22. Chi è quella?

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San Siro era uno stadio meraviglioso, il più bello d'Italia e uno dei più belli di tutta Europa.

Questa era quello che aveva pensato Federico il sabato sera della sfida contro il Milan.
Nel pre partita era entrato in campo assieme agli altri e si era guardato attorno con gli occhi che brillavano.
Non era la prima volta che entrava al Meazza, ma ogni volta era un po' come se fosse stata la prima.

Quando entrava in uno stadio così importante non riusciva a non pensare a tutti i campioni che avevano camminato, corso, esultato per un goal o pianto per una sconfitta proprio su quella stessa terra che in quel momento lui stava calpestando.
A coronare il tutto era stato lo stupendo tramonto che aveva catturato gli occhi di tutti i tifosi, e non solo, poco prima del fischio di inizio.

Il suo nuovo allenatore, ancora una volta, l'aveva convocato con l'unico scopo di lasciargli scaldare la panchina.

A volte non lo capiva: lo elogiava durante gli allenamenti, nelle interviste, dappertutto, ma poi lo convocava giusto per fargli toccare il campo gli ultimi dieci minuti, se andava bene.
Era snervante, persino per lui, soprattutto se pensava che mancavano giorni, se non ore, alle convocazioni per le due partite contro la Svezia per i playoff e rischiava di non essere tra i ventitré del ct azzurro, dato che non giocava praticamente mai.

Mancava ancora una giornata di campionato prima della sosta e la prossima partita della Juventus era contro la Fiorentina, a Firenze, a casa sua.

Sapeva perfettamente come avevano preso i suoi ex tifosi il suo trasferimento e non c'era certo motivo di incolparli, avevano tutte le ragioni del mondo per odiarlo e per chiamarlo traditore.
Aveva promesso che sarebbe rimasto con loro e che gli sarebbe piaciuto diventare una bandiera per la loro squadra e invece se n'era andato, e per di più era andato alla Juventus.

Cercò di lasciar perdere il turbinio di pensieri che aveva in testa e provò a concentrarsi interamente sull'allenamento che era in corso in quel momento.

Prese al volo la casacca verde che gli aveva lanciato Giorgio, se la infilò velocemente e incrociò le mani dietro la schiena, aspettando insieme agli altri le indicazioni che stava per dare Allegri, prima di prendere posizione in campo per la partita.

Quel giorno a Vinovo c'era anche quella che Federico aveva scoperto essere la figlia dell'allenatore, Valentina.
Non la conosceva e non l'aveva mai vista prima di quella mattina, aveva chiesto ad Andrea chi fosse e cosa ci facesse lì e lui gli aveva spiegato che era la figlia del mister e che ogni tanto, quando si trovava a Torino, veniva a seguire l'allenamento per stare insieme al padre.

Federico stava battendo il piede per terra, seguendo il ritmo di una musica inesistente, spostò lo sguardo da Allegri - che pareva non avesse intenzione di smettere di parlare - a sua figlia, accorgendosi che anche lei lo stava fissando.
Ricambiò il suo sorriso e tornò a prestare attenzione al mister, non vedendo l'ora di scendere in campo.

***

Quella mattina Alice si era concessa il lusso di arrivare allo Juventus Center con mezz'ora di ritardo.
Si era svegliata più tardi rispetto al solito, così aveva deciso che se la sarebbe presa comoda e, pur sapendo di essere in ritardo, aveva continuato a vestirsi e bere il caffè con tutta la calma a sua disposizione.
Vedendo Michela ferma in mezzo all'atrio con ancora il giubbotto addosso capì di non esser stata la sola.

«Buongiorno, Michi» la salutò, raggiungendola.

La donna stava trafficando con la borsa, mentre cercava di trovare il cellulare che improvvisamente, come sempre quando si ha bisogno di qualcosa, sembrava essere sparito.
Alzò la testa e sorrise ad Alice, «Buongiorno. Sei di ottimo umore stamattina, eh?»

Potremmo ritornareTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang