La Principessa Che Non Credev...

By Live_And_Fly_Away

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Abigail ne era convinta. La sua sarebbe stata la storia di una ragazza che realizza il suo sogno. Di una rag... More

1. Benvenuta a Chicago
2. Dov'è finito Lucas O'Connor?
3. Tu non mi piaci
4. Hai già detto abbastanza
5. Credici rossa
6. Mi sta importunando
7. Mio figlio è scomparso
8. Complici
9. Birra e Confessioni
10. Sguardi
11. Inviti o scuse?
12. Scelte sbagliate
13. Problemi
14. Richieste d'aiuto
15. Non andare via...
16. Te l'avevo detto
17. Ho solo avuto paura
18. Amici?
19. L'ho fatto per te
20. Beneficio del dubbio
21. Masochista?
22. È diverso
23. Il Riscatto
24. Pranzo col botto
25. Odi et Amo
26. Il romanticismo non fa per noi
27. I guai non vengono mai da soli
28. Una parola di troppo ed è subito...
30. Vedere senza mai guardare
31. Stupido ad ammetterlo
32. Non avevo mai creduto alle favole
33. Difficile per lei
34. Non averti mai incontrato
35. Per volere del destino
36. Siamo l'opposto della perfezione
Epilogo

29. Quanto è piccolo il mondo

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By Live_And_Fly_Away

ABIGAIL

<<Signorina, i suoi documenti, prego>> si rivolse infine alla sottoscritta, l'uomo grassoccio e annoiato in divisa. Ero nel panico, congelata dalla paura.

Finita. Io, la mia permanenza a Chicago, le amicizie che avevo costruito. Tutto finito per un semplice errore di calcolo.

Will si mosse alzando il capo nella mia direzione. <<Abbie?>> mi riscosse pensando che non avessi compreso la domanda.

<<È suo figlio?>> mi ribeccò subito. E forse fu questo, il coinvolgimento di un bambino che non c'entrava nulla con tutto quel caos, ma il mio istinto di protezione che fin da subito era nato nei confronti di Will si fece sentire.

<<N-no. Tesoro vai da tuo padre>> gli intimai nervosa sotto lo sguardo indagatore del poliziotto.

L'uomo era sul limite dell'esasperazione. Gli O'Connor si erano già lamentati e quasi rifiutati di tirar fuori i documenti. Era pubblicità negativa per l'azienda e non potevo biasimarli. Solo che gli agenti già erano indispettiti dalla loro insistenza, quando erano arrivati a me dovevano essere sul punto della crisi di nervi.

<<Allora, signorina?>> batté il piede a terra in attesa.

<<Senti, non abbiamo tutta la notte!>> sbuffò annoiata Grace mettendomi fretta. Vidi con la coda dell'occhio Lucas zittirla e la donna sbuffare nuovamente di conseguenza.

Abbassai lo sguardo fissandomi le mani sudate dal nervosismo. <<N-non ho qui i documenti...>>.

L'altro a quel punto si fece avanti con un'espressione indagatrice, portandosi le mani alla cintura.

<<Ha un accento strano. Non è Americana>>. E più che una domanda era palesemente un'affermazione.

<<Sono inglese...>>.

<<E non ha con sé i documenti...?>>. Il grassoccio guardò il collega con un'espressione ovvia.

Ero nei guai, guai grossi...

<<Li ho scordati a casa... Ho i documenti>> ci tenni a precisare. Erano quelli veri, dove vi era riportato il mio nome, cognome, titolo nobiliare.

<<Mi scusi ma dobbiamo chiederle di seguirci in commissariato>>.

Ed ecco che tutti i nodi vengono al pettine. Diciamo che se fosse finita lì, ovvero se mi avessero portata da sola in commissariato la situazione scomoda si sarebbe risolta rapidamente. Sarebbe bastato dare ai poliziotti i miei veri dati e sarei tornata a casa. Ma non fu così.

<<La signorina si chiama Abigial Davis>> si intromise Douglas facendosi avanti.

<<Signor O'Connor, sta garantendo per la signorina?>>.

L'uomo sorrise divertito sistemandosi la giacca. Sapevo che si stesse solo preparando per il colpo di grazia.

<<Assolutamente. Le dico solo ciò che ha raccontato a tutti>>.

Pezzo di un... brav'uomo.

Uno dei due poliziotti si diresse verso il veicolo e prese tra le mani il telefono.

<<Signorina, ci segua, per favore>>.

