20. E tutti quanti hanno un amore... 1/2

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2010

«Regola numero uno: sono io a fare le regole. Per stasera non voglio sentire obiezioni: considerami alla stregua del burattinaio che manovra i fili delle tue azioni. Intesi?»
«Intesi, capo.»
«Brava, scricciolo.» Mi fa l'occhiolino. «Regola numero due: non ci sono altre regole.»
«Ma se hai appena detto che sei tu a farle!»
«E quindi posso anche decidere di non farle, mi sembra ovvio, se non cristallino. A te no?»

Sbuffo, contrariata ma incapace di obiettare. «Mi sa che devo avere paura.»
«Mi sa di sì. E ora prendi in mano questo maledetto spinello, ché non si fuma certo da solo.»
«No, Andre, io no-»
«Ah-ah!» Agita l'indice di fronte al mio viso con un movimento che ricorda le ghetto girl dei film americani. «Mi pare di aver detto di non voler sentire obiezioni.»

Afferro tra le dita il sottile involucro di carta velina con dentro la polvere scura e profumata che a detta di molti riesce a regalarti momentanea felicità. Lo scruto, sospettosa. D'altronde in America lo usano persino a scopo terapeutico, no?

Mr. Pazienza me lo toglie dalle mani interrompendo la mia accurata ispezione e meritandosi un'occhiataccia personalizzata, - affrettatevi, solo per questo mese in promozione un dito medio! - e lo accende con uno scatto deciso della rotellina del Bic. Aspira, trattiene, inclina la testa all'indietro e chiude gli occhi, mentre espira denso fumo bianco che sensuale si arrampica verso il nero cielo senza stelle, solo una luna pallida a farci da spettatrice. Mi incanto a guardare quelle spire che, come serpenti incorporei, si cercano e si allontanano in un loop di straordinaria lentezza.

A guardarlo così, Andrea, mi viene in mente una sfilza di pensieri molto poco ortodossi e sembra sia stato plasmato, scolpito, creato apposta per questo: tutti e sette i peccati capitali, in fila uno dietro l'altro come i nani.
E io sono Biancaneve.

«Tocca a te.» Mi guarda languido con lo spinello in mano. «Aspiri, trattieni, lasci che ti vada giù per la trachea e poi espiri. Coraggio.»
Faccio come mi dice e in un punto preciso a metà strada tra il secondo e il terzo passaggio il fumo mi brucia la gola e tossisco anche il cuore, mentre gli occhi mi lacrimano senza sosta.

Il demonio mi prende l'arma del delitto tra le mani e ridacchiando fa un altro tiro. Ma come fa a farlo sembrare così semplice? Mi passa una bottiglietta d'acqua e bevo ingorda, cercando di placare l'incendio che mi divampa dentro.

«Ancora» esordisce perentorio con gli occhi che brillano, dopo che gli accessi di tosse si sono calmati. E so che è sbagliato, sbagliato per più motivi e persino illegale, ma per una volta, una sola, voglio uscire dagli schemi, esplorare il mondo. Voglio vedere cosa c'è al di fuori dei guard rail che fiancheggiano da entrambi i lati il mio incedere da una vita. Voglio vivere davvero, voglio osare e voglio farlo per me stessa e per Andrea, per provare a conoscerlo meglio, ché finché non esplorerò e capirò ogni suo buco nero non saprò mai chi è davvero - io che al contrario voglio essere vestale della sua anima, guardiana del suo fuoco, unica responsabile del suo ardere perpetuo.

Questa volta va meglio e riesco a sentire il caratteristico odore dolciastro dell'erba che mi si fa strada dentro.
«E adesso voglio che tu faccia una cosa per me.» Mi afferra delicatamente le guance tra pollice e indice, avvicinandomi a un palmo dal suo naso. «Quando io soffierò fuori il fumo voglio che tu lo prenda e poi lo butti fuori. Intesi?»
Sono imbambolata, bloccata. Sua. Completamente. Ogni capacità di raziocinio è andata a farsi benedire in isole Hawaiiane troppo distanti da qui.

«Intesi.»

Mi tiene ancora tra le dita e non stacca gli occhi nemmeno per un secondo dai miei, mentre aspira e schiudendo le labbra butta il fumo nella mia bocca, adeso a me, vivo, mio.

Prendo il bianco da lui e gli prenderei anche il cuore, l'anima se possibile. Butto fuori.
Semplice.
Come amare, vivere, camminare, respirare.
Come me e lui insieme.
Inevitabilmente.
Io miccia, lui fiamma.

Più semplice di così.

«Come va?»
I contorni iniziano a sfumare, mentre mi stringo a lui, che sa di Andrea, di casa. Affondo la faccia nel petto, che se potessi mi tufferei a piè pari tra la quarta e la quinta costa, dritta dentro di lui.
«Bene, sono con te. E poi sai di buono.»
Ridacchia e mi scompiglia i capelli. «Di buono come?»
«Di maglioncino appena comprato in quei negozi delle grandi catene pieni di deodoranti per ambiente al profumo di biscotti al forno. Sai di Natale e omini di pan di zenzero. Di una giornata invernale con il Ciobar in mano e i piedi a scaldarsi di fronte al caminetto con i calzini imbarazzanti che fuori dalle mura di casa non ammetteresti nemmeno sotto tortura di possedere. Sai di legna da ardere e di baita in montagna.»
«Non mi dire. Ora magari vedi anche gli scoiattoli?»
«Stupido.» Provo a muovere la mano, ma mi sento molle molle. «Vorrei schiaffeggiarti, sai? Ma non credo di riuscirci.»
«Ammetto che il mio piano era questo sin dall'inizio: renderti inoffensiva. Non che di solito tu sia la reincarnazione di Jackie Chan.»
«Tu sei un grandisimo idiota, Andrea Salvetti. E io ti adoro.»

Un sorriso a settantotto denti gli si allarga in faccia. Sembra lo Stregatto... o sono io a vedere in technicolor?

«Se avessi saputo che ti avrebbe sciolto la lingua a questo modo ti avrei fatto fumare prima.» Mi dà un bacio sul naso. «Ti adoro anch'io, sai? Da quando ti ho il buio è meno nero.»

Non riesco a fare a meno di pensare a quanto sia perfetto tutto questo, con la notte, la luna, Andrea e il suo maglioncino che sa di baita.
A quanto mi senta perfettamente incastrata in questo puzzle di vita.
A quanto questo sia tutto quello che ho sempre sognato, senza forse nemmeno saperlo.
Ché a volte delle cose belle ce ne accorgiamo solo quando le abbiamo tra le dita e una volta scoperte non possiamo farne più a meno.

«Sei pronta?»
«Pronta per cosa?»
«Per il prossimo step. Pensavi fosse finita qui?»
Sgrano gli occhi. «Cioè tu saresti in grado di guidare?»
«Cosa vuoi che sia mezzo spinello?» Si stringe nelle spalle. «Monta su, l'aria fresca ti risveglierà.»

Sono contrariata, non credo proprio che sia in grado di guidare, in realtà, né che dovrebbe farlo. Ma oggi lui fa le regole, io sono a piedi e soprattutto non avrei la forza di oppormi neanche se lo volessi.
Sale sullo scooter e io dietro di lui, non senza qualche tentativo a vuoto. Lo stringo forte, la mia cosa bella, e poso il lato destro del viso sul suo giubbotto.
Mette in moto.

«Reggiti forte, principessa. Ti porto a una festa.»

Tu sei (Le ceneri)Where stories live. Discover now