tension

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New York        13 novembre 2016

«che c'è?» domandò scocciato Harry a Louis

«Glen, ti avevo detto di non aprire,» disse sbuffando  «non sapevo fosse Louis, signorino Styles» congedandosi, si ritirò in cucina

«ora raccomandi anche Glen di non aprirmi?» domandò spiazzato

Nonostante fosse prima mattina,l'unica cosa che harry pensò fu quanto potesse essere bello Louis, con i capelli scompigliati,con la prima felpa che aveva trovato nell'armadio e sorprendentemente solo in quel momento,si rese conto che il maggiore indossava ancora il pigiama e aveva preso le prime sneakers, che si era trovato davanti. Conoscendo Louis erano gettate lì in camera sua da qualche settimana.

Era stravolto quasi quanto Harry, il quale anch'egli aveva in dosso il pigiama a righe, blu e grigie e una felpa del medesimo colore. I capelli tirati, e lo sguardo stanco, erano quasi a due metri di distanza, Louis all'ingresso e Harry il più lontano possibile.

«si, non volevo vederti» confessò reggendo il suo sguardo, ormai distrutto da quei giorni di dolore «non credevo che ti comportassi da bambino»

«non credevo che tu mi scaricassi, in una cosa così importante. Sai come mi sono sentito?» si toccò ripetutamente il petto, «mi ha spezzato non vederti arrivare, vederti scegliere lui e non me» confessò

«ancora con questa storia?! Capisci che io ti amo Harry, più di quanto credevo si potesse fare!» urlò con tutta l'anima,quella dichiarazione,quell'ancora di salvezza«cosa cazzo devo fare per fartelo capire?»

«non me l'hai dimostrato, tu parli solo Louis!» urlò ancora più forte «fottuto bambino! Ecco cosa sei Harry, scappi dai problemi!»
«se scappassi non starei qui, testa di cazzo! Me ne andrei a Londra,no?!» disse portandosi una mano sulla tempia, per spostarsi un ricciolo

«tu dici a me che non scelgo te?! Da che cazzo di pulpito arriva la predica? Tu scompari ore, giorni, e se non arrivo io a bussare in camera tua, non ti accorgeresti nemmeno del mondo esterno.

Non è lavoro haz, perché non lo è. Tu mi nascondi qualcosa, chiudi i tuoi libri quando arriviamo in camera tua, chiudi i tuoi quaderni di poesie. Così le chiami, dimmi che cazzo succede? Me lo spieghi?»

Era arrabbiato, infuriato, stava sparando così tante cose che si era tenuto dentro da troppo, e ogni parola feriva Harry con un piccolo taglio, come una piccolissima, ma potente lama

«la musica è la mia vita Louis, darei di tutto pur di cantare» confessò «e perché non lo fai? Spiegamelo»

«perché non voglio, è una sicurezza che se un giorno nascerà, ne farò uso. Non sta a te decidere! E se voglio un quaderno o del tempo da riservare per me, non puoi fottutamente metterti in mezzo!» urlò

«non vuoi vedere me in quei momenti, però altre persone si. Harry io non ti capisco, in questi sette mesi io ho imparato a conoscerti, ma non riesco a capirti ancora» disse poi, con voce spezzata

«non ho parole Louis, tu sul serio credi che io-»
«basta» disse con voce ferma Des, scendendo dalle scale, sotto gli occhi di entrambi «ma papà io-»
Harry era già pronto a protestare, a voler parlare, quella volta non voleva essere zittito, non di nuovo

«non dicevo a te» allora disse, «Louis, esci e torna quando ti sarai calmato. Queste urla in casa mia non sono tollerate, né le tue, né quelle di mio figlio, sono vostri problemi. Risolveteli fuori di qui, altrimenti smettetela, sono stanco» disse solo, invitando Louis ad uscire, che in maniera scocciata e rossa in viso dalla rabbia, uscì

Edward's voice Where stories live. Discover now