•39 ISABEL

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É stato tutto così veloce, un vero schifo. Mi sento come se fossi su un palcoscenico con un riflettore gigante puntato su di me. Tutti ridono, cercando di evidenziare i miei punti deboli, la mia vulnerabilità. Non sono mai stata così oggetto di scherno in tutta la mia vita. Sono sempre stata una ragazza tranquilla, ma qui, con gente come quelle con cui ho appena avuto a che fare, ho dovuto cacciare fuori del carattere altrimenti mi avrebbero pestata a sangue freddo, senza scrupoli.

Sono andata fuori, per prendere un po' di aria, ho bisogno di respirare, le lacrime cominciano a pizzicarmi gli angoli degli occhi, così correndo il più velocemente possibile, raggiungo i giardini, ora deserti dato che sono tutti seduti ai tavoli. Non posso permettere che mi vedano in questo stato, debole e indifesa. Non posso permettere che si scaglino così contro di me.

Non posso credere al fatto che il mio stesso marito, non abbia detto una parola, che se ne stesse lì seduto senza fare niente. Pensavo che almeno agli occhi del pubblico, mi difendesse, pensavo vi avrebbe protetta. Invece mio marito è rimasto lì, a ridere di me insieme alle donne che non mangiano il pane.

Mi rendo conto che non sono mai stata così umiliata prima, non sono mai stata così imbarazzata che anche solo a pensarci mi viene da vomitare. Prendo un fazzoletto dalla mia pochette e mi tampono le guance, sono stanca di sentirmi male con me stessa, sono stanca di farmi mille complessi, sembra che da quando ho conosciuto gli Styles, io non faccia altro.

Basta con l'autocommiserazione, ne ho abbastanza! Decido di mettere da parte la vulnerabilità e l'umiliazione e mi incollo un sorriso sulla faccia, che forse forse, potrebbe ingannare anche me stessa. Prendo uno specchietto da borsa dalla mia pochette e la mia tinta per le labbra, ed aggiusto quel che ho provato a rovinare. Mi guardo negli occhi da sola, attraverso quel piccolo pezzo di vetro. Tu sei Isabel Evans. Ripeto in me. Ma chi voglio prendere in giro? Tu sei Isabel Styles e puoi superare tutto questo.

Lo dico con un'intensità ed una calma, che sorprendentemente, mi fa credere nelle mie stesse parole. Mi assicuro di non avere il mascara colato, e rientro nella sala da ballo. Sto per avvicinarmi al bancone del bar, quando sento chiamarmi "Isabel, tesoro." Louis si avvicina, elegantemente vestito con uno smoking. "Sei incantevole, figliola." Afferma con un sorriso sincero stampato in volto. "Grazie" dico arrossendo di nuovo, ma questa volta per qualcosa di buono.

"Grazie per essere venuta, Harry ti è grato per averlo accompagnato. Hai conosciuto le signore al tavolo?"
Mi mordo la lingua e trattengo l'istinto di spifferare ogni cattiveria che mi è stata fatta in quel poco tempo passato insieme a loro, e mi limito ad annuire. "Bene" dice Louis sorridendo ancora. "Vieni, ti riaccompagno al tavolo." Il mio stomaco sussulta, ma tengo la testa alta e decido di accettare il gomito di mio suocero. Quando arriviamo al tavolo, tutte lo salutano e lo adornano come fosse il re d'Inghilterra, palese il fatto che ognuna di loro vorrebbe essere al mio posto. Tutte tranne me.

Louis saluta tutte e da una lieve pacca sulla schiena a suo figlio prima di allontanarsi da noi e in men che non si dica, le donne tornano a rivolgere la loro attenzione a me, di nuovo. "Oh sei tornata" asserisce Camille, con un ghigno malizioso. Non le rispondo e sento la donna seduta accanto a lei chiederle, dove secondo Camille, io fossi andata. Ma deciso di lasciarle parlare senza degnarle di una parola. La stronza categorica, batte il dito indice sulla narice un paio di volte e poi torna a guardarmi, come se stesse insinuando qualcosa che non capisco subito.

