CAPITOLO SEDICI

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Quando tornai al molo sulla baia, Jaz, Max e James erano ancora lì. Max stava caricando sull'Artemis uno zaino che gli passò la figlia di Ecate. I lunghi capelli di lei erano raccolti in una crocchia in cima alla testa, tenuti fermi da un piccolo pugnale che luccicava sotto i raggi del sole. {Quanto ci piace Izzy?} James era seduto sul bordo del molo, ondeggiando le gambe sopra la superficie dell'acqua, lo sguardo fisso all'orizzonte, dove il sole si stava abbassando sino a quasi toccare il blu dell'oceano; si rigirava distrattamente tra le dita una freccia dorata presa dalla fraretra che teneva sulle ginocchia, l'arco abbinato abbandonato sul pontile di legno, accanto a lui.
Stavano parlando animatamente fra loro, ma smisero immediatamente appena mi videro.
James scattò in piedi e mi venne incontro.
— La Knight? — chiese.
— Ha detto che andava a prepararsi.
Oltre la spalla di James, vidi Jaz serrare le labbra in segno di disapprovazione disapprovazione, ma non disse niente.
— Te l'ha spiegato? —  disse James, impaziente.
— Spiegato cosa, scusa? — volle sapere Max, che se ne stava accigliato appoggiato al parapetto della nave. Lui e Jazmine, al contrario di James, non sapevano niente dell'accordo fra me e la Cacciatrice.
Raccontai loro di come, il giorno prima, uscita dalla Casa Grande, Alyx mi avesse preso in disparte, annunciandomi che il mio straordinario potere da mutaforma non dipendeva unicamente dal fatto di essere figlia di Artemide. Naturalmente, non aveva voluto aggiungere dettagli, promettendomi però spiegazioni nel caso che io l'avessi accettata come partecipante alla mia impresa. Quando le avevo chiesto il perché, aveva risposto: “Devo un enorme favore alla mia signora”, e poi, giustamente, se n'era andata.
— Cinque i mezzosangue che partiranno... quindi significa che era una semidea, prima di diventare Cacciatrice — osservò Jazmine.
Mi strinsi nelle spalle. — A quanto pare.
— E quindi? — insistette James — Che ti ha detto?
Spiegai brevemente la storia del Diadema d'Argento e di come ne avessi ereditato i poteri compiuti i sedici anni; mostrai loro il piccolo ciondolo d'argento che, a quanto pareva, in qualche modo racchiudeva i poteri del Diadema.
Jaz si era avvicinata per osservarlo da vicino. Quando lo prese tra due dita, avvertii la stessa sensazione di calore che avevo provato quando l'aveva toccato Alyx.
Annuì, gli occhi socchiusi in un'espressione concentrata.
— Ha senso. — commentò lasciandolo andare. — È evidentemente un artefatto magico, di sicuro con un grande potere. E mia madre è la dea della magia, per cui ti puoi fidare. Tramutare un oggetto in un altro senza alterarne i poteri è una magia piuttosto semplice, per una divinità.
— Aspetta, aspetta — intervenne Max, massaggiandosi con fare meditabondo la radice del naso e gesticolando con l'altra mano — Stai dicendo che praticamente ora sei tipo Frank Zhang? Perché sarebbe... — Fece una pausa, forse per dare più effetto alla frase. —...fighissimo.
— Uhm... ecco, non proprio. — risposi, esitante. Avevo presente chi fosse Frank Zhang: semidio romano, pretore del Campo Giove, figlio di Marte e discendente da Poseidone, dal quale la sua famiglia aveva ricevuto in dono la capacità di mutare in qualsiasi animale a proprio piacimento. Una figura quasi leggendaria, insomma, così come gli altri semidei della profezia dei sette. Era strano sentir narrare le loro straordinarie gesta e poi ritrovarseli al tavolo accanto in mensa. — Insomma... Frank può farlo per quanto vuole, quando vuole e in qualunque animale voglia. Per me non è esattamente lo stesso. Alyx ha detto che richiede molta energia, infatti l'avete visto tutti, no? Quando sono svenuta.