<<Posso garantire io per lei>>. Cole fece un passo avanti prima che Raquel potesse afferrarlo per un braccio ed impedirglielo.

<<Signor Huerta. Non penso che possa interessarla. Quindi non si intrometta>>.

<<La signorina lavora nel mio locale. Quindi penso di poter garantire per lei>> ribatté prontamente e con una sicurezza che non vidi neppure per un secondo vacillare. Mi sentii una grandissima egoista. Cole stava rischiando tanto ed io me ne stavo lì in silenzio a fissare i due uomini in divisa.

<<Adesso basta!>> tornò tra noi il secondo agente con un'espressione severa. <<Non esiste nessuna Abigail Davis inglese, che rispecchi le sue caratteristiche, nei nostri database. Quindi adesso ci seguite tutti in commissariato e a lei conviene far saltar fuori i suoi documenti e la sua identità>>.

E da lì, solo caos. Dai rifiuti da parte di Grace e Travis a quelli degli O'Connor finimmo comunque tutti dietro le sbarre. Con gli sguardi d'odio e rimprovero nei miei confronti l'unica cosa che mi convenne fare fu tenere gli occhi bassi e sperare che finisse tutto nel minor tempo possibile. Anche se fosse finita male, come da presupposti.

Perché era palese che il mio castello di menzogne sarebbe di lì a poco caduto.

Fortunatamente, un ulteriore invitato alla cena degli O'Connor e che non avevo avuto il piacere di conoscere, non venne arrestato in quanto rimasto all'interno del locale per saldare il conto insieme alla moglie. Cosicché poterono prendersi cura di Will in attesa dei genitori i quali, per intenderci, una mi fissava con occhi pieni d'odio e ansiosi di uccidermi e l'altro ogni volta che posavo gli occhi su di lui fingeva di non star passando il suo tempo a fissarmi. Più sentivo la distanza tra me e lo stilista più mi rendevo conto di quanto avessi sbagliato con lui. Con tutti.

<<Giuro che se non ci fate uscire da qui subito, chiamo il mio avvocato!>> saltò in piedi Travis con il naso gocciolante di sangue, che tentava di tamponare con un fazzoletto.

<<Direi che gli O'Connor sono fregati da questo punto di vista>> sogghignò Raquel con gli occhi fissi sul pavimento, alludendo al fatto che Logan fosse lì dentro con noi.

<<Taci che è solo colpa tua>> la azzittì serio il moro contraendo la mascella.

<<Solo perché voi maschietti non sapete controllare la rabbia, non dovete prendervela con noi>> gli fece notare Candice divertita.

<<Chi avrebbe chiesto la tua opinione?>> tuonò brusco Lucas correndo in soccorso all'amico.

<<Calmati, O'Connor, siamo sulla stessa barca... o nella stessa cella, decidi tu>> alzò le spalle indifferente.

<<Oh perdonate! Non tutti non hanno nulla da fare nella vita>>.

<<E perché lo dici a noi? Qui probabilmente siamo le uniche a lavorare davvero>> rise risentita dall'atteggiamento del moro.

Grace ovviamente non poté farsi gli affari suoi. <<Ah! Battere quindi è considerato un lavoro adesso?!>>.

Raquel saltò in piedi con occhi furenti di rabbia. <<Sì, da quando hai cominciato tu ha assunto dignità lavorativa>>.

<<Ma come ti permetti?!>> urlò irritata con quella voce da gallina che proprio non tolleravo.

Sbuffai senza fare troppo caso allo sguardo di fuoco della bionda che subito recuperò il controllo. <<Che cosa hai da sbuffare tu? Se siamo qui è solo colpa tua>> mi fece notare, con tutte le ragioni del mondo.

<<Se aveste lasciato risolvere lei al posto di intromettervi tutti, non sarebbero arrivati a tanto>> ci tenne a sottolineare Lucas di mia sorpresa. E vi dirò che non riuscii a nascondere lo sgomento. Non pensavo che mi sarebbe venuto in aiuto. Non dopo quello che gli avevo fatto e soprattutto dopo aver scoperto che Abigail Davis non esisteva.

<<La difendi ancora nonostante abbia mentito a tutti?>> sorrise sotto i baffi Douglas seduto in un angolo accanto alla moglie.

<<Suvvia! Era palese che non fosse un'orfanella che viveva nei sobborghi infausti di Londra>> alzò li occhi al cielo Raquel che non aveva smesso un attimo di aiutarmi di fronte agli attacchi di tutti, anche dei miei amici.

