25. Mi fai stare bene

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Fuori dalla finestra del Corner Caffè Alice guardava una mamma che stava attraversando le strisce pedonali tenendo il più piccolo dei due figli in braccio e l'altro, una bambina dai capelli ricci sui cinque anni, per mano.

Le piaceva osservare le persone, perdersi ad immaginare quale storia ci fosse dietro ad un volto sorridente, pensare a come doveva essersi conosciuta quella coppia di ragazzi che passeggiava mano nella mano oppure fantasticare su dove fosse diretta una persona vestita in una determinata maniera.

Quando lei e Nicola volevano fare colazione o merenda insieme si trovavano quasi sempre lì, era un posto tranquillo ed era a metà strada, comodo da raggiungere per entrambi.

Nonostante quel sabato mattina il tempo non fosse dei migliori - il vento continuava imperterrito a fischiare, facendo cadere per terra anche le ultime foglie rimasti sugli alberi, rendendo le vie dei manti di colore, con sfumature che oscillavano dal marrone chiaro all'arancione, dal giallo al rosso -, Corso Vittorio Emanuele II era comunque affollato, non trascorreva nemmeno mezzo minuto senza che qualcuno non passasse dalla finestra vicino al tavolino dove era seduta la ragazza.

La luce del semaforo si trasformò da arancione a rossa e lei stava per tornare ad occuparsi della programmazione che stava facendo sulla sua agenda, cercando di organizzare al meglio il lavoro che la aspettava e tutte le cose di cui si doveva occupare prima di partire - comprare il regalo per Sofia, ad esempio, o un vestito per la sua festa, visto che di tutto quello che aveva nell'armadio non c'era niente che la soddisfacesse -, quando la sua attenzione venne attirata dalla figura di un ragazzo che stava passando in quell'istante e che aveva la sensazione di conoscere.
Ad eccezione delle scarpe bianche, il resto del suo outfit era tutto di colore nero, incluso il capellino da baseball che teneva calato sul viso, come a nascondersi.

Paulo?

Raccolse velocemente l'agenda dal tavolo e fece un cenno di saluto con la mano al barista - intento a servire il cliente di turno che aspettava impaziente il suo caffè - prima di correre fuori.

Fortunatamente lui camminava a passo lento, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni skinny e la testa immersa in chissà quali pensieri.

«Ehi!» lo chiamò.

Il ragazzo si fermò, indeciso se voltarsi o continuare a camminare, visto che non era certo che quella voce stesse chiamando lui.

All'improvviso un lampo di terrore attraversò gli occhi di Alice: che figura avrebbe fatto se quel ragazzo non era Paulo ma uno semplice sconosciuto che lei aveva scambiato per l'attaccante argentino?

Il ragazzo si girò completamente verso di lei che sospirò di sollievo, perché, nonostante gli occhi di lui non si vedessero, ne aveva riconosciuto il taglio del mento e la linea sottile delle labbra.

«Me lo faresti un autografo?» lo prese in giro.

Paulo alzò un poco la berretta, aprì la bocca per dire qualcosa ma quando riconobbe la ragazza che era davanti a sé la richiuse, piegando gli angoli in un sorriso.

«Ali - la guardò a lungo, e oltre a pensare a quanto quella ragazza fosse dannatamente sexy anche con un semplice paio di jeans addosso, era sinceramente sorpreso di vederla al di fuori delle mura dello Juventus Center - Che ci fai qui?»

«Stavo facendo colazione al bar e ti ho visto passare. Tu che ci fai qui?» gli chiese lei a sua volta.

«Yo también. Stavo andando a casa.»

«Abiti qua vicino?»

«Bueno, veinte minutos a pie - Si guardò attorno, calandosi meglio il cappellino sul viso. Aveva paura che qualcuno lo riconoscesse, quella mattina la sua voglia di essere al centro dell'attenzione di fan o paparazzi era molto, molto bassa. Stava passando un gruppo di ragazzini e l'unica cosa che gli venne in mente di fare fu avvicinarsi, pericolosamente, a lei - Alice, no quiero que la gente me reconozca… Vieni da me?» le propose, riempiendo le narici della ragazza del suo profumo.

Potremmo ritornareWhere stories live. Discover now