— Resta comunque fighissimo.
Con la coda dell'occhio vidi Jaz scuotere la testa, esasperata.
Io mi limitai a fissarlo per qualche secondo, basita.
Una parte del mio cervello si stava chiedendo perché esistesse gente così stupida. Un'altra parte stava borbottando qualcosa come: tsk, maschi.
Un'altra ancora sperava stesse scherzando.
Le zittii entrambe, e proseguii : — Ehm... okay. Suppongo di sì. Inoltre, posso trasformarmi solo in animali selvatici, per poco tempo e quindi solo in occasioni speciali.
— Fighissimo. — commentò Max.
— L'hai finita, scemo? — sbottò Jaz, salendo impettita la passerella per poi fermarsi davanti al figlio di Ares e mollargli un calcio nello stinco. O almeno così dedussi, dalla smorfia di dolore di Max e dal tonfo soffocato, perché il parapetto nascondeva la scena.
Il robusto figlio di Ares indietreggiò con un'espressione terrorizzata di fronte allo sguardo fiammeggiante della sua ragazza. E per fiammeggiante, intendo proprio fiammeggiante; gli occhi dal elegante taglio asiatico della figlia di Ecate sprizzavano scintille rosso sangue, di certo per effetto di una qualche magia.
— Sei. Uno. Stupido. — scandì Jazmine, accompagnando con uno schiaffo ogni parola.
Max le bloccò i polsi, un ghigno impertinente stampato sul volto. — È per questo che mi ami. — la provocò.
Lei scosse la testa, sbuffando, ma io non potei trattenere un sorriso notando gli angoli delle sue labbra che si piegavano all'insù, un secondo prima che Max vi posasse sopra le sue.
— Bleah. Da far venire il diabete. — commentò James, una smorfia a metà tra il divertito e il disgustato. — Mi sento sempre di più Harry. Con Ron e Hermione sempre a pomiciare. — aggiunse scuotendo la testa.
Non ero certa di cosa stesse dicendo, ma immaginario fossero i personaggi di un libro.
Lo guardai, avvolto in un caldo abbraccio dai raggi d'oro del sole che facevano brillare i suoi capelli come quelli di un angelo, le ciocche blu come il cielo sereno nei suoi occhi, un sorriso che gli disegnava le labbra in una linea leggermente obliqua.
Spostai lo sguardo verso l'orizzonte. Il sole era lì lì per tramontare; ormai era ora di partire.
— Già — ribattei, assorta — Da far venire il diabete.

La piccola nave da guerra si staccò dalla terra ferma nell'esatto istante in cui il sole sprofondava nel oceano, salutando il mondo con la sua ultima luce, così simile al colore del sangue da fare quasi paura.
Alyx aveva insistito per stare al timone, nonostante fosse possibile inserire il pilota automatico. Sospettavo che l'unico motivo fosse che preferiva rimanere da sola piuttosto che starsene in compagnia di noi "insulsi semidei".
James si appoggiò sul parapetto accanto a me, posando il mento sulle braccia incrociate. Una brezza leggera profumata di salsedine gli scompigliava i capelli, la luce del tramonto gli disegnava sul volto ombre inquietanti.
Non disse nulla. Si limitò a osservare il sole che veniva inghiottito dal mare. Ora che la sua luce stava svanendo, gli occhi del figlio di Apollo sembravano farsi più scuri, più cupi. Come un fiore che sboccia al sorgere del sole, e si richiude su sé stesso al sopraggiungere della notte.
Rimanemmo lì, in silenzio, mentre l'Artemis scivolava silenziosa sulle acque sempre più scure.

𝕷𝖆 𝕱𝖎𝖌𝖑𝖎𝖆 𝕻𝖗𝖔𝖎𝖇𝖎𝖙𝖆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora