CAPITOLO DICIASSETTE

384 30 6
                                    

Luna...
Luna...
Luna...
Tanti sussurri echeggiavano nella mia mente. Mi guardai intorno, ma l'unica cosa che riuscii a vedere fu il buio. Buio intenso, quel buio così fitto che nemmeno la notte era in grado di portare.
E poi la vidi.
Una pallida figura argentea tremolava di fronte a me, brillando nell'oscurità con la sua luce fioca. Aveva l'aspetto di una donna... anzi, no, di una ragazza, all'incirca sui tredici anni. Avanzai fluttuando leggera nel buio, fino a raggiungerla. Attraverso una nebbiolina d'argento, scorsi il flebile luccichio di un diadema argentato a forma di mezzaluna tra il groviglio spettinato di capelli di rame. Sul volto pallido, stanco, dall'aria malata, della ragazza spiccavano un paio di occhi d'ambra dalle ramature dorate, raggi di Luna in una notte senza stelle. Malgrado l'aspetto apparentemente giovane, c'era qualcosa, in quello sguardo, che mi diceva che quegli occhi erano vecchi centinaia, forse migliaia di anni.
La ragazza allungò una mano, come per toccarmi il viso. — Luna... figlia mia... — Si udì un tintinnio metallico, e in quel momento notai le spesse catene che le circondavano i polsi sottili e sembravano andare a conficcarsi nel terreno. Il suo braccio ricadde sulle gambe inginocchiate. Indossava un abito sporco e strappato, che le lasciava scoperte le caviglie e i piedi nudi.
— M-madre? — balbettai. Era strano riferirsi con quel termine a una ragazza più piccola di me. — Sei tu?
Un sorriso appena accennato le incurvò debolmente le labbra. — A quanto pare. Ma non ho molto tempo. Mantenere una connessione mentale è molto difficile, nonostante ora tu stia dormendo. Specialmente in... queste condizioni. — La dea scosse leggermente le catene che le stringevano i polsi.
— Quindi sto sognando? — In effetti, avevo il vago ricordo di essere andata a dormire nella mia cabina, ad un certo punto.
— Oh, Luna, Luna... — Scosse piano la testa, quasi divertita. — Dovresti averlo capito ormai, che i sogni sono quanto di più vero possa accadere. Ma non è questo il punto. — Puntò gli occhi verso di me, e l'ambra luccicò fiera e orgogliosa nel buio, come lo sguardo di una pantera. — Sono stata fatta prigioniera, qui nell'isola di Delo. — Nell'isola sua natia, da un antico nemico prigioniera. Le parole dell'Oracolo riecheggiarono nella mia mente. — Hanno approfittato del fatto che gli dei mi abbiano confinata qui una volta scoperto della tua nascita, in attesa che prendessero una decisione su cosa farne di te. — Artemide strinse le labbra in una linea sottile, senza nascondere il disappunto, come una madre che rimprovera il figlio che si è comportato male. — Hanno attaccato in tanti, e io non sono riuscita a respingerli. Hanno occupato l'isola, creando una barriera per tenere fuori gli dei, e imprigionandomi all'interno. Le comunicazioni sono state rese difficili, se non impossibili, e l'unico motivo per cui sono in grado di contattarti è la mia connessione con quel ciondolo che porti al collo.
In un movimento involontario, la mia mano si mosse per stringere l'amuleto, che rifletteva debolmente il bagliore della proiezione. La dea lo notò, e per un attimo sulle sue labbra apparve l'accenno di un sorriso, che scomparve quasi immediatamente.
Lui vuole il Diadema. — proseguì Artemide, il volto una maschera di serietà. — Il Diadema e la sua vendetta, e ha promesso in cambio ai suoi seguaci la libertà, la sconfitta dell'Olimpo, la resuscitazione dei titani e dei giganti. — Il bagliore argenteo si stava affievolendo sempre di più, così come la sua voce, mentre i contorni della sua figura si facevano sempre più sfocati.
— Lui? Lui chi? — chiesi, confusa.
La sagoma della dea si stava disfacendo come polvere che si disperde nell'aria. Quando parlò, la sua voce mi arrivò debole, come da molto distante: — Luna, proteggi il Diadema... il suo potere è molto grande... non perderlo, mi raccomando. — Ormai i suoi occhi, identici ai miei, erano l'unica cosa chiara della sua figura. — Proteggilo, anche a costo della tua vita... — Allungai le dita verso di lei, ma mi ritrovai a tentare invano di afferrare l'oscurità. Artemide era scomparsa.
Nell'istante in cui il suo bagliore argenteo svanì, fu come se l'unica barriera che mi separava dall'oscurità fosse caduta. Le tenebre non esitarono a circondarmi come un esercito nemico, e poi mi assalirono, trascinandomi giù, sempre più giù, nell'oscurità.

𝕷𝖆 𝕱𝖎𝖌𝖑𝖎𝖆 𝕻𝖗𝖔𝖎𝖇𝖎𝖙𝖆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora