Pessima, pessima idea.

Da lontano, sento gli occhi addosso di Carlo che mi bruciano la pelle attraverso il tessuto pesante del mio giubbotto; io lo sto palesemente evitando e lui non ha il coraggio di avvicinarsi, non più.

Come volergliene, d'altronde?

«Bea, ora non vorrei dire, ma...»
«Noemi, ti prego.» Mi volto verso di lei. «Non ho bisogno di una paternale, non adesso. Io volevo solo stare a casa tranquilla, è tutta colpa tua.»
«Okay, ma quello che vorrei dire è che...»
«Domani. Ne parliamo domani. Ti prego.»
Fa una smorfia e mi guarda con sufficienza.
«Allora se preferisci ti dirò DOMANI che Andrea si sta avvicinando a noi un metro dopo l'altro.» Alza le mani e mi guarda divertita.

Mi gelo.
Andrea dove, quando, cos-
«Beatrice.»

Merda, merda, merda.

Conto fino a 5, mi volto e sfodero il mio migliore sorriso sicuro, con il forte sospetto che in una scala da Marylin Monroe a ghigno da iena io sia piazzata piuttosto bene: verso il fondo.

«Ehi.»
«Hai un accendino?»

Se me lo chiedi con quegli occhi ti porto persino Mangiafuoco, pur di accontentarti.

«Tieni.» Cerco in borsa e glielo porgo. Lo prende senza ringraziare e accende la sigaretta, me lo restituisce e continua a fissarmi in silenzio; dopo circa dieci secondi diventa ufficialmente imbarazzante.
«Me la offri?» Tento, sorridendo.
Sempre in silenzio mi allunga il pacchetto e io ne sfilo una. Con mani tremanti la accendo e butto fuori una nuvoletta di fumo, attraverso cui lo scruto.

Quant'è bello.

«La prossima volta te la ridò.»
«Su questo non ho alcun dubbio. Mi prendo sempre ciò che ritengo debba essere mio.»
Fa un breve cenno del capo e si allontana, mentre io rimango lì a fissarlo come un'ebete.

«Ah, Beatrice.» Si volta e si riavvicina piano e ogni muscolo del mio corpo si mette in moto per farmi riassumere un contegno adeguato.
Allunga una mano chiusa sul mio ginocchio e lo sfiora.
Quando ritrae la mano, si lascia indietro una traccia bruciante del suo tocco e una piccola margherita bianca. Continuo a osservarla a testa bassa, mentre lui si allontana, abbraccia la ragazza riccia e svolta l'angolo.

Gli occhi di Carlo sono sempre fissi su di me, imperscrutabili.

Pessima, pessima idea.


Poco prima di andare a letto, non posso fare a meno di attaccare con dello scotch sul diario la margheritina che mi ha dato Andrea, che nel trasporto verso casa si è un po' ammaccata. Ne liscio i petali, mentre mi perdo nei miei pensieri; dopo un tempo non esattamente quantificabile per me, che mi sento ubriaca di felicità, sorrido e chiudo il diario.

Imposto la sveglia per domani mattina e appena prima di andare a letto il suono di una notifica di MSN rompe il silenzio della stanza. Sbadigliando, mi avvicino al computer e riapro il programma, fino a ora ridotto a icona.

ANDREA89S h. 23.27: Se ti chiedessi di andare a vedere le onde del mare, da soli però, ci verresti?

*

Tic. Tac. Tic. Tac. Tic. Tac. Tic. Tac.

«Perrella! È una lettura in silenzio, non una partita a scacchi! Smettila subito di far scattare quella penna.»
«Sì prof, scusi.»
Guardo  la pagina che illustra il pensiero di Kant e sfodero la mia migliore  espressione interessata, mentre mi lascio investire da ciò che, in  realtà, me ne frega.

Tu sei (Le ceneri)Where stories live. Discover now