31. Una serata in discoteca

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Alice ancora non sapeva come fosse riuscita a sopravvivere a quella settimana - per cui aveva scelto due aggettivi che la descrivevano perfettamente: interminabile e infernale -, fatto stava che era finalmente arrivato venerdì e lei aveva lasciato Vinovo con un sorriso stampato in faccia - cosa rara da vederle addosso, negli ultimi giorni - ed era tornata a casa dove si era buttata di peso sul divano, senza nemmeno togliersi il giubbotto e la sciarpa, aveva abbandonato le scarpe e la borsa accanto all'entrata e ci si era fiondata sopra a peso morto e l'idea di alzarsi da lì era molto, molto lontana.

Sara aveva passato una buona mezz'oretta a cercare di convincerla ad andare insieme al Murphy's - come ogni venerdì -, ma lei si era categoricamente rifiutata, con la scusa banale che non si sentiva molto bene e aveva bisogno di riposare.
Per quanto le sarebbe piaciuto vedere facce diverse da quelle che vedeva cinque giorni alla settimana su sette, sapeva che non sarebbe stata di gran compagnia e non voleva contagiare i suoi amici con quel muso lungo che si ritrovava.
E poi aveva lavorato molto nelle ultime ore - qualsiasi cosa pur di tenere la mente occupata -, non c'era niente di meglio che stare un po' per i fatti suoi, senza fare niente.

Aveva ignorato completamente tutte le chiamate che le stavano arrivando e tutti i messaggi che stavano facendo impallare il telefono, principalmente perché aveva visto da chi proveniva la maggior parte di loro, ossia da Giulia, e lei era ancora troppo arrabbiata per risponderle.
Il resto, ovviamente, proveniva da Nicola che, senza dubbio, la cercava per chiederle se stava bene e come mai non si era unita a loro quella sera.

Si era addormentata così, ancora vestita e con il televisore - che non aveva minimamente calcolato nonostante accenderlo era stata la prima cosa che aveva fatto - a farle da sottofondo, mentre il suo ultimo pensiero era volato alla valigia che la stava aspettando aperta sul pavimento in camera, ancora in attesa di essere preparata.

Il sabato mattina aveva avuto almeno la decenza di alzarsi di lì e andare a cambiarsi.
Poi si era seduta al bancone in cucina, con una tazza di latte caldo e il computer aperto davanti a sé, per portarsi avanti con alcune faccende, così almeno quando sarebbe tornata da Firenze non avrebbe avuto tanto lavoro arretrato.

Quando incominciò a sentire gli occhi stanchi spense tutto e andò in camera sua a preparare la valigia.
Sara non era in casa, doveva essere andata a dormire da Manuel, e Alice aveva la casa tutta per sé, così aveva infilato uno dei dischi di Michael Jackson dentro allo stereo e aveva alzato il volume quasi al massimo.
Lo adorava e adorava letteralmente tutte le sue canzoni, riuscivano a farle tornare sempre il buonumore ed era tutto ciò che le serviva adesso.

Ricordava ancora perfettamente lo spettacolo a tema musicale che avevano organizzato in quarta superiore e lei aveva scelto di interpretare proprio lui - senza nemmeno pensarci - e si era esibita nel suo passo più celebre, il moonwalk, lasciando tutti elettrizzati.
Finì presto di sistemare i bagagli, poi si fece una doccia veloce e, con l'asciugamano attorno al corpo e l'altro in testa a mo' di turbante, tornò alla sua postazione davanti alla televisione, dove si immerse in una maratona di Stranger Things.

Sbuffò quando il telefono cominciò a vibrare per l'ennesima volta di fila e mise in pausa la TV per rispondere.

«Finalmente, Ali, è quasi una settimana che non rispondi...» incominciò Giulia, ma Alice la interruppe e «Perché gliel'hai detto?» le domandò subito.

«Cosa?» chiese lei a sua volta, non capendo a che cosa si stesse riferendo l'amica.

Alice alzò gli occhi al cielo, spazientita e pentita di aver risposto invece di continuare a seguire le avventure dei ragazzini protagonisti della serie che stava seguendo.

Potremmo ritornareWhere stories live. Discover now