6. Soliti venerdì

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«Mamma» salutò Alice dopo aver accettato la chiamata e aver sistemato il telefono tra spalla e guancia, in modo da riuscire ad avere comunque le mani libere per continuare a lavorare al computer.

Era la terza volta di fila che sua madre la chiamava, pensava che alla seconda che non rispondeva avrebbe capito che aveva da fare, visto che era in pieno orario di lavoro, invece no, aveva continuato imperterrita.

«Anche io sono felice di sentirti, Alice» rispose sua madre ironica dall'altro capo del telefono.

«Mamma, sto lavorando - le spiegò - Posso chiamarti dopo?»

Non poteva e non voleva rischiare che il capo la chiamasse o entrasse nel suo ufficio e la vedesse al telefono.

«Dopo quando? L'ultima volta che hai detto mi avresti chiamata dopo sono passati giorni e sono stata di nuovo io a chiamare te.»

Alice alzò gli occhi al cielo.

«Pensavo ti fosse successo qualcosa.»

«No, sto benissimo, ma ora sono impegnata, ho un sacco di lavoro da sbrigare. Prometto che ti chiamo dopo, magari durante pausa pranzo.»

Seppure poco convinta sua madre la salutò e spense la chiamata.

Quel giorno Alice e Sara avevano deciso di pranzare insieme.

Sara aveva voglia di giapponese e già la sera prima le aveva chiesto di farle compagnia e mangiare insieme.

Il ristorante era vicino a Palazzo Villa e ci erano andate a piedi, il sole era alto in cielo e fuori si stava bene, camminare un po' approfittando del bel tempo non poteva che fare loro del bene, considerate le ore che passavano sedute su una sedia al chiuso.

Alice, per una volta, aveva indossato un paio di scarpe nere senza tacco e avrebbe potuto traquillamente tornare anche fino a casa a piedi.

Da quando Sara aveva scoperto la cucina giapponese se n'era perdutamente innamorata e doveva mangiare sushi almeno una volta alla settimana.
Approfittò della promozione "menu fisso" del ristorante: con quindici euro poteva mangiare tutto ciò che voleva.

Alice, invece, si era limitata a prendere un piattino di ebi tempura, ossia gamberi fritti.

Pranzarono tranquillamente, chiaccherando allegramente, passando da un argomento all'altro.

Quando Alice finì il suo piatto, uscì lasciando che Sara terminasse di pranzare da sola.

Doveva chiamare sua madre.

Era cosciente di star ignorando la sua famiglia, specialmente nell'ultimo periodo.

Sua madre rispose subito, sicuramente anche lei era in pausa pranzo.

Insegnava Italiano e Storia ai bambini dalla prima alla quinta elementare ed era anche brava, forse la migliore insegnante di tutta la scuola.

I bambini la adoravano e a lei piaceva passare il tempo con loro, seppure certe volte la facevano arrabbiare - sopratutto quelli più grandi - riuscivano a metterla di buon umore.

«Mamma, ciao» la salutò.

«Qua a Firenze sta per nevicare, Alice» ironizzò lei, stupendosi che la figlia avesse mantenuto la promessa e l'avesse richiamata.

La ragazza scosse la testa, «Qua a Torino c'è il sole - rispose e sentì sua madre sorridere dall'altro capo del telefono - Come stai?»

«Tutto bene.»

Potremmo ritornareWhere stories live. Discover now