Capitolo 26

3.2K 76 0
                                    

«Signorina Roberts, si calmi.» — Rispose prontamente il signor Jones. — «L'importante è che non diventi un abitudine.» Continuò sorridendo.

Cercai di rilassarmi e ricambiai con un sorriso tirato. «Certo, signor Jones.»

Appena l'ascensore arrivò al numero ventitré salutai educatamente il signor Jones che se ne andò nel suo ufficio e mi precipitai da Greice.

Greice mi guardò stranita e lasciò i fogli che aveva in mano sulla penisola della scrivania in legno.

«Eve, cosa diavolo ti è successo? Ieri sera sei sparita?» Bisbigliò per evitare che qualcuno potesse sentirci.

«Greice, meglio non parlarne.» Risposi sconsolata.

〰〰〰〰〰〰〰〰〰〰〰〰〰〰〰〰〰〰

Mi pressai sulla sedia girevole del mio ufficio e rilasciai gli ansiti che avevo trattenuto. Mi ricordai distrattamente quel che era successo con Jake e le guance diventarono calde e, molto probabilmente, color porpora.

«Che cogliona!» Mormorai massaggiandomi la cute con le mani, appoggiata sulla scrivania.

Sperai di confondere i miei pensieri in quel modo, o perlomeno di non pensarci ed evitarlo per la tutta la mia esistenza. «Fosse facile.» Bisbigliai dando vita ai miei pensieri.

Un ticchettio sulla porta mi fece inclinare la schiena e assumere una posizione eretta che sciolsi immediatamente appena vidi Billy.

«Eve, potresti visionare questi documenti?» — Esclamò avvicinandosi e allungando un fascicolo sulla mia scrivania. — «Il capo vuole che gli compili un rapporto aziendale alquanto esaustivo, vorrei un tuo parere prima che le mie orecchie possano dissanguare per le sue grida.» Finì ridendo imbarazzato e passandosi una mano sui capelli tirati con troppo, ma troppo, gel.

Aprì il fascicolo e lessi attentamente per poi farglielo scivolare nuovamente sotto gli occhi.

«Foglio due, paragrafo quattro. Leggi ciò che hai scritto.» Esclamai giocando con la penna come antistress.

Billy dopo che lesse sbarrò gli occhi sbigottito. «Cavolo, grazie Eve! Non avevo notato l'errore di battitura. Mi hai salvato la pelle.» Drammatizzò.

Ridacchiai per quanto fosse buffo ma allo stesso tempo tenero e scrollai le spalle come per dire che non c'era bisogno che mi ringraziasse. Dopo lo vidi sparire rapidamente con il fascicolo stretto al petto da entrambe le braccia e uno sguardo furtivo per evitare di essere beccato dal capo.

La giornata passò rapidamente tra manoscritti da leggere, revisionare e aggiustare. Mi rinsavì grazie alle pause tra le ore lavorative e al caffè della macchinetta che seppur facesse schifo, mi aiutava a tenere a bada il sonno.

Sbadigliai sommessamente guardando l'orologio che segnava le sette di sera e chiusi uno dei tanti fascicoli. Sistemai la scrivania per evitare di lasciarla in disordine e agguantai il mio amato cappotto dal appendiabiti.

«Eve, stai andando a casa?» Esclamò Greice vedendomi dirigere verso l'ascensore.

Le riservai un'occhiata sorridente ma stanca. «Affermativo, Greice! Sono talmente stanca che potrei addormentarmi anche su questo pavimento.» Sdrammatizzai.

Greice raccolse la sua borsa dalla scrivania e si affiancò nell'ascensore ridendo. La osservai di sott'occhio e fu inevitabile pensare che avrei voluto avere la sua stessa euforia alla fine dell'orario lavorativo e compostezza, nonostante fossimo in quell'ufficio da ore ed ore era perfetta come se fosse appena arrivata al lavoro. Nessuna borsa sotto gli occhi, nessuna ruga, nessuno sbavo di trucco. Io se mi fossi guardata allo specchio in quel momento sarei risultata più un panda grazie al mascara che mi era ceduto nelle pieghette degli occhi.

«Allora, ci vediamo domani.» Esclamò prendendo le chiavi della sua auto, appena arrivammo nel parcheggio.

Ricambiai il suo saluto e mi diressi nella mia, canticchiando felice di potermene andare a casa.

SegretoWhere stories live. Discover now