Capitolo 20:Building walls

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Capitolo 20

Hayley's POV

Quella mattina mi svegliai a causa di un raggio di sole che filtrava attraverso la finestra colpendomi in pieno viso, la sera precedente mi ero completamente scordata di scostare le tende, perciò la luce non era intralciata da nessun ostacolo che le impedisse di illuminare la mia stanza. Strizzai gli occhi per via del fastidio e li strofinai diverse volte, prima di trovare il coraggio di aprirli completamente.
Aiden era sdraiato accanto a me, il viso premuto contro il cuscino e le labbra leggermente schiuse, i suoi lineamenti erano completamente rilassati e mentre dormiva mi dava l'idea di essere immerso in una pace tale che mi si strinse il cuore. Scostai una ciocca dei suoi capelli scuri e spettinati dalla sua fronte, consapevole che lui avesse il sonno tanto pesante che quel piccolo gesto non sarebbe mai stato in grado di svegliarlo.
Ancora non riuscivo a realizzare ciò che avevamo vissuto la sera precedente, avevo l'impressione di essermi sognata tutto e che non mi fossi ancora risvegliata da quella incredibile esperienza onirica. Tuttavia, sentire il respiro regolare di Aiden e vedere il suo viso rilassato, mentre era immerso in un sonno profondo, parve rendere tutto reale.
Scostai il piumone nero dalle mie gambe e quando mi alzai dal letto, realizzai che diversi muscoli del mio corpo - alcuni dei quali non sapevo nemmeno di possedere - erano indolenziti, eppure quella sensazione fece allargare le mie labbra in un sorriso, mentre nella mia mente si faceva strada il ricordo dei baci famelici di Aiden e della sensazione delle sue mani ferme sulle mie cosce.
I miei occhi si posarono sulla scrivania della mia stanza e sugli oggetti che erano caduta quando il ragazzo mi aveva posata sul mobile, e sentii il mio cuore accelerare i suoi batti per l'emozione. Scrutai il pavimento in cerca della mia canottiera, ma non riuscii a scovarla, così mi limitai ad indossare la mia biancheria e a raccogliere la maglietta grigia di Aiden, prima di farmi strada verso la cucina.
Non mi sentivo diversa dopo aver fatto sesso, semplicemente avevo la sensazione che i miei sentimenti nei confronti del ragazzo ancora intento a dormire nel mio letto fossero cresciuti in maniera smisurata, abbastanza da far sì che io non riuscissi a cessare di sorridere.
Ancora non riuscivo a credere che dalla lite alla quale avevamo dato vita io ed Aiden, caratterizzata da parole velenose e potenzialmente letali fosse scaturito un atto d'amore scandito dalla passione e da un cocktail di sentimenti contrastanti e distruttivi.
Mi avviai verso il frigorifero e ne estrassi le uova e il latte, con l'intenzione di preparare i pancakes alla cannella che, solitamente, cucinavo in compagnia di Emma e del mio migliore amico.
Mentre prelevavo la farina, lo zucchero e la spezia dalla fragranza piccante dalla credenza, rivangai il ricordo del giorno in cui mia sorella aveva tentato di cucinare i pancakes per me e Scott, finendo per bruciarli tutti. Il misero fallimento di Emma aveva appestato la cucina di un fumo dall'odore sgradevole che ci aveva fatto tossire tutti in simultanea, per poi farci scoppiare in una grassa risata.
Mia sorella non era mai stata un asso ai fornelli e in questo assomigliava in tutto e per tutto a mia madre che una volta era riuscita persino a bruciare i pop corn nel forno a microonde. D'altro canto, io e mio padre eravamo piuttosto bravi in cucina e spesso preparavamo la cena insieme, sotto lo sguardo vigile e attento di Emma che ci intratteneva canticchiando i testi delle canzoni che scriveva.
Ancora ricordavo la melodia di alcune di esse, come la voce dolce e angelica di mia sorella e il modo in cui le sue dita sottili accarezzavano le corde della chitarra che, ormai, si limitava a prendere polvere in camera mia.
Presi a canticchiare la canzone che più preferivo di Emma, mentre le mie mani erano intente a mescolare gli ingredienti all'interno della ciotola di vetro con movimenti veloci e sicuri.
Il profumo della cannella mi invase le narici e parve addirittura amplificarsi quando iniziai a versare l'impasto nella pentola ormai calda, mentre il silenzio che avvolgeva la stanza veniva contrastato dal mio persistente canticchiare.
Per un secondo mi illusi che voltandomi sarei riuscita a vedere il volto illuminato da un sorriso di Emma, i suoi occhi fissi sulle mani di Scott intente a piegare un tovagliolo di carta in modo da costruire una gru.
Il mio migliore amico era solito fare l'origami di quel volatile e regalarlo a mia sorella dicendole di esprimere un desiderio, un'abitudine che aveva preso dopo aver letto in un libro che quella era un'usanza giapponese. Nonostante Scott ogni volta dicesse ad Emma che i desideri devono essere espressi sottovoce, la ragazza rispondeva sempre la medesima cosa: " voglio che io e le persone che amo vivano una vita felice". Ripensandoci, quel desiderio era impregnato da una tale bontà da darmi l'idea che mia sorella fosse una sorta di angelo cosa che, quasi sicuramente, pensava anche Scott e non vi erano dubbi che non sarebbero state sufficienti cento gru per realizzarlo. La realtà si era rivelata molto più complicata e le situazioni troppo avverse a tutti noi, per spingerci a vivere la vita felice che Emma tanto desiderava per noi. Eppure, nonostante io avessi sofferto ormai un ammontare infinito di volte, avevo l'impressione che la sera precedente fossi stata in grado di farmi provare una gioia tale che se solo avessi teso la mano sarei stata capace di sfiorarla con la punta delle dita. E quel pensiero parve farmi rivivere la medesima sensazione, spingendomi a credere che forse era quella la caratteristica che rendeva speciale la felicità: il fatto che non caratterizzasse ogni singolo momento della vita delle persone, ma che quando si palesava era in grado di renderli indimenticabili. I ricordi che avevo vissuto in compagnia di Scott, Emma, mia madre e ogni singola persona che amavo, erano intrisi di sentimenti contrastanti, eppure alcuni di questi erano intrisi di una gioia tale in grado di farmi tornare il sorriso sulle labbra e di allontanare le tenebre che, talvolta, mi offuscavano la mente.
Afferrai una fragola dal cestino che avevo precedentemente estratto dal frigo e lasciai che le mie papille gustative venissero invase dal sapore dolce e leggermente aspro del frutto, mentre con l'altra mano ero intenta a far scivolare il pancake ormai cotto sul piatto vuoto che avevo posto accanto al piano cottura.
In quel momento vidi con la coda dell'occhio una mano prendere una fragola dal cestino mentre un braccio mi avvolgeva vita, volta leggermente il capo e i miei occhi incontrarono il viso di Aiden.

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