CAPITOLO UNO

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AVVISO
I primi capitoli fanno altamente schifo, essendo stati scritti un paio di anni fa.
Leggete a vostro rischio e pericolo.
E, se ve lo state chiedendo, no: non ho intenzione di riscriverli perché sono un essere pigro.


La freccia colpì il segno nel tronco con un sibilo.
Mi soffiai via dal viso una ciocca ribelle sfuggita dalla treccia e presi una grande boccata del vento frizzantino della sera.
Mi piaceva annusare l'aria del bosco. Sapeva di foglie bagnate, resina e ciclamini. E poi c'era il canto ininterrotto degli uccelli che mi ricordava che non ero mai sola, neanche quando pensavo di esserlo. Era un'esperienza magica sentire come si zittivano quando fischettavo una risposta, per poi riprendere il loro allegro cinguettio.
Il bosco era il mio rifugio, era la mia casa più di quanto lo fosse quella vera.
All'orizzonte il sole stava tramontando in un bagno di luce arancione. La notte non mi dispiaceva affatto, anzi. Fosse stato per me sarei rimasta lì ad aspettare che la luna sorgesse nel cielo, illuminando fiocamente il mondo avvolto dalle tenebre, come un unico grande lampione.
Ma ero certa che a mio padre non sarebbe piaciuto. Lui mi voleva a casa prima del tramonto. Ed ero già in ritardo.
Così raccolsi la faretra con le frecce che avevo appoggiato ad un albero e, l'arco stretto in mano, abbandonai la radura dove andavo sempre ad allenarmi.

Quando uscii dal bosco, il sole era svanito e il buio cominciava a infittirsi. Attraversai di corsa le strade del paesino di montagna e quando finalmente arrivai davanti casa mia avevo il fiatone ed ero zuppa di sudore. Avevo appena allungato la mano verso la maniglia della porta che questa si aprì.
Mio padre si stagliava davanti a me sulla soglia con aria minacciosa. Sembrava arrabbiato.
—Vedo che ti sei degnata di tornare a casa.— disse bruscamente. — Ero preoccupato.
Quando parlò, l'acre odore di alcol mi penetrò nelle narici.
— Sbaglio o avevamo stabilito che dovevi tornare prima del tramonto?
Chinai la testa e cominciai ad osservare i miei anfibi.
— Mi...mi dispiace. — mormorai, con l'unico intento di ammansirlo. Strinsi le mani a pugno. — Non mi sono accorta che...
— Smettila di parlare! Dovresti solo chiedere scusa in ginocchio, invece di cercare inutili giustificazioni!
Aveva alzato la voce. Appena se ne rese conto lanciò uno sguardo alle case vicino alla nostra, come per accettarsi che nessuno l'avesse sentito.
Poi si voltò ed entrò in casa, lasciando la porta aperta. Mi stava ordinando di entrare.
Obbedii con riluttanza. E poi stava cominciando a fare freddo; nonostante la corsa iniziavo a rabbrividire.
Mio padre si voltò verso di me.
— Sapresti dirmi cosa fai in quel bosco tutto il giorno?
Il suo tono di voce era falsamente calmo, di quella calma che mi faceva pensare che sarebbe stato meglio se avesse urlato.
Di nuovo, io non risposi, ma lanciai istintivamente un'occhiata all'arco che stringevo in mano. Lui seguì il mio sguardo.
— Capisco. — mormorò con tranquillità apparente.
Poi, prima che potessi fare qualsiasi cosa, mi strappò l'arco di mano.
— Ridammelo! — urlai, e sentivo il cuore pompare forte sangue e rabbia mischiati assieme nelle vene.
— Assolutamente no. Penso che lo terrò io per un po'... o forse per sempre, se non vedo che ti impegni in qualcosa che non sia il tiro con l'arco.
Aveva pronunciato le ultime parole con disprezzo.
Ma che problemi aveva? Cosa c'era di male in quello che facevo?
— È mio! — protestai.
— Sei proprio come tua madre!
Ecco, ora aveva ricominciato a urlare. — Mi avete rovinato la vita, tu e lei. 
Scosse la testa, con fare improvvisamente stanco.
— Non avrei mai voluto conoscerla.
Non avrebbe mai voluto conoscerla. Non avrebbe mai voluto avere me.
Lo sapevo, lo sapevo già. Ma ciò non mi impediva di sentire una pugnalata al cuore ogni volta che pronunciava quelle parole.
— Non tirare in ballo la mamma. — ringhiai a denti stretti.
E lui rise. Una risata fredda, tagliente, priva di gioia. — Come ho già detto, — disse — sei proprio come lei. Io non so cosa ho fatto di male, ma voglio che tu cambi.
Mi strattonò con forza la faretra con le frecce dalla spalla. Quando tentai di opporre resistenza, tirò con tanta forza da mandarmi in terra. Mi rialzai subito, appoggiandomi al muro, e lo fissai mentre gettava arco e frecce nel caminetto acceso. Osservai la vampa che si alzava, il legno che si anneriva e si sgretolava in cenere.
Mi sembrava di assistere a tutto da molto lontano, come se non fossi realmente lì e ciò non stesse accadendo davvero.
La mia unica passione, il regalo di mia madre, le giornate passate a centrare il bersaglio.
Tutto ridotto in cenere. Distrutto.
All'improvviso, ritrovai la voce.
— No! — urlai, mentre tentavo di raggiungere il caminetto. I pensieri si accavallavano confusi nella mia testa. Li avrei tirati fuori da lì. Li avrei tirati fuori da lì, anche a costo di strapparli dalle grinfie del fuoco a mani nude.
Le dita di mio padre si chiusero in una morsa sulle mie spalle, stringendo fino a farmi male. Tentai inutilmente di liberarmi, colpendo invano le braccia possenti. Lui mi guardò con i suoi occhi di quell'azzurro sbiadito, resi distanti dalla delusione e dall'alcol. Lo sguardo era triste, con una punta di follia quasi indistinguibile.
— Mi dispiace, Luna. Ma sei troppo simile a lei. Io vorrei solo che tu fossi diversa...
Questa volta, quando mi divincolai, lui mi lasciò andare. Indietreggiai, tentando di guadagnare più distanza possibile.
Nascosi le lacrime dietro a un sorriso in cui tentai di imprimere più arroganza possibile.
— Mi spiace, David. — Alzai le spalle in un gesto di innocenza sarcastica. — Non si può avere sempre tutto ciò che si vuole.
Il suo sguardo si accese di rabbia. 
— Fila in camera. — scandì. — Prima che ti faccia male.
Poi cominciò a urlare. — Vattene! Sparisci dalla mia vista!
Mi voltai di scatto e mi lanciai su per le scale. Volai nella mia stanza e sbattei la porta. Vi rimasi appoggiata per qualche secondo, tentando di controllare il respiro.
Poi scivolai lentamente a terra, e lasciai che qualche lacrima frustrata mi scorresse silenziosa lungo le guance.

𝕷𝖆 𝕱𝖎𝖌𝖑𝖎𝖆 𝕻𝖗𝖔𝖎𝖇𝖎𝖙𝖆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora