Arrivata nella cabina numero undici, mi accasciai di peso direttamente sulla mia brandina. Immersi la faccia nel cuscino e cercai di mettere ordine tra i pensieri che vorticavano implacabili nella mia mente.
Ma era stata una lunga giornata, piena di emozioni e attività estenuanti, così, non appena la mia testa toccò il cuscino, le mie palpebre si chiusero e, cullata dal canto dei grilli, scivolai nel sonno.

Un vento gelido spazzava le cime degli alberi nel buio della notte, facendo frusciare le foglie e provocandomi brividi lungo la schiena.
Una foresta.
Alzando lo sguardo, riuscivo a scorgere la luna piena che appariva e scompariva tra le nubi, donando un bagliore spettrale al paesaggio che mi circondava.
Poi, all'improvviso, un ululato, lungo e cupo, squarciò il silenzio pietrificato della notte.
Fu allora che vidi la ragazza.
Mi passò proprio di fianco, correndo, e in quell'esatto istante, un raggio di luna la illuminò. I miei occhi incrociarono i suoi, rimanendo stupiti nell'incontrarne altri due identici, da sembrare la loro immagine riflessa in uno specchio. La ragazza era poco più alta di me e non doveva essere molto più grande. Al massimo due anni. Indossava un giubbotto argentato, aperto su una maglietta attillata nera. Portava una faretra a tracolla, e in mano stringeva un arco d'argento dall'aria familiare.
Tra i suoi capelli biondi, che apparivano quasi grigi mentre le svolazzavano disordinatamente sulle spalle al chiarore lunare, scintillava un cerchietto d'argento. Il cerchietto delle cacciatrici di Artemide.
La ragazza mi superò senza degnarmi di un'occhiata e continuò la sua corsa, veloce come il vento. Superando massi, cespugli, radici, come se, nonostante fosse buio, sapesse esattamente dove fossero qualche secondo prima di imbattervisi.
Dopo un attimo di esitazione, io mi riscossi.
—Ehi, aspetta! — gridai, ma lei non parve sentirmi.
Cominciai a correrle dietro, ma dopo poco lei si fermò bruscamente.
Il suo petto si alzava e si abbassava affannosamente in cerca d'aria,ma i suoi occhi scrutavano attenti e vigili l'oscurità, tentando di nascondere lo sguardo della preda in trappola dietro quello del cacciatore in cerca di una preda.
Ci fu un attimo di silenzio innaturale, poi, di nuovo, un ululato come quello di prima, ma più vicino, mi fece accapponare la pelle.
Ne seguirono altri, sempre più frequenti. Sempre più vicini.
Non era un lupo normale, lo sentivo. Ma neanche un segugio infernale. No...era ...qualcos'altro...
La cacciatrice allungò una mano verso la faretra e afferrò una freccia, per poi incoccarla nell'arco e puntarlo in ogni direzione, girando lentamente su sé stessa.
L'ultimo ululato venne poi sostituito da un ringhio, che si espanse intorno a noi in un coro minaccioso.
Erano vicinissimi ormai, forse a meno di dieci metri di distanza.
Eravamo circondate.
Anche la ragazza doveva averlo capito, perché cominciò a puntare freneticamente l'arco contro ogni cespuglio.
—Fatti vedere! — il suo urlo riecheggiò nella notte — non mi fai paura!
Riuscivo a scorgere i suoi occhi, al chiarore lunare.
Scorgevo la paura, la disperazione, celate dietro quelle iridi di ambra.
Ma scorgevo anche l'orgoglio, la determinazione che avevo visto negli occhi di Thalia.
E capii che non aveva intenzione di arrendersi, finché a vincerla non fosse stata la morte.
—Fatti vedere! Lo so che sei qui! — urlò di nuovo, la voce rotta da una quasi impercettibile nota di disperazione. —Non mi fai paura. — mormorò poi, forse cercando di convincere anche sé stessa.
Venne accontentata.
Mentre era girata verso di me, dagli alberi alle sue spalle, il ringhio prolungato si fece più intenso.
Dalle tenebre uscì silenziosamente un lupo, grosso almeno il triplo del normale, le zanne scoperte sulle labbra arricciate macchiate di sangue, gli occhi troppo intelligenti per appartenere a un animale che brillavano di rosso.
La ragazza si voltò di scatto e arretrò velocemente, la freccia argentata puntata alla testa del lupo.
Io volevo scappare. Volevo correre più veloce che potevo e uscire da quella maledetta foresta. Forse era codardia, o forse semplicemente paura. Sapevo solo che non volevo vedere ciò che sarebbe successo di lì a poco.
Ma non ci riuscivo, non riuscivo a muovermi, come se avessero preso il controllo del mio corpo, per costringermi a continuare a vedere. Perché, per quanto brutto... era importante.
Il lupo levò il muso al cielo ed emise un lungo ululato.
Si eresse sulle zampe posteriori, e il suo aspetto cominciò a cambiare.
