6. Pessima idea

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2010

È passata quasi una settimana dalla sera che ho sentito suonare Andrea al PLF e io non sono riuscita a togliermelo un solo istante dalla testa. Continua a tormentare i miei pensieri di giorno e i miei sogni di notte: praticamente un accollo.
Un meraviglioso, sexy accollo.

Aggiorno la pagina del suo profilo Facebook e sbuffo visto che no, non c'è niente di nuovo. Incrocio le braccia, contrariata: perché le novità non mi piombano addosso come le tegole sulla testa dei personaggi dei cartoni? Perché?

Sono giorni che, per evitare che i miei pensieri vadano dove non devono, salvo sporadiche spizzate su Facebook ho deciso di fare la vita dell'ameba: mi muovo, mi nutro, dormo.

Un momento.

Chiudo gli occhi e mi metto a riflettere, attanagliata da un dubbio atroce: le amebe dormono?
Quel che è certo è che non studiano, cosa che io faccio instancabilmente: anche i compiti fanno parte del mio piano Dimentica-Andrea. Organizzo giornate semplici e abitudinarie, ma fitte d'impegni, così da non concedermi il lusso di vagare con la mente in posti pericolosi o quanto meno più pericolosi del vocabolario di greco.
Quello sì che mi terrorizza davvero.

«Beatrice Francesca Perrella. Perché ti nascondi?»
Noemi entra come una furia spalancando la porta della camera.
Alzo gli occhi, con fare teatrale. «Ciao anche a te, Noemi. Prego, accomodati, fai come fossi a casa tua» affermo, indicandole lo spazio circostante con un ampio gesto della mano.
«Non ti azzardare a cambiare discorso, non con me. La tua migliore amica ti conosce. Cosa nascondi? O meglio: da cosa ti nascondi?»
«Nulla Noè, studio.»
«Balle.» Apre il cassetto del comodino, fruga per un po' e poi afferra la torcia tascabile, puntandomela in faccia. «Confessa.»
La guardo accigliata. Il vocabolario di greco non è l'unica cosa che mi terrorizza, decisamente.

«Tu.» Mi punta il dito contro e si avvicina lentamente verso di me, come un felino che bracca la sua preda.
«Potrai anche non parlarmi.» Fa una breve pausa. «Per ora.»
Arretro istintivamente.
«Ma non potrai sfuggirmi per sempre.»
Si ferma solo quando il suo indice tocca la punta del mio naso. Le parole che escono successivamente dalla sua bocca sono peggio di un colpo di ghigliottina.

Robespierre, I feel you.

«Stasera usciamo.»

*

Penso ancora che sia una cattiva - pessima - idea mentre ci stiamo muovendo verso Piazza della Madonna dei Monti. Il destino non ha smesso di parlarmi per un secondo: si è rotta la punta della matita nera, mi è caduto il cellulare a terra e ho macchiato la mia sciarpa preferita. Ma Noemi non ha voluto sentire ragioni, zittendo ogni mio lamento con un gesto annoiato della mano e addossando le colpe alla scarsa qualità della matita, alla mia imbranataggine e alla mia incapacità di mangiare in maniera decente.
Ogni tanto mentre camminiamo mi lancia di sottecchi qualche occhiata, cercando di capire cosa mi frulla nella testa.

Sapessi, Noe'.

Salutiamo gli altri e ci sediamo sugli scalini, mentre sorseggio una Nastro appena stappata. Durante un lungo sorso vedo Andrea appoggiato al muro poco distante, mentre parla con una ragazza riccia, decisamente troppo vicino alle sue labbra. Tossicchio, mi affogo e sputacchio, non esattamente in quest'ordine, attirando l'attenzione di tutti, e Noemi, mentre mi dà delle pacche comprensive sulla schiena, segue la linea del mio sguardo imbarazzato fino a lui.
Si volta lentamente verso di me e stringe gli occhi, intanto che un lampo di consapevolezza glieli accende con una scintilla più luminosa delle decorazioni a Piazza di Spagna a Natale.

Tu sei (Le ceneri)Where stories live. Discover now