Un triste incontro

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《Mercoledì, va tutto bene?》
《 Per favore, vieni e basta. È già abbastanza difficile》
Silenzio
《Arrivo subito. Tempo di arrivare》
E la telefonata terminò.
Sono proprio caduta in basso per ricorrere a una cosa del genere.
Avevo bisogno di una persona con cui parlare, sfogarmi e... se neccessario... abbracciare.
Lo so cosa starete pensando: Mercoledì Addams che parla di abbracci? È troppo strano, persino per lei.
Concordo con voi ma, com'è che si dice?
a mali estremi, estremi rimedi.

Mi sentivo troppo male.
Nonostante la miriade di cose che mi aveva fatto passare Tyler, non riuscivo a odiarlo.

Sentii alle mie spalle delle dita picchiettare sulle fredde mattonelle dell'ospedale.
Riconoscerei quel picchiettio tra mille.
《Mano!》
Sgranai gli occhi.
Era dalla fine del semestre che non lo vedevo.
Finalmente una bella sorpresa, almeno credo.
Si arrampicò sullo schienale della sedia della sala d'attesa su cui ero seduta. Salì sulla mia spalla.
"cosa è successo?"
mi chiese.
《Un disastro》
Cercai un oggetto nella sala d'attesa da usare come punto fermo, trovando la borsa di una signora seduta accanto a me inorridita da Mano. La ignorai.
《Non ce la faccio più Mano. A tutte le persone che frequento succede sempre qualcosa》
Feci una pausa. Ingoiai più volte la saliva per prepararmi psicologicamente a quello che stavo per dire.
《 Tyler è tornato. Poi è stato attaccato dal mostro》
"spiegati meglio"
mimò l'appendice.
《È troppo complicato da spiegare》
Mi accarezzò la spalla.
"quando sarai pronta, io sarò qui ad aspettarti. Ma ricorda: stai attenta"
mi scostai.
Per quanto apprezzavo il fatto che Mano per me ci fosse sempre stato, detestavo essere compatita.
Per smorzare i sensi di colpa che mi affliggevano lo ringraziai.

Tutte queste emozioni... Dio mio... non ne sono per niente abituata.

Mi alzai per cercare un bagno.
Decine di persone infrante dal dolore mi circondavano, peggiorando ancora di più la situazione.
Beh, non potevo di certo aspettarmi che in ospedale ci fossero persone che ridevano a crepapelle.
Accellerai il passo per evitare di incrociare il loro sguardo, anche solo per sbaglio.
Mi scontrai contro "qualcuno" accidentalmente. Non stavo nemmeno guardando dove stavo andando.
《 Scusa》
Dissi alla figura incappucciata, che fece finta di non vedermi non degnandomi neanche di uno sguardo scappando via.

Aspetta... quella ragazza è molto simile a... no, non può essere Goody. Quando l'anno scorso mi ha salvato la vita, disse che per farlo non l'avrei più rivista, quindi non era matematicamente possibile.
Eppure, ci somigliava molto...

abbandonai subiti quel pensiero.
L'unica cosa a cui dovevo pensare era una: il bagno.
Alla mia destra notai una vetrata trasparente.
Per la curiosità guardai chi si trovasse all'interno della stanza.

O... mio... Dio.

Dentro la stanza c'era Tyler, con il viso nascosto da un enorme respiratore e il corpo cosparso di certotti e bende.
Una fitta allo stomaco mi confermò quello che stavo guardando.

Per quanto puoi evitare una determinata cosa, prima o poi dovrai affrontarla.

