CAPITOLO QUINDICI

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Buio.
Buio e ancora buio.
E nel buio, i sussurri risuonavano come eco lontani, intrecciandosi e districandosi tra di loro, confondedosi come volute di fumo nell'aria.
Ave, Luna Wolfson, figlia di Artemide.
Lei non fallirà.
Lei non fallirà.
E il mio nome, ripetuto all'infinito come un mantra. E ora era la voce di James, il tono preoccupato e ansioso, il suo volto che aleggiava dietro una fine nebbiolina. Ora era la voce della donna, un fiore di affetto all'interno di un ghiacciaio, uno sguardo come spicchi d'ambra illuminati dal sole, nelle tenebre che avvolgevano ogni cosa.
Luna. Luna. Luna. Luna. Luna.
Fino a che anche il mio nome parve perdere senso.
Luna.
Sì, mi piace la luna. È così bella; continua a brillare anche quando il buio la circonda. Mi piacerebbe essere davvero come lei... essere degna... di portare...  il suo nome...
Luna...

Un sottile spiraglio di luce cominciò a squarciare l'oscurità.
Al naso mi giunse l'inconfondibile odore acre del disinfettante e della varechina.
Aprii gli occhi e sbattei le palpebre più volte, cercando di scacciare i puntini bianchi che invadevano il mio campo visivo, accecata dalla luce del sole.
Mi trovavo in infermeria, sdraiata tra le lenzuola profumate di detersivo di una delle brandine. Qualcuno doveva avermi tolto l'armatura, ma indossavo ancora gli stessi vestiti: i pantaloni militari e la canottiera arancione sporchi in alcuni punti di terra e polvere. Il ciondolo a forma di mezzaluna posato sul mio petto rifletteva i raggi del sole.
— Buongiorno.
Sussultai.
Alyx se ne stava appoggiata con disinvoltura al muro di fianco a me, le braccia incrociate al seno, i riccioli argentei che le ricadevano in una cascata ai lati del viso abbassato a rimirarsi le unghie. Mentre era lì, baciata dai raggi del sole che piovevano dalle finestre, non potei fare a meno di pensare a quanto apparisse giovane il suo aspetto: non dimostrava più di sedici anni.
Eppure c'era qualcosa, nel modo in cui si muoveva, nelle sue parole, nel suo sguardo, che faceva pensare che avesse visto più di quanto tentasse di dare a vedere.
— Ti sei svegliata prima di quanto pensassi. Non sono neanche le otto... — Il suo tono era quasi annoiato.
Ma cosa ci faceva lì?
Perché, anche se tentava di nasconderlo, sembrava così tanto interessata a me?
Ci misi un paio di secondi per realizzare ciò che aveva detto. — Le otto?! Di mattina?! — Non mi resi conto di aver quasi urlato finché lei non mi lanciò un'occhiataccia.
— Ssh. Non urlare! Non vorrai svegliarlo, vero? — mi rimproverò indicando con un cenno della testa una sedia accanto al letto.
Sulla sedia c'era James, il collo appoggiato scomodamente allo schienale, gli occhi chiusi le cui ciglia creavano ombre sugli zigomi, i capelli scompigliati che sembravano risplendere di un bagliore dorato ai raggi del sole come l'aureola di un angelo, il petto che si abbassava e si alzava regolarmente mentre i respiri uscivano dalle labbra socchiuse.
— È rimasto qui tutta la notte. Si sarà addormentato verso le quattro di mattina. — Sul volto della Cacciatrice era apparsa per un istante l'ombra di un sorriso. Era un sorriso dolce, fraterno, ma al tempo stesso scorsi una punta di tristezza amara nel suo sguardo.
Buttò la testa all'indietro, appoggiandola contro il muro. — Ci tiene proprio a te, sai.
Sì, ora ne ero certa: c'era una nota di tristezza nella sua voce, nel suo tono quasi amaro.
Mi chiesi perché, ma nessuna risposta apparve nei miei pensieri.
Mi tirai su a sedere, poggiando la schiena contro lo schienale del letto e voltandomi a guardarla. L'infermeria era deserta, mi resi conto. Non c'era nessun timore che qualcuno, all'infuori di James – che però non sembrava avere intenzione di aprire gli occhi – ci sentisse.
— Parli come se lo conoscessi. Ma... non è così, vero?
Alyx non rispose, ma si limitò a serrare le labbra in una linea sottile.
Mi nascondeva qualcosa, ma avevo capito che non c'era modo di cavarle le parole di bocca.
— Cos'è successo, ieri? — ritentai allora.
— Tua madre ti ha riconosciuta. — rispose semplicemente, andando dritta al punto.
— Mia madre... — mormorai, mentre quella parola vorticava nella mia testa. — Quindi mia madre è davvero...
Alyx annuì. — Artemide. Dea della caccia, della luna e delle fanciulle vergini.
La mia mano si mosse involontariamente a stringere il ciondolo che portavo al collo, e provai un inspiegabile sollievo nel trovarlo ancora lì.
— Ma è impossibile! — replicai, con voce roca — Artemide non... non può avere figli. È una delle dee vergini... I miti dicono... Insomma, ha giurato, ha fatto un patto...
— I patti si possono infrangere, i giuramenti si possono sciogliere. Ma bisogna essere consapevoli delle possibili conseguenze. — fu la risposta. Ma quella ragazza era capace di parlare in modo normale?
— Quindi... sono solo un errore, è così? — mi sentivo gli occhi pizzicare di lacrime, ma non volevo piangere. Non mi sarei lasciata andare. Non per questo, non davanti a lei. Feci un sorriso amaro, ignorando il peso che mi premeva contro il petto. — In fondo, dopotutto l'ho sempre saputo.
— Be', se tu sei un errore, allora lo sono anch'io. — affermò Alyx. E non era un tentativo di consolazione, o qualcosa del genere, semplicemente lo disse col tono di uno che constata che fuori piove.
— Che vuoi dire?
— Che sono un errore tanto quanto te. — ripeté la Cacciatrice senza rispondere effettivamente alla mia domanda, lo sguardo fisso davanti a sé. — Ma la vita è piena di errori. Non ha senso starsene lì a rimuginarci sopra e non andare avanti. Bisogna continuare a testa alta, nonostante gli errori, nonostante tu stesso sia un errore.
Scossi il capo. Stava cominciando a irritarmi, con le sue frasi enigmatiche. Mi premetti le tempie con le dita. La testa mi pulsava dolorosamente.
— Continuo a non capire.
Si limitò a scuotere piano la testa, ma, proprio quando stavo per aprire la bocca per insistere di nuovo, un'altra voce, leggermente assonnata, mi richiamò.
— Luna! Sei sveglia, grazie agli dei! — James si era alzato come una molla dalla sedia e si era precipitato verso di me.
— Disse quello che si è appena svegliato. — ribattei con un leggero sorriso.
— Mi hai fatto preoccupare. — mormorò lui, sorridendo a sua volta.
Poi mi abbracciò, e io venni avvolta come in un secondo abbraccio dal suo profumo di fragole ed erba bagnata, e mi parve che il calore del suo corpo mi penetrasse nella pelle fino a giungere al cuore.
Si staccò da me quasi subito, passandosi imbarazzato una mano tra i capelli, fra i quali le strisce verdi erano sbiadite fino a quasi sparire nel castano dorato.
Parve notare Alyx, e si voltò a guardarla.
Ci fu un momento, in cui sembrò di riuscire a vedere la tensione aleggiare nell'aria, nel quale i loro occhi si incrociarono, ambra dorata nel blu. I muscoli delle braccia di James e le sue spalle si irrigidirono.
Mi ricordai di quando James aveva detto che gli pareva di conoscerla.
Lui la scrutò, come se tentasse di rilevare in lei quel qualcosa che gli era tanto familiare, mentre la Cacciatrice si limitava a fissarlo, con quel suo sguardo freddo e triste al tempo stesso.
E poi quest'ultima distolse lo sguardo, in un'ostentata indifferenza.
Si rivolse a me.
— Riesci ad alzarti? Penso che sarebbe bene andare a parlare con Chirone.
Annuii e cominciai a scostare le lenzuola e ad alzarmi, mentre, con una strana fitta di dolore al petto, notavo che lo sguardo di James era ancora fissato su di lei.

𝕷𝖆 𝕱𝖎𝖌𝖑𝖎𝖆 𝕻𝖗𝖔𝖎𝖇𝖎𝖙𝖆Où les histoires vivent. Découvrez maintenant