Capitolo 33

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"Tra quattro giorni é il primo settembre e io ero convinta di tornare a Hogwarts. Che diavolo vuol dire no?"

"Non ho deciso io. Ti sto solo avvisando: mamma e papà tornano a Parigi"

"E perché non me l'hanno detto?"

"Non lo so" mentì Rose. Non aveva voglia di farla stare peggio con i suoi problemi.

"Ma come puoi dire di no? Non possiamo non andare"

"Tu puoi andare" Rose era risoluta. "Io no"

"Rose, senti. Tu mi hai detto che non potevo fare la parte della Grifondoro, e io... Sono stata zitta tutto il tempo. Adesso lo devi fare anche tu, perché andrai nei guai"

"Dimmi una cosa, Tori"

"Non iniziare così. Tutte le volte che inizi così è perché mi vuoi fare sentire in colpa" brontoló lei.

"Lasceresti Harry solo se avessi una minima possibilità di scelta?"

Victoire strinse gli occhi e si voltò. Conosceva fin troppo bene sua sorella, e quando era determinata a fare qualcosa la faceva fino in fondo.
"Sai che non lo farei"

"E allora perché -"

"Perché Harry non me lo lascerebbe fare, diamine! Lui è troppo altruista per farmi fare qualcosa di cui mi pentirei, anche se lui vorrebbe che la facessi"

"Grifondoro" sbuffó Rose.

"Rose..." Victoire la guardó, piena di preoccupazione. "Voi non - non ve ne rendete conto, probabilmente, ma... Siete troppo vicini"

"Ma che stai dicendo?"

"Voi non lo capite, siete troppo presi uno dall'altra. Ma vi state distruggendo a vicenda, Rose, io lo vedo. Tu sei troppo preoccupata che lui soffra e lui é preoccupato che qualcuno ti faccia male. Entrambi ve la sapete cavare da soli, perché siete così... Così impauriti? So che vi fidate l'uno dell'altro, ma qui si parla di un lato diverso della fiducia"

"Senti, io non so chi ti abbia fatto pensare a.. a queste cose. Io non posso - non posso lasciarlo da solo e andarmene, così" farfugliò Rose. Era imbarazzata, come sempre quando riconosceva un filo di verità nelle accuse contro di lei.

"Sai che ho ragione. E lui andrà a Hogwarts, non puoi stare qui mentre lui prova a rifarsi una vita. Siete stati trascinati sul fondo e dovete trovare il modo di risalire da soli"

"Questo é preso da quel tuo libro babbano?" chiese sarcastica, lieta di poter cambiare discorso.

"Come fai a sapere...?"

"Lo nascondevi sotto il letto, Tori. Chiunque lo poteva trovare"

Victoire fece una smorfia stupita, poi arricciò le labbra e scosse la testa. "L'hai letto?"

"Oh, be', io... si, forse ho letto i primi"

"E come fai a sapere della parte in cui-"

"Okay, li ho letti tutti" sbottó spazientita.

Victoire si mise a ridere e attirò a sé la sorella in un abbraccio. Rose non ricambiò, ma si appoggiò a lei come aveva fatto con Draco.

"Forse sono stata un po' dura, prima. Ma è quello che penso" ammise Victoire.

"Lo so, voi Grifondoro avete un modo di fare strano"

"E voi Serpeverde siete convinti che il vostro modo sia l'unico giusto" replicò l'altra.

"Che vuoi dire? Noi siamo i migliori. Il nostro modo di fare é  l'unico modo giusto"

Victoire sorrise. "Qualunque cosa tu decida di fare, io sono con te"

"Lo so, Tori"

                          * * *

"Draco, tesoro, va tutto bene?"

Il ragazzo si riscosse dai propri pensieri e osservò la donna davanti a lui. Sembrava stanca e nei suoi occhi si leggeva un misto di compassione e preoccupazione. "Si, madre" rispose.

Narcissa annuì, ma era chiaro che non credeva davvero alle parole del figlio. "É arrivata la tua lettera. Tra poco tornerai a Hogwarts" lo informò con un debole sorriso.

Draco rispose con un cenno del capo che la donna interpretò come un segno del fatto che voleva tornarci. Non come un Mangiamorte, naturalmente, ma lei sapeva bene quanto si sentisse chiuso in gabbia lì. Era un ragazzo, non potevano impedirgli di vivere la propria vita.

"Mi dispiace che le due ragazze non possano tornare" osservò.

Draco alzò la testa di scatto e Narcissa vide chiaramente la confusione balenare nei suoi occhi. Durò un secondo, ma a lei era bastato per capire. "Non lo sapevi, Draco?" chiese dolcemente. "Tornano a Parigi"

Il ragazzo si era staccato dal bancone dello studio di suo padre e sembrava sul punto di esplodere. "No, io... Non lo sapevo" mormoró. Incontrò gli occhi della madre, cercando di scusarsi per tutto, ma Narcissa sapeva fin troppo bene che lui non aveva nulla per il quale scusarsi. Era solo un ragazzo, e lei cosa avrebbe dovuto fare? Non trovó neanche la forza di fermarlo, quando lui uscì per dirigersi verso camera sua.

Camera sua, quanto la odiava. Si sentiva stordito, i pensieri che si affollavano nella sua testa. Rose non gli aveva detto nulla, ma perché? Pensava di scappare così, senza salutare? Di lasciarlo solo?

Draco sferró un pugno al muro e ritrasse la mano che pulsava dal colpo. Non sentiva quasi il dolore, era così arrabbiato che avrebbe fatto qualsiasi cosa... Ma che si doveva aspettare? In fondo era quella l'unica cosa che avrebbe dovuto aspettarsi da una Serpeverde, in quelle circostanze. Perché si fidava sempre, si fidava ancora, quando gli diceva di amarlo? Perché non imparava mai?

Avevano solo diciassette anni, appena maggiorenni, ma lei poteva voler farsi una nuova vita in Francia, magari voleva trovare un nuovo ragazzo con cui vivere la sua vita. Oppure l'aveva già trovato e lui era solo una distrazione temporanea.

Draco si odió mentre tutti quei pensieri gli attraversavano velocemente la testa, formando mille scenari orribili. Si odiò perché si era affezionato e amava quella ragazza, e una sua decisione lo condizionava fino a farlo crollare...

Perché era a terra, e non poteva continuare così. Ormai erano un peso l'uno per l'altro e nessuno dei due poteva permettersi di crollare, non in quel momento.

Erano sul fondo dell'abisso e dovevano trovare il modo di risalire da soli, perché ne sarebbero usciti più forti. Draco non poteva pensare di separarsi da lei, ma per causa sua aveva abbattuto tutte le barriere che faticosamente aveva costruito nel corso degli anni.

Doveva rimettere quelle barriere e trovare il modo di crescere da solo, senza avere bisogno di qualcuno su cui contare. Il modo più Serpeverde di tutti per imparare qualcosa, ma era anche l'unico che conoscevano.

E lui non poteva trattare lei come un fiore sotto una campana di vetro, perché lei aveva le spine e sapeva difendersi. Ma l'aveva dimenticato.

Erano talmente simili che per quei giorni fecero finta di niente. Ma non potevano nasconderlo e lo sapevano entrambi.

She saved me. Where stories live. Discover now