CAPITOLO SETTE

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— Un... semi-che? — chiesi, confusa. Forse avevo capito male.
— Un semidio, o mezzosangue. — ripeté Chirone, paziente.
— Mezzosangue? Quindi con il sangue per metà umano e per metà... — mi interruppi. Non ero troppo ansiosadi scoprire la risposta.
— Divino. — Chirone completò la mia frase lasciata in sospeso.
Scossi la testa. — No, no, no. Mi dispiace, sono atea. Non sono credente.
Chirone rise.
— Oh, non quel tipo di divinità. No, io intendo gli dei greci, al plurale.
Deglutii. — Gli... dei greci?
Sapevo di cosa stesse parlando, li avevo studiati a scuola. Probabilmente era una delle poche cose che mi ricordavo di quell'anno, in effetti.
Okay, a scuola facevo schifo, ma se c'era una cosa in cui non andavo così male... beh, quella era la mitologia. Non avevo mai capito perché. Forse quei lontani ricordi di antichi miti greci letti prima di dormire aiutavano. Wow, che belle letture per una bambina di cinque anni, ora che ci pensavo...
A sentir parlare di dei, creature mitologiche e antichi greci, avevo sempre sentito qualcosa che scattava, in un modo molto simile a quando tiravo con l'arco.
In ogni caso di una cosa ero assolutamente sicura. — Pensavo che fossero solo miti, leggende. E poi, andiamo, da quanti secoli nessuno ci crede più?
— Oh, mia cara ragazzina impertinente, ti stupiresti di quanto alcuni miti siano reali. — sbottò con asprezza il signor D.
Sobbalzai. Mi ero completamente dimenticata della sua presenza. Anche Percy e Annabeth erano ancora lì, in piedi, e assistevano in silenzio allo scambio di battute con una certa tensione.
Chiusi gli occhi per un secondo. Sentivo le tempie pulsare dolorosamente, e non sapevo se era per la botta in testa o se i troppi pensieri che si erano affollati nella mia mente rischiavano di farla esplodere. — Mi state dicendo... — esordii, parlando lentamente —  che gli dei greci esistono davvero?
Chirone non esitò a rispondermi. —Esatto, bambina. E si sono trasferiti negli Stati Uniti. Precisamente, l'Olimpo si trova a Manhattan, sopra l'Empire State Building.
Okay, la conversazione stava diventando sempre più insensata. L'Olimpo sopra l' Empire State Building? Come potevano pensare che ci credessi veramente?
Dov'ero finita? In una specie di... campo estivo a tema?
— Perché mai delle antiche divinità greche dovrebbero trasferirsi proprio negli Stati Uniti? — chiesi, senza nemmeno tentare di velare una punta di sarcasmo.
— Vedi, Luna, gli dei tendono a vivere dove è concentrato il nucleo, per così dire, della civiltà attuale. Prima in Grecia, poi si sono trasferiti a Roma assumendo le loro sembianze romane e così via per molti secoli, fino ad oggi. Finché un mito viene ricordato, Luna, esso continua a vivere, nelle menti degli uomini. Se ci sarà qualcuno a credere in loro, gli dei dell'Olimpo continueranno la loro esistenza.
Forse si aspettavano una risposta, ma io rimasi ferma, a spostare lo sguardo da Chirone, a un  signor D palesemente disinteressato, fino a Percy e Annabeth che mi lanciavano occhiate incuriosite.
— Non ci credo. — dissi semplicemente, secca, alla fine.
— Umpf, questi mocciosi, sempre prenti a contraddire ogni cosa, invece di considerare legge tutto ciò che esce dalla bocca di chi è più vecchio di loro...— bofonchiò il signor D con disprezzo.
Per un momento ebbi l'orribile visione di un signor D in versione vecchietta, con tanto di mantellina sulle spalle e fazzoletto in testa, che se ne andava in giro brandendo un bastone da passeggio e sbraitando ''rispetto per gli anziani''.
Repressi con un brivido l'immagine terrificante dalla mia mente.
