34. L'autunno addosso

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2010

Andrea

Se un giorno dovessi raccontare a qualcuno di me, direi che sono nato due volte.

La prima, in un giorno qualunque di un umido ottobre del 1989, un giorno di quelli in cui le strade sono ricoperte da un tappeto di foglie secche e ingiallite, appena smosse da pigri aliti di vento e inumidite da una pioggerella inutile. Forse, se fossi nato in primavera sarebbe stato diverso, ma tant'è: sono nato in autunno e mi sono sempre sentito addosso, sulla pelle, e dentro, nell'anima, quelle stesse foglie brutte e accartocciate, avvizzite. Ho capito sin da subito di essere come loro: contorto e inaridito.

La seconda, in una notte qualunque di una torrida estate del 2010, una notte di quelle in cui la pelle è solcata da rivoli di sudore e rimpianti, solo che gli ultimi bruciano un po' di più.
Una di quelle notti in cui viene facile fare i conti con se stessi e con le proprie azioni una volta tornati a casa, in una stanza immersa nel buio angosciante delle tre e mezza.
Una di quelle notti in cui il silenzio grida più del rumore e ha la puzza di stantio dell'assenza.

La prima volta sono nato per stare al mondo.

La seconda per aprire gli occhi.

Sono troppo razionale, in realtà, per perdermi del tutto dietro a 'ste menate del tipo "ti rendi conto del valore di una persona solo quando la perdi": quelle frasi le lascio ai Baci Perugina, la vita vera è un'altra. Perché, nella vita vera, il valore delle persone in realtà lo sai, al più non lo vuoi vedere, non lo vuoi sentire e la scusa dell'inconsapevolezza è allettante e soprattutto gratis.

Io, con Bianca, ero perfettamente consapevole.
Consapevole di andare a cercare qualcosa di cui, se ci penso - ma a me, soffermarmi troppo a pensare, non è piaciuto mai - non avevo reale bisogno... il discorso è un altro, è difficile... Il discorso è che uno si abbandona a un evento che ne mette giù altri a cascata ed è molto più semplice lasciarsi andare e farsi trascinare dalla corrente, che combatterla. Che senso ha affrontare di petto la situazione se tanto andrà tutto bene, alla fine? Perché l'amore è altro, mica questo: l'amore è lei e la mia coscienza non è sporca finché non tradisco l'amore.
I sentimenti sono intoccabili.

Uno è talmente abituato a stare a fondo per un'intera esistenza, che poi quando ha modo di tornare a galla si lega una pietra al collo e guarda il cielo da lì, perché fa più paura scoprire il meraviglioso e sconosciuto mondo esterno che rimanere nel terribile e confortevole mondo sommerso.

Alla fine ci vuole coraggio, per cambiare la propria vita.

Uno è talmente abituato a navigare nella merda che negli anni ha lasciato gli si accumulasse addosso, che l'acqua dolce non sa manco cosa sia. E la sporca, quell'acqua, perché così sembra più familiare.

Alla fine ci vuole coraggio, per cambiare la vita degli altri.

Però ogni cosa alla fine va incontro alla sua naturale evoluzione. I nodi vengono tutti al pettine, come piccoli mucchi di detriti lungo gli argini di un fiume, che alla fine si accumulano e ne sbarrano il decorso. E della comodità non rimane che un pigro rigagnolo che infiltra uno spazio casuale creatosi tra questo e quello.
Ogni cosa alla fine ti chiede il conto.

E quello dell'indolenza è un sacco salato.

Salato come le lacrime che mi concedo di versare stasera per la mia cosa bella e ormai irrimediabilmente persa. Ché ho preteso troppo dalla vita a pensare che avrei potuto tenermela accanto senza farle del male. Ho preteso troppo a desiderare che aspettasse e sopportasse un carico da novanta che non ha tardato ad arrivare. Ho preteso troppo a pensare che l'acqua limpida diluisse la merda e non che avvenisse il contrario.

Quello che scopri, quando stai fermo in un punto di non ritorno, uno di quelli che tornare indietro non puoi e avanzare non ti va, ma manco per un cazzo, quello per cui oggi ho aperto gli occhi, non è il valore dell'altra persona, ma il mio.
E il mio valore è legato a doppio nodo con ciò che sono sempre stato.

Il passato non smette mai di tormentarti. Uno ci nasce, con le foglie bagnate di pioggia e la melma dentro, e non si può fare più nulla.
Non si cambia.
Mai.

Ce l'ho fatta, alla fine, a sporcarla.
A sporcarci.

Perché quella che stasera ho visto in quel locale non era lei.
Non eri tu, Beatrice.
Col tuo vestito corto, con le tue gambe nude, coi tuoi tacchi alti, col tuo rossetto rosso, non eri tu.
Eri sporca.
Ma io sono sempre io, ammazzerei per te e ammazzerei chiunque si è anche solo permesso di posare gli occhi su ogni tua singola parte, di desiderarti, di immaginarti allacciata a lui, perché anche se eri sporca eri sempre una cosa preziosa e se solo penso che qualcuno ti possa mettere le sue mani addosso farti eccitare arrivarti dentro uno che non sono io che poi è quello che io stesso ti ho fatto e-

L'impatto delle nocche sul muro è rumoroso e scrosta l'intonaco. Piccole crepe si diramano dai segni impressi con la mano destra e anche il muro, come tutte le cose rotte, rimane segnato e intaccato. Per sempre.

Non ho attenuanti e non ne voglio.

Potrei chiamarla, ma non lo merita.
E poi ho comunque paura di quello che potrebbe dirmi o non dirmi.

Metti caso ti risponde e senti la voce di un altro? Sarebbe capace?

No, lei non è così.

Sicuro? L'hai sporcata.

Non così a fondo. Solo in superficie. E lo sporco in superficie si gratta via con l'unghia.

Facile come grattare via i momenti con te.

Non lo farebbe.

E perché? L'hai detto tu, che lo sporco sta in superficie: una lo gratta via con i ricordi e non soffre più.

Non so che rispondere, però non voglio e so che è egoista da parte mia, ma io non so fare altro.

Sono solo uno stupido e un incapace e io l'ho sempre detto che per ogni persona incapace di coltivare il bello, c'è una ragazza in più in giro per un altro.
Le persone non sono proprietà, non si può appiccicare loro una targhetta in fronte e da quel momento considerarle esclusive a prescindere.
Vanno curate, accudite, amate.

E tu la ami?

Sì.

Non abbastanza.

La amo più di quanto sia disposto ad ammettere. È solo che amo male. Non so fare altro.

Mi sa che è meglio che si sia liberata di me: ero una zavorra troppo pesante e sporca.

Sì, è decisamente meglio, lo faccio per lei, la amo così tanto.

Hai visto, quanto la amo?

Lo fai per te stesso, perché farsi trascinare dalla corrente è sempre più comodo di combatterla. Lo stai facendo ancora, di nuovo.

Sono le 05.59 e io non ho sonno. Se chiudo gli occhi penso a Bea e penso che la lascio andare e non la chiamo, perché la lascio libera di trovare un altro che la merita più di me.

Hai visto, quanto la amo?

Ma se trova un altro faccio il pazzo.

Tu sei (Le ceneri)Nơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