33. Mi vuoi baciare?

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Federico si fermò, lasciando qualche centimetro di distanza tra di loro.
I suoi occhi percorsero inevitabilmente il corpo della ragazza, partendo dai piedi scalzi e salendo senza fretta, accarezzando con lo sguardo le gambe, pressoché interamente scoperte, indugiando sulla scollatura del vestito, passando per le labbra - dove non era rimasto altro che l'ombra del rossetto rosso che ci aveva passato sopra Alice, ore prima - per poi bloccarsi, tornando a fissare gli occhi in quelli di lei.

Alice sentì un'ondata di calore invaderle il corpo, le sembrava di andare a fuoco tutta per il modo in cui Federico l'aveva guardata, come se si fosse voluto imprimere in testa anche il più minimo e insignificante dettaglio di lei.
Tirò l'orlo del vestito per cercare di coprirsi, inutilmente, visto che la stoffa non andava né più giù e nemmeno più su, tanto era aderente al suo fisico.
Aspirò nuovamente un tiro dalla sigaretta, distogliendo lo sguardo da lui e fissandolo in un punto immaginario davanti a sé.

«Non ti fa bene stare qui fuori vestita così. E nemmeno questa ti fa bene» disse, avanzando di un passo e allungando un braccio per sfilarle la sigaretta dalla mano.
La buttò per terra e la spense con la suola della scarpa.

«Ma che fai? - si lamentò allibita Alice guardando i resti di quello che un attimo prima teneva tra le dita; sbuffò e stava per chiedergli se avesse la minima idea di quanto costava un pacchetto di quelle quando si ricordò che la sigaretta non era nemmeno la sua. Tornò ad alzare lo sguardo su di lui, trovandolo ancor più bello da così vicino. Ma non potevo innamorarmi di uno più brutto, si chiese, le avrebbe dato molti problemi in meno. Quello che disse dopo, Federico, non se l'aspettava per niente - Sei bellissimo, stasera.»

«Sei ubriaca?» chiese, scrutando il suo volto.

«No!»

Inarcò le sopracciglia, «No?» domandò dubbioso, visto che sembrava esattamente il contrario.

Alice parve rifletterci sopra; considerando il fatto che da sobria non avrebbe dato adito alla sua lingua ti sputare fuori tutto quello che le passava per la testa e che era preferibile tenere solo per sé, nascosto e che, inoltre, sarebbe scappata a gambe levate dentro non appena Federico aveva messo piede lì fuori, dovette ammettere che sì, era abbastanza ubriaca.
Cosa più che normale visti i bicchieri di vino che aveva trangugiato, a cui erano seguiti quelli di vodka, gli shottini - di cui non si ricordava nemmeno il numero esatto, quanti erano, tre, quattro?

«Forse un pochino» annuì.

Bene, almeno così Federico sapeva quanto peso dare alle sue parole e alle sue azioni.

«Il fatto che io sia più o meno ubriaca non significa che quello che dico non sia vero» affermò, capendo il perché della sua domanda.
Che lui fosse un bel ragazzo era oggettivo, non era di certo l'alcol a farlo apparire così, era un semplice dato di fatto.

«Certo - annuì lui, più per farla contenta che altro - Perché sei qui fuori da sola?»

«Sono uscita a prendere un po' d'aria. Tu? Mi hai seguita?»

«Ti ho vista salire le scale.»

Un alito di vento li colpì in piena volto.
Alice sentì i brividi impossessarsi del suo corpo, dovette stringersi le braccia al petto per cercare di riscaldarle almeno un pochino.

«Dai, torna dentro che fa freddo.»

«Mi aiuti a scendere?»

«Certo», si avvicinò e le tese una mano che Alice afferrò saldamente; fece passare anche l'altra gamba da sopra al cornicione.
Lasciò la mano di Federico e si chinò per terra per infilarsi nuovamente i tacchi.

«Non ti ho detto la verità» asserì una volta in piedi.

Aggrottò la fronte, non capendo a che cosa si stesse riferendo.

Potremmo ritornareWhere stories live. Discover now