<<Dirlo sarebbe stato carino>> brontolò Jace nervoso e ferito da tutte le mie bugie. Potevo capirlo anche se faceva male, tanto male.

Dei passi lungo il corridoio ci zittirono subito. Un uomo alto e dall'aspetto curato passò gli occhi per tutta la cella con sguardo attento ed inquisitorio. Si fermò giusto quando il suo sguardo si posò su di me e con due grandi occhi color ghiaccio mi fece gelare il sangue nelle vene.

<<Sono il procuratore distrettuale>> si presentò impassibile, <<Avrei alcune domande da porle, quindi se vuole seguirmi>>.

<<Conosco i miei diritti>>. Insomma non potevo continuare a starmene in silenzio buona buona rischiando di essere linciata da una folla che già mi odiava. Dovevo uscire da lì e c'era un solo modo per farlo. Uscire da una prigione per entrare in un'altra non era il massimo delle aspirazioni ma, almeno i miei amici sarebbero usciti da quella cella fredda e puzzolente e Lucas avrebbe potuto portare a casa Will. <<Ho diritto ad una telefonata>>.

<<Se vuole chiamare l'ambasciata inglese in America, la informo che è già stato fatto>>.

Presi un bel respiro e col cuore in gola mi alzai da quella panca fredda ed in metallo. L'uomo aprì le sbarre per poi richiuderle quando fui uscita.

<<La ringrazio ma, vorrei mettermi in contatto con il Ducato scozzese di Hamilton>> sospirai solenne con una strana scarica di adrenalina in corpo. Mi ero quasi dimenticata che effetto facesse pronunciare ad alta voce la mia vera provenienza.

<<Motivazione?>>.

<<Perché i miei genitori mandino qualcuno a prendere la figlia ingrata e ribelle che ha deciso di attraversare l'oceano pur di non adempiere ai suoi obblighi e doveri>> spiegai con naturalezza e nervosismo essendo ancora in prossimità della cella.

Gli scappò un sorriso divertito.<<E lei vorrebbe farmi credere di essere una duchessa?>>.

<<Futura duchessa, per la precisione>>.

<<Questa è la sua unica dichiarazione?>>.

<<Non ho altro da aggiungere sino all'arrivo di un avvocato>>. 

C'era una cosa che ero fiera di aver imparato da mia madre: rispondere sempre a testa alta anche di fronte a chi non crede alle tue parole perché "Abigail, il mondo è pieno di disillusi ed invidiosi che non avranno mai il coraggio di ammettere di aver torto o che tu possa essere molto più di quello che appari".

Ero stanca di fingermi un'altra. Ormai avevo perso tutto ciò che avevo. Tanto valeva recuperare quello che in più di vent'anni non avevo mai considerato importante e che, per un fugace bacio di Lucas, avrei rimesso in discussione un miliardo di volte ancora.

~¤~

Quando il commissario chiuse la porta del suo ufficio, lasciandoci soli, il coraggio avuto precedentemente un po' andò a scemare. Non ero più molto convinta di aver fatto la scelta giusta. Avrei potuto risolvere in molti altri modi che esulavano dal rivelare ai miei genitori la mia posizione.

L'uomo mi fissò per un lungo istante forse per capire se le mie parole di poco prima fossero almeno vicine alla verità od una pura frottola data dal panico. Il procuratore era al suo fianco in piedi con uno sguardo truce e fremeva dalla voglia di rimettermi tra le sbarre. Sperai solo che non scoppiasse un incidente diplomatico a causa mia.

<<Signorina, se si ostina a mentire dovremo prendere provvedimenti>> ripeté per la quarta volta l'uomo.

Tacqui ovviamente. Qualsiasi cosa che avessi detto sarebbe stata usata contro di me. Ne ero certa.

Qualcuno bussò alla porta dell'ufficio, interrompendo il procuratore che di nuovo stette per inveire contro di me. Un poliziotto entrò facendosi piccolo piccolo di fronte all'espressione truce dell'uomo. Doveva essere molto temuto da quelle parti se tutti, commissario compreso, si chinavano di fronte a lui.

<<Che vuoi, Stone?!>>.

<<Signore, c'è un uomo che dice di essere parente della signorina>>.

Stranita mi voltai verso la porta mentre il commissario invitava Stone a far passare questo mio supposto parente. Ero abbastanza sicura di non aver parenti in America. O almeno ne ero convinta finché dalla porta non fece il suo ingresso James Hamilton secondo in linea dinastica per il ducato di Douglas Hamilton, nonché il mio cuginetto Jamie.