Ma non ero pronta.
Una parte di me avrebbe voluto che si svegliasse per chiedergli per quale motivo avesse fatto una cosa del genere, ma dall'altra, se l'avesse fatto, mi avrebbe colto alla sprovvista non sapendo che cosa dirgli.
Decisi di affrontare successivamente il "problema Tyler".
Finalmente trovai il bagno, dove mi rintanai all'instante, pensando di essere sola, ma ovviamente, mi sbagliavo.
Quando aprii la porta trovai una ragazza da corti capelli rossi con il viso immerso in un fazzoletto intenta a piangere.
Non era il momento di prendersi anche il dolore degli altri.
《Ehi, scusami. Ora esco. Non voglio disturbarti》
Esclamò lei rompendo il silenzio.
Chiusi gli occhi con forza al punto di farmi male.
《 Non mi disturbi》
Perfetto, pure gentile ero diventata.
Disprezzo di me stessa, saltami addosso e miraccomando...soffocami.
La ragazza abbassò lo sguardo.
A occhio e croce avrebbe dovuto avere più o meno la mia età.
Indossava una felpa larga grigia con su scritto "you're life is fantastic" ( proprio) e dei jeans attillati azzurri con degli stivaletti a vita bassa neri.
Troppo colorata per i miei gusti, del tutto funebri.
《Il mio nome è Isobel》
Mi tese la mano.
La strinsi presentandomi.
《Mercoledì》
La ragazza sospirò.
《Il mio ragazzo è stato ricoverato. Gli hanno teso un' imboscata. Ora lo stanno operando. Sto morendo di paura. Non posso sopportare di perderlo》
Disse tra un singhiozzo e l'altro.
In quelle parole mi ritrovai.
《Credimi, ti capisco》
《Scusa ancora. Di certo di starai chiedendo: " quale ragazza si dispera in questo modo?"》
《No. Non sto affatto pensando questo. Penso che le persone che mostrano i propri sentimenti, ( come in questo caso la tristezza) siano molto più forti di quelle che fanno il contrario. Un po' come me》
《Io invece sono sicura, anche se ti conosco da pochissimo, che tu sia una ragazza eccezionale, che magari ha paura di mostrare i suoi sentimenti per paura di essere definita debole》
《Esattamente》
Mi rivolse un sorriso.
《 Ti dispiace se ti abbraccio? Lo so, ci siamo conosciute solo ora, ma ne ho proprio bisogno》
Mi chiese imbarazzata.
Mi avvicinai lentamente a lei senza risponderle.
Ne avevo bisogno anch'io.
Così con mia grandissima sorpresa ci abbracciammo.
Iniziai a piangere senza riuscire a tenere a bada le lacrime. Non credevo di esserne ancora capace.
A quel punto Isobel mi strinse ancora più forte facendo altrettanto.
Anche se in realtà l'abbraccio era durato solo pochi secondi, per me sembrò un'eternità.
Quando ci staccammo ritornai alla realtà cercando di asciugare le lacrime che bagnavano il mio viso, regalandomi un mix perfetto tra amarezza e disperazione.
Perfetto, ora produco anche lacrime. Altra cosa da aggiungere sulla lista dei miei fallimenti (escudendo la nascita).
《Vedrai che andrà tutto bene》
《Me lo auguro》
Le dico asciugandomi gli occhi.
Il suo telefono che teneva nella tasca della felpa iniziò a squillare in una fastidiosissima suoneria pop. Riconobbi subito la canzone: La La (Singin' like ) di Elias Naslin. Ormai la sapevo a memoria.
Enid l'ascoltava ogni giorno alla Nevermore quando faceva la doccia.
Tre parole:
sangue dalle orecchie.
《Scusami, ( per la terza volta) è mia madre. Devo andare》
Tirò su col naso.
《 Non ti trattengo》
《È stato un piacere fare la tua conoscenza, Mercoledì. E ricorda: forza e coraggio prima di tutto》
Disse sorridendomi mostrandomi la sua dentatura perfetta di un bianco perlato.
E uscì dal bagno mettendo fine a quell'insopportabile suoneria.
Per un momento dimenticai per quale motivo mi trovassi lì, poi me ne ricordai all'istante: fare la pipì.

Wednesday: Paura Di InnamorarsiDär berättelser lever. Upptäck nu