Le zampe anteriori diventarono braccia, quelle posteriori gambe, la pelliccia si ritirò nella carne, il muso si schiacciò fino a diventare il volto di un uomo. Era spaventosamente grosso e robusto, con una corona di quelle che sembravano dita scheletriche posata sul capo dai sudici capelli neri. Indossava una specie di mantello di pelliccia, sopra gli abiti luridi e consunti.
La ragazza strinse la presa sull'arco fino a farsi sbiancare le nocche e lo puntò al petto dell'uomo.
—Licaone. — disse con disprezzo.
Questo scoprì le zanne in un ghigno. — Kira Wolfson.
Sussultai nel sentire il mio cognome.
Ma era solo una coincidenza... giusto? Non avevo nessuna parentela con quella ragazza, non avevo mai sentito nominare nessuna Kira Wolfson.
Solo una coincidenza.
Sai cosa voglio — ringhiò Licaone — Dammelo spontaneamente e forse potrei decidere di lasciarti vivere. Forse.
— Scordatelo, bastardo. — la voce della cacciatrice era carica di rabbia. Se me la fossi trovata davanti e non fossi stata un enorme lupo mutaforma, probabilmente sarei scappata a gambe levate.
Si da il caso che la sua rabbia fece divertire ancora di più Licaone, che scoprì le zanne con un verso a metà tra un ringhio e una risata.
— Beh, non si può dire che tu non abbia coraggio, ragazzina. Peccato che non ti servirà quando i miei artigli ti squarceranno la gola. Questa è la tua ultima possibilità. Dammi il Diadema d'Argento. — il re dei lupi tese la mano dai lunghi artigli neri.
La freccia rimase puntata contro il petto dell'uomo lupo senza muoversi di un centimetro.
Quando la ragazza di nome Kira parlò, il suo sguardo era colmo di una cupa rassegnazione, come quello di una preda che sa di star per morire. —Preferisco morire.
La risata ringhiante del lupo riecheggiò nella notte, unico suono nel silenzio. — E sarai accontentata.— si rivolse ai cespugli intorno a noi — Lupi, uccidetela!
Sapevo cosa sarebbe successo ancora prima che la battaglia iniziasse. Ma non riuscivo a smettere di guardare. Non riuscivo a muovermi, come se le mie gambe si fossero incollate al terreno.
Il branco, formato da una trentina di componenti, grandi almeno il doppio di un lupo normale, balzò fuori dai cespugli, un insieme ringhiante di artigli e zanne.
Trenta contro uno.
Le frecce d'argento partivano una dopo l'altra dall'arco della ragazza e si infilzavano nella carne dei lupi, che si liquefacevano in pozzanghere di ombra. I lupi tentavano di colpirla, ma si ritrovavano una freccia piantata in gola ancora prima di riuscire a raggiungerla.
Un lupo spiccò un balzo verso la cacciatrice, che rotolò agilmente fuori dalla sua portata e si rialzò con un salto. Allungò la mano verso la faretra.
Ma le sue dita si chiusero nel vuoto.
Le frecce erano finite, mentre i lupi sembravano non finire mai.
Per la prima volta vidi i suoi occhi colmarsi di panico.
Volevo urlarle di stare attenta, volevo avvisarla, ma la voce non uscì dalla mia gola.
E gli artigli del lupo colpirono il suo fianco sinistro.
I suoi occhi si appannarono dal dolore e si accasciò in ginocchio, stringendosi il fianco mentre le dita le si macchiavano del liquido scuro.
Licaone si aprì un varco tra i lupi, il ghigno crudele stampato sulla faccia.
—Brava, complimenti, sei durata molto più di come mi aspettavo. Ti meriteresti un applauso, non pensate anche voi, fratelli? — il suo fu l'unico applauso nel coro di ringhi. — Ma hai fallito. E ora mi prenderò ciò che mi è stato ordinato. Ma prima ti concederò il piacere della morte, sei contenta? Tanto i titani e i giganti risorgeranno comunque quando la tua sorellina compirà sedici anni. Saremo tutti contenti. Noi avremo il Diadema, loro risorgeranno e occuperanno l'Olimpo e tu non dovrai nemmeno assistere. — il re lupo sfoderò gli artigli e alzò il braccio — Addio, figlia di Artemide.
Kira Wolfson alzò di nuovo il capo e nei suoi occhi offuscati  dal dolore vidi una scintilla di determinazione — Non vincerete mai. Madre, ho fallito. Mi dispiace. Ma lei non fallirà.
La cacciatrice tirò fuori da sotto la maglietta una collana con un ciondolo d'argento a forma di mezzaluna. Lo strinse tra le dita e chiuse gli occhi. — Lei non fallirà.
Il cuore mi batteva forte nel petto.
No...
Licaone abbassò il braccio e un urlo mi si bloccò in gola.
No...
E mentre gli artigli del lupo raggiungevano la gola della ragazza, un lampo di luce argentata avvolse ogni cosa.
Le gambe riuscivano di nuovo a muoversi, e caddi a terra in ginocchio. Tutto si fece buio.

𝕷𝖆 𝕱𝖎𝖌𝖑𝖎𝖆 𝕻𝖗𝖔𝖎𝖇𝖎𝖙𝖆Where stories live. Discover now