"Anche drogata?!" Chiede ancora l'altra ragazza con stupore. "Oui. Questo ha senso Lucille, usa i soldi di suo marito per la droga, ha senso no?!" Tutte le donne scoppiano a ridere, di nuovo. Tutto quello che mi sono detta allo specchio è andato in frantumi, non posso più stare qui, non un secondo di più. Ma non me ne sarei andata senza prima fargliela pagare. Così prendo il flûte pieno dalle mani di Harry e glielo rovescio in faccia con tutta la forza che ho. "Magari ti riprendi, brutta puttana che non sei altro." Prendo la mia borsa, di nuovo e vado via sotto gli sguardi scioccati di tutti.

Non so dove sto andando, so solo che devo lasciare subito questo posto. É tutto.. davvero troppo! Mi faccio strada verso le porte e sono di nuovo alla soglia dell'ascensore, questa volta nessun uomo in divisa ad accompagnarmi, sono sola per fortuna. Pigio il pulsante e faccio un passo in avanti per entrare, quando mi sento prendere il polso da qualcuno che mi ferma all'istante. "Ciao." Disse l'uomo, lasciando poi la presa. Lo guardo con aria interrogativa e mi ricordo di lui. É l'uomo di mezza età, che mi guardava mentre aspettavo Harry sul tappeto dorato, quando sono arrivata.

"L'ho vista uscire, sembra così.. triste che ho pensato di assicurarmi che stesse bene". Dice facendo un passo in avanti verso di me. "Sto bene" rispondo secca, tirando su col naso. Cerco di non piangere, non di nuovo, non qui. "Oh no, non pianga mademoiselle" allunga una mano sulla mia spalla nuda e subito torna la stessa sensazione viscida che ho provato quando mi guardava qualche ora fa. Mi scanso dal tuo tocco immediatamente "ho già detto che sto bene, devo andare adesso!" Ribatto infastidita e mi guardo furtivamente intorno in cerca di una sola anima viva nei paraggi, ma non vedo volare una mosca.

"Non credo siate in condizioni di andarvene, mademoiselle" si avvicina sempre di più ed io indietreggio ad ogni suo passo, fino a toccare la parete con la schiena. Cazzo! Impreco mentalmente. L'uomo allunga di nuovo la sua mano su di me, e mi accarezza il braccio, fino a salire alla spalla. Mi scosto ancora una volta, ma il viscido appoggia l'altra mano al muro, bloccandomi nel mezzo. Deglutisco a fatica, sono più che a disagio ora.

I suoi occhi scuri sembrano ossessionati e questo corridoio é così vuoto. Sento la sua mano raggiungere la mia clavicola scoperta, il suo indice si muove in cerchio, scendendo lentamente verso i seni. Cerco di dimenarmi, ma le sue mani sono così pesanti che con una sola spinta, mi attaccano nuovamente alla parete. "Per favore.. per favore fermati." Dico alzando la voce e cercando di spingere via le sue mani.

"Smettere cosa?" Chiede l'uomo, leccandosi le labbra prima di cominciare ad allargare lo spacco del mio vestito e toccarmi la coscia. "Sei davvero deliziosa, sai, mmh" e senza alcun preavviso, si spinge in avanti premendo il suo schifoso corpo contro il mio. Le sua lingua mi sta bagnando il collo, mentre io cerco a tutti i costi di piegare la testa all'indietro contro il muro, lontano da lui. "Fermati! Fermati!" Grido, ormai piangendo. Tutto il suo peso preme contro di me e mentre con una mano cerca di afferrarmi il viso, con l'altra scava sotto il mio lussuosissimo abito.

"Basta, fermati!" Urlo più forte, in preda alla disperazione. Mi sento come se stessi annegando, e nello stesso momento stessi anche guardando tutta la scena a rallentatore, li da qualche parte, fuori dal mio corpo. Chiudo gli occhi colmi di lacrime e grido ancora, mentre il suo corpo si dimena e geme sul mio, io grido di agonia, sperando che qualcuno riesca a sentirmi, quando improvvisamente sento sferrare un colpo alla testa dell'uomo, che cade subito ai miei piedi.

L'accordo ||HS||Donde viven las historias. Descúbrelo ahora