Il signor D alzò finalmente lo sguardo dalla lattina di diet coke e fissò i suoi occhietti neri nei miei.
— Penso di sapere come convincerti, ragazzina.
Non ce la faceva proprio a chiamarmi col mio nome.
Era difficile prendere sul serio qualcuno con un naso rosso e grosso come il suo, ma quel lampo che gli aveva attraversato lo sguardo per un istante mi fece accapponare la pelle.
All'improvviso, la sua figura sembrava emanare un'aura diversa, un'aura che trasudava potere.
Il signor D schioccò le dita e improvvisamente viticci di uva apparvero dal nulla e cominciarono ad avvilupparsi lungo le gambe del tavolo e sulle mie caviglie. Ero certa che avrebbero potuto immobilizzarmi o risalire lungo il mio corpo e soffocarmi, se il signor D avesse voluto. O meglio, se Chirone e i ragazzi non fossero stati qui, perché avevo l'impressione che al signor D non sarebbe dispiaciuto affatto. Inghiottii lo strillo che mi si era formato in gola e strinsi forte le mani a pugno, sentendo le unghie conficcarsi nella pelle. Mi sforzai di respirare normalmente, ma nella mia testa i pensieri si accavallavano l'uno sull'altro, come formiche su una carcassa.
Com'è possibile? Com'è possibile? Com'è possibile?
Poi, con un altro schiocco di dita, i viticci scomparvero senza lasciare alcuna traccia, se non il mio cuore che martellava all'interno della mia cassa toracica.
— Convinta adesso, ragazzina, o devo trasformarti in un delfino per farti capire? — Il tono di voce del signor D era tornato annoiato, ma manteneva ancora una nota minacciosa.
Deglutii di nuovo, tentando con tutte le mie forze di apparire normale.
Pescai nella mia mente l'informazione che mi serviva e alla fine la trovai, in un remoto angolo del mio cervello che sembrava essere in grado di memorizzare cose.
— Lei è ... uhm ... Dioniso, giusto? — domandai, incerta, sperando con tutta me stessa che scoppiassero a ridere e mi dicessero qualcosa tipo: “Lui, un dio? Hahaha, no, ti abbiamo preso in giro, era tutto uno scherzo! Ci sei cascata!”
Invece, il signor D si limitò ad annuire leggermente accompagnando un cenno con la mano, di nuovo completamente distratto. Aveva spostato la sua attenzione su un bicchiere vuoto e si stava concentrando per far apparire del vino, il quale appariva, sì, ma si trasformava immediatamente in acqua.
— Zeus! — gridò a un certo punto, lanciando un occhiataccia al cielo sotto il mio sbigottito.
Dove diamine ero finita?
Un tuono rimbombò nel cielo, nonostante non si vedesse una nuvola.
Decisi di essermi immaginata il fatto che ricordasse vagamente una risata.
— Sì, è lui. — si degnò di rispondermi Chirone —  Ma, ecco... sta attenta quando parli. I nomi sono potenti.
— D'accordo. — tentai inutilmente di fare il capo della situazione. Era troppo assurda per descriverla a parole. — Quindi mi state dicendo che io sarei una semidea e uno dei miei genitori è un dio greco? — Mi resi conto di quanto quelle parole suonassero ancora più ridicole se pronunciate a voce alta.
— Luna, hai mai conosciuto tua madre? — domandò Chirone per tutta risposta.
— Mia madre è scomparsa subito dopo la mia nascita, tre anni prima che lasciassimo l'America per trasferirci in Italia. — risposi tutto d'un fiato, cercando di mantenere un tono di voce neutro. — Penso che sia morta...
Vidi Chirome trattenere un sorrisetto soddisfatto. — Tua madre non è morta, Luna.
— Come... — iniziai.
— Tua madre è una dea.

𝕷𝖆 𝕱𝖎𝖌𝖑𝖎𝖆 𝕻𝖗𝖔𝖎𝖇𝖎𝖙𝖆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora