🖤- Capitolo 28 || Cuore di "ghiaccio" -🖤

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Quando arrivo al magazzino, sono con ancora l'adrenalina in corpo. Lancio le chiavi della moto nel divano, combattendo con me stessa per non piangere. Ma camminando avanti e indietro per la cucina, mi rendo conto di quanto io ne abbia davvero bisogno.

E così scoppio a piangere, non trattenendo i miei singhiozzi e le mie urla di disperazione, che cerco di calmare strisciando a terra, afferrandomi i capelli.

Non so quale, tra i tanti fatti, sia quello che mi faccia più male. Non riesco a numerarli.

Portando le gambe al petto, continuando a sfogarmi, mi chiedo se davvero mi sarei sentita meglio con la morte di Adam.

Non mi so dare nemmeno io una risposta. Ma cosa dovrei fare? Cosa potrei fare per cercare di far scomparire per sempre il mio dolore?

Uccidendo Adam, che è parte del motivo del mio dolore, forse riuscirei ad essere più in pace con me stessa.

Ma se così non fosse?
Se lo uccidessi per poi sentirmi come prima? Se non peggio?

La mia testa è completamente piena di domande, pensieri, persone.

Se stasera, fossi riuscita nel mio intento, perdendo la mia stessa vita.. Hayden un giorno mi avrebbe mai perdonata?

Hayden.

No, probabilmente non mi avrebbe mai perdonata.
Sono così ingiusta con lui, sono davvero una sorella di merda.

Non faccio altro che farlo preoccupare e far prendere spaventi per le mie decisioni. Non si merita tutto questo.

Ma non posso evitarlo. Non riesco.

È tutto così difficile.

Dopo un po' di minuti, sollevo la testa dalle mie gambe, per vedere nell'orologio di fronte che ore sono.

Quasi l'una di notte.

Sbuffo alzandomi da terra, riprendo le chiavi della moto ed esco dal mio rifugio per poi salire in sella, non prima di averlo chiuso con il lucchetto.

Esco dal bosco accelerando, con l'intenzione di mettere in pausa il caos dentro la mia testa, e al momento, posso farmi aiutare solo da una persona.

Dopo una buona mezz'oretta, finalmente mi ritrovo a destinazione.

Scendo dalla moto, guardandomi intorno. Non sento niente, non vedo nessuno.

Il quartiere mi inizia a mettere un po' i brividi.

Cammino nel marciapiede stando sempre con le orecchie ben aperte.

Arrivo nel punto esatto, la luce del salotto è già spenta, il ché mi fa sospettare. Sollevo lentamente lo sportello della finestra, ed entro con un piccolo salto.

Nemmeno il tempo di fare un passo che la luce si accende all'improvviso per poi ritrovarmi dieci pistole contro. 

"Calma!!" sbotto sbuffando leggermente "Sono io, non vedi?" chiedo ironicamente al biondo davanti a me.

"Katherine" emette un sospiro, e con un cenno della mano fa abbassare le pistole ai suoi ragazzi "Che ci fai qui? È successo qualcosa?" domanda avvicinandosi.

"È meglio parlarne in privato" rispondo lanciando un'occhiata veloce agli altri della sua gang.

"Ok, andiamo" si incammina per andare al piano di sopra, ed io lo seguo senza ribattere.

Saliamo le scale, e dopo aver percorso un lungo corridoio, apre una porta e mi lascia entrare per prima.
La sua stanza è rimasta sempre la stessa, anzi, oserei dire più lussuosa, il ché mi fa strano dato che non ricordavo che i suoi gusti fossero questi, ma più sul casual.

Il pericolo nei nostri occhiWhere stories live. Discover now