9.📍 Il Cantine

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2010

Roma scorre sotto i miei occhi, urbana, trafficata, viva.
Andrea guida sicuro, regalandomi, tra le strade della Tiburtina e della Nomentana, uno scorcio del cuore pulsante dell'altra faccia della città eterna, quella fatta di raccordi, smog e palazzoni alti, ricoperti di murales e scritte e sfatti, che si vede da un miglio che l'intonaco è scrostato a causa del tempo e andrebbe ristrutturato tutto. Si infila in ogni spazio tra le macchine, scatta insieme al verde a ogni semaforo e fa spaventare una vecchietta che lo minaccia agitando la borsa da lontano.

Allargo le braccia e butto indietro la testa, godendo del vento che mi sferza il volto e mi scompiglia i capelli e le emozioni.

Sono Beatrice e sono libera.

Libera da tutti i pregiudizi, dai limiti autoimposti, dalle convenzioni, da quello che dovrei, da quello che è giusto e da quello che è sbagliato.
Da quello che, mio malgrado, non sono.
Verso quello che, mio malgrado, desidero con tutta me stessa.
E il percorso che sta nel mezzo è talmente coinvolgente - totalizzante, oserei dire - che non riuscirei a preoccuparmi del resto neanche se lo volessi.

*

«Mi accompagni dentro a prendere una birra?»

Siamo all'esterno de Il Cantine da circa quindici minuti, due dei quali trascorsi a conoscere alcuni suoi amici e i restanti tredici per i fatti miei, a fare finta di essere impegnatissima a messaggiare. Più passa il tempo, più mi convinco che Andrea non sia del tutto pratico nemmeno delle convenzioni sociali di base, considerando che si è chiuso in una conversazione inerente il calcio, il tempo e il rincaro dei prezzi delle sigarette.
Stavo giusto iniziando a pensare di recuperare una di quelle mani giganti da stadio che si vedono in tv e sventolarla per farmi notare, quando si è ricordato senza l'aiuto del pubblico della mia presenza.

Reprimo una facile battuta acida e annuisco; sgomitando, riusciamo ad entrare nel locale gremito di gente e riesco a malapena a sentire le sue parole.

«Qui ci sono delle ottime birre artigianali. Cosa ti piacerebbe?»

«Una bionda piccola?»

«Andata.» Sorride. «Aspettami qui, te la porto subito.»

Si allontana verso il bancone e dopo poco già ne sento la mancanza al mio fianco.

No, aspetta un minuto.
Cosa hai appena pensato? Ma, dico, che problemi hai?

È che in realtà questa presenza a volte scostante, palesemente incapace di intrattenere normali rapporti tra pari, mi ha stregato; il bello è che non so nemmeno io perché.
Mi sento inevitabilmente attratta come una falena dalla sua luce, come Icaro dal suo sole e in questo preciso istante non so se mi sento più falena o più Icaro, ma non riesco a scrollarmi di dosso l'altrettanto inevitabile sensazione che il calore mi ustionerà.
La voce di Miranda Bailey si fa largo, nitidamente, tra i miei pensieri: "Femmima, 18 anni, ustioni di 3 grado sul cuore. Fibrillazione ventricolare. Reidratazione e 1 mg/kg di lidocaina in bolo, presto!"

In più, un pensiero continua ad agitarmi. È un appuntamento? Non lo è? Se lo è, quale ragazzo ti porta in un locale, ti ignora mentre siete in gruppo e sparendo per ben dieci minuti nella folla ti molla da sola a interrogarti sulla corretta gestione delle urgenze in Grey's Anatomy?

«Sei Beatrice?»

Guardo il ragazzo con la maglia nera di fronte a me con sospetto. «Dipende.»

«Secondo me sei Beatrice» dice sorridendo. Si punta un dito addosso. «Io sono uno dei ragazzi che lavorano in questo posto» indica la birra che ha in mano «E questa è la tua bionda piccola!»

Di bene in meglio. Rettifico i pensieri di prima, il mio presunto appuntamento non solo mi ha mollata da sola - e sì, la sento anche io, l'assonanza e rende ancora meglio, cazzo - è anche sparito facendomi portare la birra da qualcun altro. Eccellente.

Tu sei (Le ceneri)Where stories live. Discover now