa fra le mani. Accidenti, non ci capivo più niente.
Alzai lo sguardo vero il cielo, buttando indietro la testa e socchiudendo appena gli occhi. Osservai le nuvole che scivolavano come sapone su quella tavola azzurra. Avevo sognato spesso di volare, di raggiungere le nuvole ed accarezzarle...
Ehi, ma ora potevo farlo!
Erano successe così tante cose, in quegli ultimi giorni, che non avevo praticamente nemmeno pensato a quello che mi era effettivamente successo.
Avevo ereditato un potere che mi permetteva di trasformarmi in animali selvatici, seppur comportasse l'utilizzo di molta energia.
Era un potere straordinario, era tutto ciò che avevo sempre sognato!
E avevo avuto l'occasione di utilizzarlo solo una volta. Cavoli, la Caccia alla Bandiera sembrava così lontana...
Mi alzai in piedi, senza distogliere lo sguardo dalle soffici nubi. Mi avvicinai al parapetto del punto di vedetta e vi posai i palmi delle mani.
Guardai giù, verso il ponte della nave. Non c'era nessuno, eccetto Alyx, che però sembrava impegnata in una discussione con la polena Milly, al timone.
Tornai a concentrarmi sul cielo.
Inspirai una boccata della brezza salmastra, sentendo il profumo del mare che penetrava nelle mie narici e raggiungeva i polmoni.
Un gabbiano volteggiava sopra di noi, lanciando i suoi striduli richiami.
— Aspettami... — mormorai, muovendo appena le labbra.
Avvertii un calore sopra al petto, lì dove il ciondolo a forma di mezzaluna mi accarezzava la pelle.
Lo scrosciare delle onde, il sibilare del vento, lo sbatacchiare delle vele, i versi dei gabbiani... riuscivo a sentire tutto questo amplificato, come se ne fossi parte integrante.
Posai un piede sul parapetto, e poi l'altro. Mi alzai in piedi, riuscendo in qualche modo a stare in equilibrio e allargai le braccia, il vento che sferzava come se volesse aiutarmi a spiccare il volo.
Con la coda dell'occhio vidi Alyx alzare lo sguardo verso di me, ma non vi feci caso.
Non mi importava. Non mi importava più di nulla, in realtà.
Mi sentivo così leggera...
Potevo semplicemente spiccare il volo e lasciarmi tutto alle spalle.
E poi mi libravo in aria, più libera di come mi fossi mai sentita.
Il vento solleticava le candide penne delle mie ali.
Sotto di me, l'Artemis si faceva sempre più piccola, fino ad assumere le dimensioni di un battello giocattolo.
Su, su, ancora più su.
Attraversai una nuvola con una capriola. Volai in tondo, lanciando un grido di felicità.
Il sole sembrava così vicino...
Era lì, avrei quasi potuto toccarlo con un dito.
Eppure, no. Io non potevo.
Fu un attimo. Quella certezza piombò, come un masso scagliato da una catapulta, tra i miei pensieri, e fu abbastanza da cancellare immediatamente quella sensazione di libertà e spensieratezza che mi pervadeva.
L'adrenalina smise di scorrermi nelle vene.
Avvertii un improvviso giramento di testa. Un senso di nausea mi salì dallo stomaco. Sentii i miei arti che si intorpidivano, posseduti dalla sonnolenza.
Oh no, pensai. Non di nuovo...
Cominciai a perdere quota. Provai a concentrarmi e a sbattere le ali, ma riuscivo a malapena a tenere gli occhi aperti.
Era durato tutto non più di pochi secondi, ma evidentemente per il mio corpo era già abbastanza.
Non riuscivo più a muovere i muscoli, come se il mio cervello avesse perso il controllo del mio corpo. E, in effetti, probabilmente era così. Quel corpo provvisorio forse non era compatibile con il mio cervello umano, a lungo termine.
Intanto, la dura superficie del mare si avvicinava sempre di più.
Chiusi gli occhi, abbandonandomi nelle mani del vento, che mi schiaffeggiarono e mi graffiarono. Attesi l'impatto con l'acqua, il dolore che penetrava nelle ossa, la morsa gelida delle acque che mi attanagliava le viscere.
Un attimo prima, invece, mi sentii afferrare, e avvertii delle dita delicate attorno alla mia figura.
Un lampo di luce argentata, ed ero di nuovo io, sudata e scossa dai tremiti contro il parapetto di legno del ponte.
Alyx Knight mi osservava dall'alto, rigirandosi pensosamente tra le dita una piuma bianca.
— Una gabbianella, eh? — commentò con un sogghigno. — Carino...
— Non... non dire niente. - bofonchiai a denti stretti, trattenendo un gemito di dolore. Le braccia... mi facevano un male cane, come se avessi trascorso le ultime cinque ore a sollevare pesi.
— Eddai, sei migliorata! Non sei neppure svenuta, stavolta. — Alyx mi mise la piuma fra i capelli. Me la sfilai rabbiosamente, scagliandole una delle mie migliori occhiate di fuoco.
Ma non ero arrabbiata con lei, naturalmente. Non ne avevo alcun motivo.
No, ero arrabbiata con me stessa. Avevo usato il potere di mia madre, di nuovo, nonostante avessi detto di non volerlo. Avevo permesso che prendesse il sopravvento. E, seppur per pochi istanti, mi era piaciuto.
Era stata una debolezza, da parte mia.
Un'enorme, imperdonabile debolezza.
Alyx continuava a fissarmi, con lo sguardo incuriosito di uno spettatore che si chiede quale sarà la prossima mossa di un prestigiatore.
Mi faceva innervosire.
Sorreggendomi al corrimano, tentai di mettermi in piedi. Dopo neanche due passi, le ginocchia mi cedettero e dovetti aggrapparmi a Alyx per non cadere.
Lei continuò a osservarmi mentre mi porgeva un cubetto di ambrosia.
Io accettai mio malgrado, tentando di non incrociare il suo sguardo.
Il sapore intenso e leggermente asprognolo dei lamponi appena colti esplose nella mia bocca non appena ne staccai un morso. La nostalgia, invece, invase il mio cuore e lo strinse come una tenaglia. Era strano come qualcosa di tanto buono riuscisse a fare, dall'altro lato, tanto male.
Alzai di nuovo lo sguardo, e mi lasciai sfuggire un ringhio quando trovai Alyx ancora intenta a osservarmi, la testa inclinata di lato.
— Hai finito di fissarmi? — sbottai.
Lei emise un verso di scherno. —  Perdonami, ma sei interessante. Potresti essermi davvero utile. —  Invece di distogliere lo sguardo, prese a fissarmi negli occhi. —  Solo che sei troppo impulsiva. Ti lasci guidare dagli istinti, come un animale selvatico. Il che potrebbe anche essere una qualità, ma... — Inclinò la testa di lato. — rende il tuo gioco molto più pericoloso.
In quel preciso istante, un fischio assordante invase l'aria.

Ciao persone!

Aggiornamento a sorpresa non casuale e neanche perché vi voglio bene perché non vi conosco.(Almeno la maggior parte di voi)
Non odiatemi però perché io non vi odio. (Non più di quanto odio il resto delle persone che mi circondano)

Ma sto divagando. Saltate pure la prima parte.
Tutto ciò per dirvi che starò via due settimane e no, non avrò ALCUNA possibilità di aggiornare e nemmeno di andare avanti se è per questo. E nemmeno di avere alcun contatto con qualsiasi apparecchio elettronico e SOPRATTUTTO con il mio letto. E nemmeno di mangiare la nutella. *piange mentre abbraccia disperatamente la nutella*

Vabbè. A voi interessa solo che non aggiornerò per due settimane.

Amen.
La messa è finita andate in pace addio.

𝕷𝖆 𝕱𝖎𝖌𝖑𝖎𝖆 𝕻𝖗𝖔𝖎𝖇𝖎𝖙𝖆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora