Capitolo 18

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«Come sei arrivata a lavorare per un azienda così grande?» Chiesi a Greice con interesse mentre gustavo gli involtini di gamberetti.

Il locale era mezzo vuoto, il ché mi piacque perché odiavo il baccano.

Alzavo lo sguardo e mi sorrise

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Alzavo lo sguardo e mi sorrise.

«Diciamo che sono stata molto fortunata. Lavoravo per una rivista prima di conoscere il nostro attuale capo. Sono andata a fare un intervista su di lui e da lì si è instaurato il rapporto di fiducia e, probabilmente, o almeno spero, ha visto che sono molto professionale nel mio lavoro.» Concluse per poi bere un po' di vino bianco dal calice in vetro.

La imitai e non potei che apprezzare mentalmente quel vino, era di una bontà assurda. Da amante del vino, mi aveva letteralmente conquistata.

Continuammo a chiacchierare fin quando non guardai l'orologio e vidi che eravamo leggermente in ritardo.

La nostra pausa pranzo era finita da circa dieci minuti e noi eravamo, per fortuna, al caffè.

Sperai che il capo non fosse presente in ufficio, o che non ci stesse aspettando.

Non male come primo giorno.

Ironizzò la mia coscienza.

«Greice, siamo in ritardo!» Esclamai prendendo di scatto la borsa.

Greice impallidì e si alzò di scatto dalla sedia. Lottai contro di lei per poter pagare ma non volle sentire ragioni e accettai a malincuore anche perché non potevano perdere un minuto in più.

Quando le porte dell'ascensore si aprirono vi era un via vai di colleghi con cartelle in mano tranne il nostro capo che sembrava non esserci.

Tirai silenziosamente un sospiro di sollievo ed entrai nel mio ufficio dopo aver salutato Greice che tornò anche lei alla reception.

Mi sedetti sulla sedia girevole che ogni volta mi faceva venir voglia di girare su me stessa di continuo e presi l'ennesima cartella per poi aprirla e iniziare a leggere.

Ero così assorta da quel manoscritto che non sentii nemmeno quando una persona entrò nel mio ufficio, fin quando non mi sentii osservata.

Alzai di scatto lo sguardo e sobbalzai portandomi una mano all'altezza del cuore.

«Oddio, Billy. Mi hai spaventata!» Esclamai.

Billy era uno dei miei tanti colleghi, lo conobbi in mattinata quando venne per portarmi un caffè e probabilmente stringere amicizia con me.

Mi sembrò un tipo a posto, aveva il suo perché nel vestirsi. Il suo smoking non era classico ma un'esplosione di colori accesi, il tutto finiva con un paio di occhiali con la rifinitura di Gucci multicolore.

«Scusami, ho bussato ma non mi hai sentito.» Rispose risentito.

Il suo volto era tutto fuorché dispiaciuto. Capii che gli venne voglia di ridere e lo ammonii con lo sguardo.

«Ho guardato l'andamento delle vendite per quanto riguarda questo libro nelle ultime due settimane e vi è un netto calo del 47%. L'autrice, da quando sappiamo, è rimasta vittima di uno scandalo che le ha fatto perdere parte della credibilità.» Esclamò mostrandomi la copertina di un romanzo.

«Allora, facciamo un comunicato stampa. Qual è lo scandalo?»

Guardai al computer la statistica delle vendite del romanzo e notai una discesa netta e incalzante da un giorno preciso di due settimane fa, come aveva detto Billy.

«Jolie, l'autrice, pare abbia usato la sua fama mentre era in un ristorante esigendo dei servigi esclusivi. Questo sembra non essere piaciuto molto a chi la seguiva e non. Sono stati fatti molti video sui social media come Tik Tok o Instagram dove sue ex follower e non bruciavano il libro, lo distruggevano o la insultavano semplicemente. Insomma, siamo rovinati.» Concluse amareggiato.

Sciocca ragazza, restare umili è un privilegio per pochi.

Pensai senza però dirlo. Sarei risultata, forse, poco professionale?

«Indici un comunicato stampa con l'autrice. Parla con lei, spiegale che è meglio che si scusi per il comportamento altrimenti saremmo costretti a revocare il contratto.» Esclamai bevendo il mio caffé caramellato.

Billy annuì prima di andarsene e farmi rimanere con le mie amate scartoffie.

SegretoWhere stories live. Discover now