<<Buonasera, cara cugina. Signori>> esordì con quella sua solita aria da seduttore.

<<Il suo nome è?>> lo fissò scettico il procuratore pronto a cacciarlo il prima possibile.

<<Ci stavo giusto arrivando. Sono James Alexander Douglas Hamilton, secondo in linea dinastica per il ducato scozzese di Hamilton>>. La sua solita teatralità non l'aveva persa con gli anni né il desiderio di avere il mio titolo nobiliare un giorno, ovviamente.

L'uomo sbuffò irritato passandosi una mano sul viso. <<Oh perfetto. Un altro che dice di essere un reale britannico. Non avete ancora finito con le menzogne?>>.

<<Non capisco di che cosa stia parlando ma, posso assicurarle che, arrestare la futura duchessa di Hamilton e trattenerla contro la sua volontà non penso possa essere positivo per la sua carriera>> spiegò risoluto mio cugino, fissando l'uomo con un'espressione ovvia.

Ma il procuratore dovette prendere la difesa di James in altro modo perché subito drizzò la schiena. <<Mi sta per caso minacciando, signore?>>.

Mi schiarii la voce e mi intromisi prima che nel volermi aiutare facesse rinchiudere entrambi. <<Assolutamente no, signor procuratore. Mio cugino non voleva in alcun modo mancarle di rispetto. Però quello che le ho detto io e che ha ribadito il signore qui presente è la verità e se gli agenti a cui ha chiesto di informarsi poco fa, hanno terminato la chiamata al Ducato di Hamilton, potranno confermare le nostre parole>>.

Lanciai un'occhiataccia a mio cugino perché non gli venisse in mente di dire altro.

<<Si sieda, signor Hamilton. Il commissario adesso andrà a parlare con chi di dovere>>.

<<Douglas Hamilton. State trattenendo anche me adesso?>> li guardò basito James, forzando un sorriso divertito.

<<Affatto. Lei vuole collaborare, giusto?>>.

Farci segno a mio cugino di obbedire e il ragazzo senza ribattere si sedette al mio fianco, mentre il commissario uscì dall'ufficio sotto preciso ordine del procuratore. Quest'ultimo poi si limitò a controllare i documenti di mio cugino verificando che fossero veri e costatando con disappunto non avessimo mentito, o per lo meno che James non l'avesse fatto.

Scocciato volse lo sguardo verso di noi. Per una volta potevo dire di essere felice di possedere un nome tanto importante in Gran Bretagna, meno però delle parole che seguirono.

<<Abbiamo l'ordine di trattenere la signorina sino all'arrivo del console britannico, cosa che avverrà solo domani mattina>> ci comunicò con disappunto.

<<Non potete trattenerla. È una futura duchessa non una spregiudicata!>> sbottò indignato James. Era sempre stato iper protettivo con me, sin da bambini nonostante la mia nascita avesse rovinato i piani della mia cara zietta di volermi surclassare in linea dinastica. Uno pensa che nel Ventunesimo Secolo i nobili vadano tutti d'amore e d'accordo. Beh, nulla di più lontano dalla realtà.

Parto prematuro il mio che poteva concludersi con la mia sciagurata morte. Ma per la sfortuna di molti ero ancora lì, anche se con davvero poca voglia di prendere quel dannato titolo.

<<Gli ordini arrivano dal Ducato di Hamilton, che sua cugina ci ha chiesto di contattare>>.

<<Mi assicurerò io che non sparisca>>.

<<Non si preoccupi, non saremo noi a rinchiuderla in una cella da innocente. Se ne occuperà il signor Joshua Wilson, è arrivato poco prima di lei con una delega da parte del vostro amato ducato>> sorrise compiaciuto, mentre un agente entrava nella stanza. <<Scarica il problema "duchessa scozzese" nelle mani di chi di dovere. Ho già perso troppo tempo>>.

<<Mi segua, signorina>>.

<<Ed io che cosa dovrei fare?!>> sbottò ancora una volta risentito, mio cugino.

