35. Fuga da Alcatraz

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Agosto 2010

Tutti dicevano che l'avessi presa con filosofia.
Tutti tranne Noemi, fiera sostenitrice del fatto che, più che altro, l'avessi presa in culo.
Dal canto mio, ero consapevole che, in fondo, fossero solo sfumature diverse dello stesso concetto.

Quando quella sera ero tornata a casa, dopo essere scappata da quel maledetto locale, ero ancora in stato catatonico. Fissavo, stesa supina sul letto, il soffitto bianco a occhi spalancati, senza riuscire a dormire, sentendomi inutile, come fossi un involucro difettoso il cui contenuto era stato disperso per la via.
Praticamente un vuoto a rendere.

Prego restituire ad Andrea Salvetti,
Via delle Merde numero 666
00184 Muorimale (RM)

Nel corso dei giorni successivi, complice il silenzio stampa di Andrea - tanto razionalmente gradito quanto irrazionalmente odiato dal mio sistema nervoso - , ho iniziato a riappropriarmi dei miei sentimenti.

Il primo sentimento che si è affacciato alla mia coscienza è stato lo sconcerto: quello dovuto al gesto in sé e quello dovuto all'assenza di chiamate, messaggi, lettere, telegrammi, segnali di fumo, piccioni viaggiatori, qualunque cosa; il suo silenzio puzzava di consapevole colpa più del tradimento in sé.
Se fosse venuto sotto casa mia a supplicarmi in ginocchio, l'avrei lasciato lì a marcire con le rotule sull'asfalto buttandogli, che so, secchiate di acqua gelida a intervalli regolari e poi chissà... magari avrebbe saputo dirmi qualcosa di giusto, guardandomi con quegli occhi neri come la notte senza fine a cui mi aveva condannata dopo il suo gesto.
Magari.
O magari no.
Però almeno sarebbe stato qualcosa.

Invece, mi aveva lasciato da sola con l'unica compagnia dei miei pensieri, che avevano il piccolo, ma snervante, difetto di essere un pelo troppo incorporei per poterli prendere a pugni: non erano buoni per sfogarci su la rabbia, quella che mi ha prepotentemente pervaso immediatamente dopo lo sconcerto e quella a cui è seguito, quasi subito, il dolore.

Il dolore ti ingoia.
Ti prende in bocca, ti mastica, piano e a lungo, sbriciolandoti le ossa - e tu le senti quasi scricchiolare, sminuzzate, sotto le sue zanne - poi ti appallottola con la lingua e semplicemente ti manda giù. La fregatura sta nel fatto che sai quando ti deglutisce, ma non quando ti digerisce e allora stai lì, tutta frammentata, dolorante, agonizzante e soffri e aspetti e ti chiedi "Quando finirà? Adesso basta, dai, non ne hai avuto abbastanza?"

E quello sogghigna, coi denti ancora sporchi.
No, che non ne ha avuto abbastanza.

Allora pur di farlo smettere, questo dolore del cazzo, inizi a pensare "Torna Andrea, fa niente tutto quello che hai fatto, io ti perdono tutto, basta che torni, basta che non mi fai sentire più niente di tutto questo, che qui tu mi hai cambiato la vita, ma nessuno ti ha chiesto di farlo. Ora torna indietro, per favore, facciamo che mi rimetti a posto i pezzi e io mi dimentico tutto, ma tu intanto torna."

E invece non torna.

Torna solo la rabbia. Talmente grossa che ora gli faccio vedere io, lo chiamo io, che tanto le palle le ho, e glielo urlo nell'orecchio finché non ho più fiato nei polmoni: "Perché non torni? In ginocchio, strisciando e soffrendo come meriti. Tu sei tutto sbagliato, cazzo, vaffanculo Andrea, falla una cosa giusta, per una volta." E poi gli chiudo il telefono in faccia e aspetto che venga qui e lo lascio fuori casa sull'asfalto cocente delle tre di pomeriggio a farsi le ginocchia a stelle e strisce manco fosse la bandiera americana.

Nonostante Andrea, da me, si sia preso tutto, ha avuto la decenza di lasciarmi due o tre cose: sconcerto, rabbia, dolore e qualche briciola di amor proprio. Quanto basta per far sì che, alla fine, non lo chiami.

Per un sacco di tempo sono rimasta divisa a metà tra la morbosa voglia di scoprire quante più informazioni possibili sulla tipa di Andrea e i conati di vomito che mi salivano fino in gola al solo pensiero della sua esistenza, ma alla fine aveva vinto la prima alternativa. Ovviamente.
Noemi si era autosguinzagliata, risparmiandomi dalla più becera delle attività a cui una ex ferita si può dedicare: lo stalkeraggio seriale. Se l'era addossato sulle spalle da buona amica e mi aveva presentato i risultati solo a ricerche ultimate.

Tu sei (Le ceneri)Where stories live. Discover now