«Però è simpatico - decise di difenderlo - Insomma, da quel poco che ho visto. E anche Higuain lo è» aggiunse.

«Non avrei mai pensato che un giorno tu, Alice Lombardi, saresti arrivata al punto di difendere quei due» dichiarò Giulia.

Il numero nove e dieci bianconero erano sempre stati i loro bersagli preferiti - specie quando giocavano contro la loro squadra -, riempiti sempre di insulti ed epiteti che facevano ridere tutti quelli che le ascoltavano.

«Non li sto difendendo, ho semplicemente detto che come persone non sembrano male. In campo credo che niente mi potrà evitare di odiarli» ammise facendo ridere Giulia.

Alla rotonda prese la seconda uscita e sbuffò vedendo quella che le sembrava una fila immensa davanti a sé.

Si ripromise di non uscire mai più alle cinque esatte dal lavoro.

«C'è un traffico assurdo» sbottò.

«Sei te che sei voluta andare a Torino.»

«Come se Firenze fosse meno trafficata.»

«Potevi trasferirti… che so, a Moncalvo.»

«Moncalvo

«Sì, ho scoperto che è la città più piccola d'Italia.»

«No, io voglio fare come Napoleone: voglio finire in esilio a Sant'Elena.»

Non sarebbe stato male, pensò, finire su un'isola lontano da tutto e da tutti.

Sparire.

«Quanto sei scema?» domandò Giulia, scoppiando a ridere seguita a ruota da Alice.

«Comunque - proferì, un pochino titubante, quando finalmente riuscì a smettere di ridere - Domani sera ho un appuntamento.»

«E cosa aspettavi a dirmelo?» chiese Alice ferma al semaforo numero sette.

«Ecco… - si fermò per cercare di mettere insieme i pensieri. La verità era che avrebbe voluto parlargliene dal primo momento che il ragazzo in questione glielo aveva chiesto. Come sempre voleva che Alice fosse la prima persona a saperlo ma, allo stesso tempo, non voleva che dicendoglielo lei tornasse a pensare a Federico e alla loro relazione, non più di quanto immaginava stesse già facendo - Tu sei sempre super impegnata con il tuo lavoro e non volevo darti altro a cui pensare.»

Era solo una scusa e Alice lo sapeva bene.

«Andiamo, dimmi tutto.»

«Si chiama Andrea, frequentiamo insieme Antropologia culturale.»

Lo descrisse velocemente: era alto, capelli castani e occhi verdi.

Era intelligente - Uno dei pochi ragazzi intelligenti che mi è capitato di conoscere, precisò -, spigliato e divertente.

Le piaceva parlarci, avevano la stessa opinione quasi su tutto e andavano d'accordo, c'era una bella sintonia.

«Sono contenta, Giu, davvero. Chiaramente mi dovrai raccontare tutto nei minimi dettagli.»

Potremmo ritornareWhere stories live. Discover now