14. Cristoforo Colombo

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2010

Andrea

Non mantengo le promesse, mai.

O quasi.

Il desiderio s'è fatto necessità assoluta; l'avevo detto che ti baciavo e adesso ti ho rubato le labbra, come quel gioco che si faceva da bambini e il naso trafugato era un pollice tra indice e medio.
Ma prima le ho accarezzate, ho fatto una ricognizione del posto, scandagliando il percorso tra le screpolature, una volta per dito. Che magari ogni dito era una sensazione diversa, non si sa mai.

L'avevo detto che ti baciavo e adesso ti ho rubato la lingua, voglio che parli solo nella mia bocca, mie anche le tue parole.
Ma prima l'ho accarezzata, che magari sapeva di miele e io, piccola ape operaia, non voglio perdermi il miele.

Ed è davvero nettare questo bacio, è davvero ambrosia questo tuo profumo in cui annego, è davvero velluto quello della pelle del tuo viso su cui mi perdo ancora, ancora e ancora, è davvero ossigeno quello che da te respiro.

L'avevo detto che ti baciavo e adesso ti rubo il cuore, Beatrice.

Beatrice

L'avevi detto che mi baciavi e adesso eccomi qui a vivere il momento che mi ha tenuto sveglia per intere notti a sognare a occhi aperti curve, morbidezze, incastri. Che a immaginarle, le cose, non si arriva mai alla bellezza dell'averle tra le mani, solide e concrete.

Mi sento a casa mentre mi avvicini sempre di più alle tue labbra, come se ti mancasse l'aria e volessi respirare da me. Possiedo poco o niente: qualche organo disseminato qua e là in questo giovane corpo, un cuore che batte instancabilmente, più forte quando sei tu a sfiorarlo, pochi, ma sanguigni, sentimenti. Prendi tutto quello che vuoi.

Mi sento a casa mentre mi cerchi dentro, mi indaghi, e io sono tutta da conoscere, Andrea, sono continente inesplorato. Altri hanno provato ad attraccare le loro navi alle mie sponde, ma poco o niente è durato il loro soggiorno, scacciati dalle bestie, sospinti dalla marea. Tu solo il conquistatore.

Mi sento a casa mentre mi tieni stretta con le mani e non scappo, non corro via, non da te, io sto. Resto.

Rimaniamo così a scambiarci per un altro po' i respiri in quest'attimo che vorrei non finisse mai, troppo spaventata dal dopo.
Perché il dopo rovina tutto. Dopo vengono le domande, i dubbi, le definizioni, le etichette. Dovrebbero vendere nel reparto surgelati del supermercato i momenti congelati, così da poterli ancora avere così, fermi. Non amo le brutte sorprese e non amo neanche i dopo.

Prendo il coraggio a due mani e sussurro, così da dirlo, ma a voce non troppo alta.

«E adesso?»

Sorride sulle mie labbra, un lieve spostamento d'aria intriso di aspettative.

«E adesso lo andiamo a dire a tutti quello che siamo insieme, che gli altri non potranno capire mai, ma noi ci proviamo. Lo andiamo a urlare dai tetti del mondo, se lo vorrai, lì dove i tuoi occhi luminosi si confondono tra le lucine della notte. Lo andiamo a suonare nei locali, finché mura e corde e tasti non ne avranno abbastanza e allora lo faremo ancora e ancora. Lo andiamo a gettare in mare, che lo porti lontano fino a città che non abbiamo mai nemmeno immaginato; lo scagliamo in aria, che raggiunga le altezze e lo seppelliamo, che lo sappiano pure le radici delle querce. Senza definizioni, semplicemente noi, un giorno dopo l'altro. Giochi o non giochi?»

Ogni parola che pronuncio è un bacio leggero come una piuma, incapace di saziarmi, incapace di fermarmi.

«Gioco, Andrea. Corro, Andrea.»

«E io tengo il passo.»

Tu sei (Le ceneri)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora