Capitolo Trentotto

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Aprii gli occhi per vedere - di nuovo - il muro di una prigione.

"Era... tutto un sogno?" chiesi a me stessa "Io... non sono tornata... da Eric?"

Sentii qualcuno arrivare nella stanza.

Era Kaleb, e aveva un ombra scura sul volto.

Spaventata, mi schiacciai contro al muro pur di allontanarmi da lui.

Lui, per tutta risposta, mi prese per il collo della maglia e mi alzò di forza.

«Allora, sei pronta a perdonarmi?» mi chiese, ma io scossi la testa.

«Perè continui a respingermi? Sono l'unica famiglia che ti è rimasta. L'unica che si preoccupa per te

«Tu. Non sei. La mia famiglia.» gli sputai contro.

Lui sospirò e mi trascinò fuori dalla cella. Mi portò in una stanza dove, al suo interno, vi erano un sacco di strumenti di tortura.

Io mi impaurii ancora di più e lui mi legò ad un tavolo.

Lui si avvicinè agli strumenti ed io mi voltai per non permettergli di vedere il mio volto.

Poi, alzai lo sguardo, e rimasi sorpresa di vedere tutte le persone che credevo mi amassero.

E tutte loro avevano un ombra scura dipinta sul volto.

Spostando lo sguardo, vidi che gli occhi di Eric brillavano di rosso e per un solo momento pensai che tutto quello potesse non essere reale.

Ma capii la verità quando Kaleb incominciò ad incidere la mia pelle.

Immediatamente, lanciai un urlo di dolore piangendo e chiedendo aiuto.

Chiamai Eric e Trevor, e come risposta ottenni solo la risata di Kaleb.

«Trevor è già morto» mi sussurrò, ed io piansi più forte.

La razionalità mi stava abbandonando alla stessa velocità del mio copioso sanguinamento e l'unica cosa di cui ero capace era piangere senza riuscire a fermarmi.

Poi, mi svegliai di botto, e vidi Eric seduto al mio fianco con un'espressione molto preoccupata.

«Stai bene?» mi chiese, ed io scossi la testa. Gli raccontai dell'incubo mentre ricominciavo a piangere.

Lui mi avvolse in un abbraccio e mi tenne stretta finché non mi calmai.

«È stato solo un brutto incubo, Kayla. Ora è tutto finito. Ricorda: sei al sicuro ora, e non dovrai preoccuparti mai più che lui ti faccia del male» mi disse lui.

«Sembrava tutto così reale...» dissi, ed Eric mi strinse ancora di più.

«Capisco. Ma non lo era. Non lascerò mai più che qualcuno ti faccia del male. Mai più» mi promise, mentre io poggiavo la testa sulla sua spalla.

«Mi fa' piacere sapere che ora puoi alzarti da sola» mi disse lui sorridendo.

«Sì, beh, dopo che mi è preso un colpo» gli dissi, e lui rise.

«Sempre meglio di niente» rispose, facendomi ridere.

«Forza, a dormire» mi disse, mentre tornavo a sistemarmi.

Poi, tornammo a dormire.

Mi svegliai con lo sguardo di Eirc su di me.

Gli sorrisi di rimando e mi guardai intorno.

«Perché mi fissi?» gli chiesi.

«Ti fisso così da non credere che il fatto di riaverti qui sia un sogno» mi rispose baciandomi.

La situazione si stava scaldando quando, improvvisamente, Eric tocco un punto dolente.

Io feci un leggero ghigno di colore e Eric si scostò da me.

«Mi dispiace, io... devo imparare a controllarmi»

Io gli sorrisi e lui mi avvolse in un abbraccio.

Scese dal letto e si avvicinò alla mia parte.

«Vieni» mi fece, allungandosi verso di me cosiché potessi usare le sue spalle come supporto per alzarmi dal letto.

«Spero vivamente che tu non sia così messa male la mattina dopo la nostra prima notte di nozze» disse di botto.

Io divenni più rossa di un peperone e lo colpii alla spalla.

«Oh... dio!» esclamai mezza arrabbiata, e lui rise di gusto.

Mi baciò la guancia mentre teneva saldamente la mano sul mio fianco per non farim cadere.

Andammo di sotto, in cucina, dove tutti ci stavano aspettando.

Sentii Abigail strillare di gioia e dopo mezzo secondo me la ritrovai addosso con Savage al suo seguito.

«Ci sei mancata!» Esclamò lei, e Savage prese a leccarmi la faccia.

"Master, ho bisogno di parlarle in privato" mi disse Savage nella mente.

«Eric, riusciresti a condurmi fino al salotto? Savage vuole parlare con me» gli chiesi.

Eric annuì e mi aiutò a sedermi sul divano, una volta arrivati in salotto.

Savage si mise seduto di fronte a me, attendendo paziente che Eric se ne andasse.

«Ok, quindi Savage, che c'è?»

"Ecco... io stesso l'ho appena scoperto, quindi la pregherei di non essere arrabbiata con me..." mi disse lui.

"... Abigail è la mia compagna", concluse.

Lo guardai storto, mentre tentavo di processare le informazioni che mi aveva appena dato.

«Cioè, aspetta... tu sei un Hellhound e lei ha tipo... cinque anni? Che qualcosa che non mi quadra...» gli risposi.

Savage rise nella mia mente e poi inizio a fare piccoli versi di dolore.

Improvvisamente, capelli incominciarono a crescere sulla sua testa e le sue zampe divennero mani e piedi.

Si era appena trasformato in un uomo più vecchio di me. Con vivi capelli rossi e occhi neri.

«Vedete, ho anche appena scoperto che quando un Hellhound trova la sua compagna può trasformarsi a suo piacimento in un umano» disse.

«Ma questo non cambia il fatto che tu sei, tipo, vent'anni più vecchio di lei» gli risposi.

Lui ridacchiò e tornò nella sua forma di Hellhound.

"In realtà sono duemilatrecentodiciannove anni più vecchio di lei" mi spiegò "Ho deciso di fermare il mio invecchiamento a ventiquattro anni e dato che anch'ella è un vampiro, lei protrà fare lo stesso"

«Quindi... puoi parlare con lei?» gli chiesi.

Lui annuì e si mise a guardarsi intorno.

«Ma... scusa, come hai intenzione di far funzionare le cose fra voi due?»

"Beh, quando raggiungerà i ventun'anni le chiederò cosa ne pensa. Al momento sarò il suo compagno di giochi ed il suo migliore amico" mi disse.

Io annuii e poi guardai verso la porta.

"Sei pronta per tornare da Eric?" mi chiese, ed io annuii.

"Allora vado a chiamarlo" disse Savage dirigendosi verso la porta.

A metà strada si bloccò e si voltò indietro.

"Mi farebbe molto piacere se questa conversazione rimanesse fra noi due soltanto" mi disse.

«Ma certo» gli risposi.

Lui mi sorrise e si voltò per tornare verso la cucina.

Alla soglia della porta, però, si bloccò nuovamente e si tornò a voltare verso di me.

"Volevo anche dirle che, appena si sarà ripresa e le saranno tornate le forze, la condurrò dai suoi veri genitori" mi disse, lasciando poi la stanza.

Adottata da VampiriDonde viven las historias. Descúbrelo ahora