Non ci stavo capendo più nulla. Prima l'arresto, poi l'arrivo di James ed infine il coinvolgimento di Joshua. Non vedevo quest'ultimo da anni, precisamente da quando da marchese qual era aveva rinunciato al suo titolo, che gli spettava di diritto, ed a un matrimonio combinato con la sottoscritta. Non che ci fossi rimasta male, non avevo intenzione di sposarmi a vent'anni anche se conoscevo Josh da tutta la vita. Diciamo che il suo rinunciare ad ogni cosa, tutto ad un tratto, mi aveva fatto pensare. Forse era stato in quel momento che avevo cominciato a covare desideri di fuga dal mio mondo. E sì, va bene... Mi ero sentita leggermente rifiutata. Anche perché avevo scoperto tutto a cose fatte.

<<Potresti farmi un favore...>> proposi mentre mi alzavo sotto preciso ordine del procuratore.

<<Di che genere, cugina?>>.

Sorrisi sperando di non essere mandata al diavolo. <<I miei amici sono ancora dentro. Perciò...>>.

<<Mi devi un grossissimo favore>>.

<<E tu devi spiegarmi come hai fatto a trovarmi. Direi che siamo pari, cugino>>.

Non ebbi il tempo di sentire la risposta perché l'agente non sembrava in vena di attendere. Così mi ritrovai a seguire quello sconosciuto fino alla sala d'aspetto dove ad attendermi, come mi era stato annunciato, trovai Joshua. Un po' invecchiato ma con quel sorriso che sin da ragazzina non faceva che mettermi a mio agio e calmarmi.

<<Sapevo che un giorno ci saremo rivisti. Pensavo più un tè con i pasticcini ma, anche un commissariato di Chicago mi sta bene>> scherzò sfilandosi la giacca per poggiarmela subito dopo sulle spalle.

<<Vedo che non hai perso il tuo pessimo senso dell'umorismo>>.

<<Ed io che sei sempre più bella>> strizzò l'occhio divertito.

<<Non eri sposato?>>.

<<Felicemente sposato ed innamorato di mia moglie. Ci aspetta in auto, non mi piacciono questi posti>>.

Mi fece un cenno con il capo verso un'auto parcheggiata proprio di fronte al commissariato. Mi voltai per un secondo verso l'agente che attendeva solo di lasciarmi nella mani del mio tristo mietitore ed annuii. Lo seguii subito dopo fuori dall'edificio e lasciai che mi aprisse lo sportello della vettura.

Ad attendermi trovai una donna dai lunghi capelli biondi ed uno sguardo gentile, e Will, addormentato sulle gambe di quest'ultima. L'avevo vista solo poche ore prima, all'Elite. Avevo pensato fosse lì per caso, che non c'entrasse nulla con gli O'Connor ma mi ero sbagliata. Joshua raggiunse lato del passeggero sui sedili davanti, accanto all'autista che subito dopo partì.

<<Voi dovete essere la famosa duchessa scomparsa>> mi sorrise dolcemente, parlando a bassa voce per non svegliare il bambino.

<<Abigail, lei è mia moglie Karen>> semplificò le cose Josh parlando a voce leggermente più alta ed inconsapevolmente svegliando il bel addormentato.

Will si stropicciò gli occhi mettendo a fuoco la situazione. Guardò negli occhi la donna confuso e smarrito prima di dire qualcosa. Mi fece tanta tenerezza.

<<Dov'è il mio papà?>>.

<<Dormi con noi stanotte. Non ricordi che cosa ti ha detto il tuo papà?>> domandò dolcemente la donna.

<<Sì, ma io volevo salutarlo...>>.

Sorrisi tristemente constatando che fosse tutta colpa mia se non aveva potuto vedere il suo papà.

<<Hey piccolino>> lo chiamai facendolo così voltare verso di me. Gli vidi illuminarsi gli occhi dal sollievo e in un attimo me lo ritrovai tra le braccia spaventato e molto stanco.

<<Vi conoscete bene>> costatò con un sorriso confuso, Joshua,  guardandoci dal sedile anteriore.

<<Lei è la fidanzata del mio papà. Come eri tu, Karen>>.

Seguirono minuti di silenzio imbarazzante sia per me che per la donna seduta al mio fianco e che ormai avevo catalogato come il grande amore Lucas da tempi memorabili. Will tra le mie braccia di riaddormentò in poco tempo lasciando l'argomento in bilico sul ciglio di un burrone.

<<Quindi tu sei la famosa Karen>> commentai alla fine non riuscendo proprio a trattenermi.

<<E tu la donna per cui Lucas ha perso la testa>>.

Ed anche se nessuna delle due ebbe il coraggio di dirlo, il pensiero che vorticava nella testa di entrambe era uno solo...

Quanto poteva essere piccolo il mondo?

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