13a) I COLORATI

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Nel pomeriggio, invece, li incontrò in due occasioni e posti differenti.

La prima volta fu il giovane con il labbro leporino ad apparirgli come un fantasma. Nemmeno questa volta parlò. Non disse nulla, non fece nulla, solamente gli sbarrò la strada a braccia incrociate, senza mostrare il minimo timore per le armi che lo straniero indossava. Per un momento Aldaberon valutò che avrebbe potuto sopraffarlo facilmente, ma il pensiero degli altri nei dintorni e l'odio nei confronti della violenza gratuita lo fermarono. Glielo imponevano il suo addestramento da Sanzara e il buon senso.

Un giorno Neko, vedendolo spostare una roccia troppo grossa, gli disse sorridendo:

"Non essere sciocco! Fai come l'acqua!".

Sulle prime non lo capì, anzi si arrabbiò moltissimo vedendosi deriso davanti ai suoi sforzi. Andò a sedersi in solitudine sugli scogli che venivano lambiti dall'acqua del fiordo. Rimase fermo per ore e ore a guardare le onde andare a sbattere contro gli scogli senza mai fermarsi un solo momento, mai stanche e mai sazie.

In quei momenti mille volte si chiese cosa volesse dire Neko senza mai arrivare a una risposta. Ma più tardi, quando comprese le parole del maestro, si sentì molto sciocco. Eppure era così facile capirlo, era lì sotto i suoi occhi e non lo vedeva. L'acqua detestava faticare inutilmente. Se non aveva la forza sufficiente per spostare una roccia, le girava attorno. Fluiva e rifluiva senza sforzo, scegliendo la strada più semplice senza porsi domande. E alla fine l'acqua vinceva sempre. Tutto qui.

Quando tornò da Neko e gli disse cosa aveva capito, questi non rispose nulla e gli sorrise appena, eppure gli aveva dato una lezione che non avrebbe più scordato per tutta la vita.

Neppure ora se ne dimenticò. Superato il primo momento di sgomento, s'allontanò dal giovane cambiando direzione di marcia. La cosa parve soddisfare il Tumbà: tornò a mimetizzarsi nella foresta scomparendo nel silenzio più completo. La medesima cosa accadde qualche tempo dopo, quando a bloccare la strada al Varego apparvero l'uomo senza braccia e il compagno senza gambe. Anche loro attesero che cambiasse la direzione prima di scomparire nel nulla. Lo guidavano verso qualcosa, ma cosa?

Aldaberon non lo sapeva, ma poco dopo arrivò dove c'erano i primi timidi segni di un sentiero. Dapprima incerti, poi via via più marcati, vedeva dei segni lasciati sul terreno da persone come lui. Sembrava essere stato frequentato piuttosto di recente. Poco più avanti, attaccate a due alberi, vi erano due ciocche di capelli colorati di un giallo vivace che pendevano nel vento. Quando le vide s'immobilizzò. Uomini, non poteva sbagliarsi!

Un segnale lasciato per altri abitanti della foresta!

Il cuore prese a battergli forte.

Da quel punto iniziava il territorio di qualche popolo e volevano che tutti lo sapessero. Sospettò che si trattasse dei Colorati.

Provò un brivido, lo stomaco ebbe un movimento come se i serpenti celati al suo interno si fossero risvegliati. Era da tanto che non li sentiva, pensò. Erano quel sentiero e quelle ciocche appese ad averli risvegliati.

Neko gli spiegò che non doveva temerli, doveva lottare e dominarli. Erano le anime degli Aldaberon che l'avevano preceduto, che avevano tentato e fallito prima di lui, che si risvegliavano.

Eppure, nonostante sapesse di cosa si trattava, ne ancora ebbe paura, come sempre gli era successo in passato. Se si erano risvegliati, voleva dire che riconoscevano quel luogo. Forse anche loro erano arrivati fino a lì ed erano morti, prima o dopo, fallendo nella loro missione. Toccava a lui adesso provarci e comprenderlo lo spaventò.

La tentazione di fuggire si fece violenta, ma anziché andarsene accettò il suo destino e iniziò a seguirlo.

E più o meno nello stesso momento in cui oltrepassò le ciocche di capelli, ebbe l'impressione che i quattro uomini se ne fossero andati, inghiottiti dalla loro foresta.

Non si curò più di loro, ma se si fosse voltato, li avrebbe visti salutarlo prima di allontanarsi silenziosi. Li avrebbe visti incontrare la donna Tumbà dalla maschera di cuoio che li aspettava ritta su una roccia, inchinandosi colmi di rispetto e affetto davanti a lei. Avrebbe visto l'uomo dell'orso avvicinarsi alla donna portando con sé l'animale, fermarsi e dirle:

"Abbiamo fatto come ci hai chiesto, mia Signora. Il giovane guerriero del Nord è entrato nel territorio dei Perfetti. Mi è consentito domandarti perché quel giovane è così importante per te?".

Avesse potuto, Aldaberon avrebbe visto lei, ferma e ritta su quella roccia come una statua, maestosa e bella, rispondergli:

"È mio figlio, Dan. Grazie per aver esaudito la mia richiesta, a te e a tutti voi".

Avesse potuto, Aldaberon avrebbe capito che dietro quella maschera stavano scorrendo delle lacrime per lui.

Ma non poteva, era lontano ormai, sul suo sentiero nella foresta.





LA MASCHERA E LO SPECCHIO-Prima ParteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora