La Principessa Che Non Credev...

By Live_And_Fly_Away

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Abigail ne era convinta. La sua sarebbe stata la storia di una ragazza che realizza il suo sogno. Di una rag... More

1. Benvenuta a Chicago
2. Dov'è finito Lucas O'Connor?
3. Tu non mi piaci
4. Hai già detto abbastanza
5. Credici rossa
6. Mi sta importunando
7. Mio figlio è scomparso
8. Complici
9. Birra e Confessioni
10. Sguardi
11. Inviti o scuse?
12. Scelte sbagliate
13. Problemi
14. Richieste d'aiuto
15. Non andare via...
16. Te l'avevo detto
17. Ho solo avuto paura
18. Amici?
19. L'ho fatto per te
20. Beneficio del dubbio
21. Masochista?
22. È diverso
23. Il Riscatto
24. Pranzo col botto
25. Odi et Amo
26. Il romanticismo non fa per noi
28. Una parola di troppo ed è subito...
29. Quanto è piccolo il mondo
30. Vedere senza mai guardare
31. Stupido ad ammetterlo
32. Non avevo mai creduto alle favole
33. Difficile per lei
34. Non averti mai incontrato
35. Per volere del destino
36. Siamo l'opposto della perfezione
Epilogo

27. I guai non vengono mai da soli

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By Live_And_Fly_Away

ABIGAIL

Sinceramente, non potevo credere di averlo fatto davvero. Quando avevo lasciato il letto e la casa di Lucas il giorno dopo, mi ero sentita l'essere più raccapricciante del mondo. Non lo credevo possibile. Mai in tutta la mia vita ero stata tanto codarda. Io amavo Lucas, perdutamente, ma non potevo rischiare che lui venisse a sapere ogni cosa e che, soprattutto, Douglas rivelasse ai miei genitori dove mi fossi nascosta. Avevo dovuto prendere una decisione e che fosse giusta o sbagliata questo poco importava. Non sarei tornata sui miei passi, il danno era ormai fatto. 

Come gli avevo chiesto, Lucas non aveva neppure provato a cercarmi. Ne ero sollevata, non ero sicura di poterlo affrontare. Non ancora almeno. Se solo l'avessi guardato negli occhi, molto probabilmente sarei crollata in un pianto disperato. Sapevo benissimo che lui era solo la prima delle cose a cui avrei dovuto rinunciare molto presto. Appena i miei mi avessero trovato o Douglas non avesse tenuto fede al patto, sarei dovuta partire, lasciandomi tutto alle spalle per sempre. Da quel momento in poi potevo anche definirmi morta o - per essere meno tragici - una moderna versione di Raperonzolo. Chiusa in una torre per il resto della vita, sia fisicamente che figuratamente se si pensa all'imminente matrimonio che i miei si stavano prendendo la briga di preparare. Mentre io mi trovavo lì: sdraiata sul mio letto a fissare il soffitto della mia stanza. Mi chiedevo se per caso i miei coinquilini avessero mai scoperto la verità su di me, mi avrebbero condannata anche loro. Ero una bugiarda che li aveva ingannati dal primo giorno. Raquel faceva bene a non fidarsi di me. Io stessa non sapevo se fidarmi. Avrei finito per soffrire e, paradossalmente, potevo dire che fosse tutta colpa mia. Avevo voluto io quella libertà fittizia, era alquanto probabile che avrei finito col fregarmi da sola.

<<Stai bene, principessina?>> si schiarì la voce qualcuno sulla porta. Sapevo bene chi fosse e dato il suo tono dovevo parere davvero uno straccio.

Mi decisi a mettermi seduta, sfruttando l'azione per asciugarmi le lacrime. Basti sapere che non servì a nulla. Di fronte alla sua espressione evidentemente preoccupata, finii per scoppiare di nuovo in una valle di lacrime.

<<N-no, non sto affatto bene>> piagnucolai senza sapere come la ragazza avrebbe reagito. Penso che fosse tutto il giorno che non mettessi fuori il naso dalla stanza, quindi potevo comprendere la sua preoccupazione. Il fatto che però fosse venuta ad accertarsi che fossi ancora viva, mi aveva portata a sfogarmi. Avevo bisogno di parlarne con qualcuno, non ce la facevo più!

Vidi Raquel trasalire e muoversi nervosa sul posto per alcuni istanti. Okay, forse potevo aver esagerato un pochino, ma ero davvero disperata. Troppi segreti per una sola persona. 

Poi però, di mia sorpresa, la vidi avvicinarsi con la coda dell'occhio. Con un po' di riluttanza, data forse dall'imbarazzo, si sedette di fronte a me e si fermò a fissarmi. Sembrava seriamente preoccupata. Non pensavo che potesse importarle così tanto di me. Era... strano. Forse è questo che fanno gli amici? Quelli veri intendo, non quelli che ti impone l'etichetta.

<<C'entra O'Connor?>> andò subito al sodo, come il suo solito.

<<Potrei dirti di sì ma sinceramente è tutta colpa mia. Non posso incolpare lui per un mio sbaglio>>.

Sorrise amaramente, come se sapesse già tutto. <<Gli uomini sono bravi a farsi passare per innocenti. Quindi probabilmente non è davvero colpa tua>>.

Scossi il capo con forza. Non era affatto colpa di Lucas. La sua unica mancanza? Essersi fidato di me. <<Credimi Raquel, è tutta colpa mia. Lo è sempre ma, questa volta, ho fatto proprio un bel disastro...>>. 

<<Se mi dicessi che cos'è successo, magari potrei aiutarti>> propose con tatto. Sapeva che non parlassi volentieri della mia vita. Lo sapevano tutti e lo rispettavano ma poi non potevo pensare di essere compresa se non ero prima di tutto sincera.

Mi alzai di scatto dal letto mettendomi a camminare come una pazza per la stanza. Con fiato corto chiusi la porta a chiave senza smettere di formare un solco sul pavimento. Non sapevo come cominciare ma era il momento di essere sincera, almeno con lei. Non ne potevo più di mentire. Avevo un peso enorme sul petto e non potevo andare avanti così.

<<Vi ho mentito>> esordii forse non nel modo migliore. Raquel però non si scompose, si limitò a sospirare e ad invitarmi a proseguire. 

Come inizio... non c'è male.

<<Vi ho mentito su tutto. Penso che l'unica cosa che vi abbia detto di vero su di me, è che mi chiamo Abigail>> volli specificare.

<<Davis?>> domandò basita. Sospirò di nuovo quando mi vide scuotere il capo colpevole. <<Quindi chi sei?>> sorrise nervosa passandosi una mano tra i lunghi capelli corvini.

<<Il mio nome è Abigail Marie Douglas Hamilton. Unica figlia di Alexander e Margaret Hamilton. Futura duchessa di Hamilton>> e da qui in poi le raccontai tutto, per filo e per segno. Non volevo tralasciare niente, doveva sapere tutto. Anche se questo sarebbe equivalso a diventare l'essere ignobile che già mi sentivo, non avrei più mentito. Ero stanca, di tutto.

Il suo sguardo era tipico di una persona che non credeva ad una sola delle parole che stavo pronunciando ma non mi importò. Se mai non mi avesse creduto, almeno sarei stata sincera. Il problema fondamentale era un altro: chi crede ad una bugiarda? Perché io potevo essere tante cose ma soprattutto avevo raccontato un'infinità di menzogne. Proprio a coloro che con me non avevano fatto altro che comportarsi bene. 

<<Quindi fammi capire bene...>> sbuffò ormai seduta informalmente sul mio letto, con le gambe incrociate. Sembrava sull'orlo dell'esaurimento. <<Tu sei una contessa...>>.

<<Duchessa. Il titolo nobiliare è più alto...>>.

<<Perdonami, una duchessa. E nella noia del tuo bel castello in mezzo alle praterie inglesi, hai deciso di attraversare l'oceano per conoscere Marcus O'Connor e mostrargli i tuoi disegni. Scusami ma è la cosa più assurda che abbia mai sentito. Sicura di non aver battuto la testa?>> domandò ironica guardandomi come se fossi un'aliena. Decisi così di alzarmi e recuperare il mio amato passaporto dal fondo della mia valigia. L'avevo nascosto al meglio che avevo potuto, lontano da occhi indiscreti e di chiunque non si fosse fidato di me, con ragione si intende.

Appena riuscii a trovarlo glielo porsi senza aggiungere altro. C'era scritto tutto lì sopra. Non potevo aver falsificato anche il passaporto, no? A quel punto o mi avrebbe creduta una pazza scatenata o...

<<Chi cavolo te l'ha fatto fare di lasciare la tua vita per questo buco?!>> sbottò lasciando ricadere il libretto. Mi fissava con occhi spalancati e la bocca aperta a formare una "O". Era basita, esterrefatta. Sapevo che non mi avrebbe capita, chiunque mi avrebbe guardata così. Anche Lucas.

<<Volevo assaggiare la libertà prima di rinchiudermi per sempre nell'oscurità della mia posizione, composta da solitudine e ristrettezze. Volevo essere me stessa, per una volta>>.

<<Hai sedotto O'Connor ed io non sono una sua grande fan ma, sapendo di non poter portare avanti nulla, mi sembra crudele anche per uno come lui>>. Era ovvio che sarebbe andata a giudicare il mio unico errore in quel viaggio. Chiunque avrebbe detto anche di peggio, quindi ero felice che almeno fossimo amiche. Sempre che lo fossimo ancora.

<<Che cosa pensi? Che io abbia solo giocato con lui? Mi sento un mostro per quello che gli ho fatto...>> sospirai sdraiandomi e posando il capo sul cuscino. Avevo le lacrime agli occhi, erano ore che tentavo invano di trattenerle. Non era giusto che dovessi soffrire così. 

<<Non ho detto questo...>> si inumidì le labbra forse cercando le parole migliori per quella situazione. Non ce n'erano, era inutile cercarle. Il danno ormai era fatto. <<Lo ami?>>.

Domanda a quel punto dalla semplicità inaudita ma che mi faceva venire i brividi. Lo amavo certo ma quell'amore non aveva futuro quindi che senso aveva rispondere affermativamente. Era solo un ulteriore patimento per me.

<<Il punto non è questo>> sospirai rialzandomi. Fissai con troppo interesse il piumone sul letto senza dire nulla. Come si mette in piedi un discorso senza parere dei grandissimi egoisti?

<<Douglas è il problema, giusto?>>. Le avevo parlato anche di quel piccolo particolare. La minaccia del primogenito degli O'Connor. 

<<Sa tutto oramai, può usare questa informazione come vuole. E so benissimo che non si fermerà a questo ma che chiederà altro>>.

<<Che poi, a lui che cosa importa di Lucas? Non era favorevole al "che faccia quello che vuole tanto sono io il preferito di papà"?>>.

<<Gli sarà scattato lo spirito di conservazione famigliare>> alzai le spalle non sapendo come giustificare il suo improvviso interesse per il fratellino minore.

<<In sostanza ti ha detto: o lasci Lucas o chiamo la tua nobile famiglia?>>. Più o meno, avevo tralasciato la storia del Cole's. Loro non avrebbero mai dovuto saperlo. Me l'avrebbero impedito, li conoscevo. Meglio che pensassero che Grace avesse desistito dal comperare l'intero edificio.

<<La smetti di dire la parola "nobile"? Mi metti in imbarazzo>> abbassai il capo sentendomi terribilmente diversa. Come se non mi considerasse più una sua pari. Era terribile, senza dubbio.

<<Non dirmi che ti vergogni di te stessa?>> sorrise ironica.

<<No, mi infastidisce il modo in cui la gente mi tratta. Sono fatta di carne ed ossa anch'io e la storia con Lucas lo dimostra>>.

<<Beh, rossa, ringrazia di non essere nata dove sono nata io. Volevo vederti con un coltello in tasca mentre camminavi per la strada a soli quindici anni>> disse mentre si stava già alzando dal materasso.

Si passò una mano tra i capelli, ravvivandoli un po'. Era tesa, forse perché non aveva idea di che cos'altro potesse aggiungere. <<Che cos'hai intenzione di fare adesso?>>.

<<Aspettare e, soprattutto stare lontana da Lucas>>.

<<Credi che sia la cosa migliore? Voglio dire, potrebbe essere la tua unica possibilità per essere sincera con lui e chissà, magari ti sei trovata il tuo marchese>> esclamò ammiccante facendomi l'occhiolino.

<<Lucas non è un marchese ma su una cosa hai ragione. Senza un titolo nobiliare non potrà mai essere la mia "media naranja" come dicono in Spagna. Ed anche se gliene dessero uno di comodo dovrebbe rinunciare a tutto ciò che ha, carriera compresa. Non gli chiederei mai tal sacrificio ed i miei "nobilissimi" genitori non lo accetterebbero mai>> le feci notare tristemente. Non c'era via d'uscita per il nostro amore. Inutile cercare soluzioni. Caso chiuso, in gergo poliziesco. Okay... stavo degenerando.

<<Ahi mami! Sai anche lo spagnolo? Si può sapere in che cosa non sei brava?>> domandò divertita beccandosi un'occhiataccia da parte mia, <<A parte nelle relazioni interpersonali si intende>>.

<<Grazie Raquel, dopo questo lungo colloquio posso dire di essere molto più depressa di prima...>>.

Mi fece una linguaccia sempre più divertita dalla situazione ed, ahimè, potevo dirlo di esserlo anch'io a mia volta. <<Come sempre, è stato un piacere. Almeno c'è l'ombra di un sorriso sul tuo volto segnato dalle delusioni amorose>>.

<<Vattene che mi sto già pentendo di averti detto tutto>> la minacciai con un piccolo sorriso sul punto di spuntare fuori.

<<Tranquilla principessina, il tuo segreto con me è al sicuro>> mi fece l'occhiolino con un sorriso rassicurante. Per la prima volta in tutta la mia vita penso, fui certa che fosse servito a qualcosa. Raquel non avrebbe detto nulla, ne ero sicura. Adesso dovevo solo sperare che Douglas facesse la sua parte e tacesse, incrociando le dita e pregando che nel frattempo non ci fossero altri imprevisti. 

Non ne potevo davvero più di mentire e nascondermi ma, non potevo fare altro. Non avrei rinunciato così facilmente alla mia tanto agognata libertà. Questo era poco ma sicuro.

 LUCAS

Temo che il cielo di Chicago non fosse mai stato così spento come quel giorno. Provavo... non so neanche più che cosa provassi. L'ennesima delusione d'amore. Poteva esserci di peggio? Ne dubito fortemente, soprattutto perché quella volta avevo creduto davvero che fosse reale. Credevo sinceramente che lei potesse amarmi. Ed invece, come al solito, mi ero ritrovato solo, senza sapere bene come comportarmi. Entrare in ufficio fu un patimento. Non avevo voglia di vedere né parlare con nessuno ma, Douglas sempre pronto ad intromettersi nella mia vita, mi aveva mandato un messaggio perché lo raggiungessi. Sperai solo che non volesse vedere qualche mia nuova creazione perché saprebbe rimasto di sasso al solo sapere che non toccassi matita da dopo la sfilata. Penso fossi il peggior stilista dell'ultimo decennio. Non sapevo neppure fare il mio lavoro. Ero un fallito, ecco tutto.

Nora mi aveva detto che si trovasse in sala riunioni con alcune vecchie conoscenze. Così avevo virato verso di essa senza salutare nessuno. Già da alcuni metri di distanza si potevano sentire le voci e le risate di coloro che si trovavano all'interno. Non ero per niente in vena di scherzare ma, come si suol dire, dovevo fare buon viso a cattivo gioco. Solo quando misi piede all'interno della grande e luminosa sala riunioni mi resi conto che non fossi pronto. Sembrava fatto tutto apposta, diamine! Non potevo affrontare anche loro. Che poi, quando erano tornati?!

<<Oh, Lucas, finalmente>> mi accolse con un sorriso vittorioso mio fratello, mentre il resto dei presenti si voltava verso di me. Mio padre era preoccupato mentre quello degli altri due presenti piacevolmente sorpresi.

<<Karen...>>. Okay, forse sarei potuto essere un po' più loquace o dire qualcosa di più intelligente. Ma non la vedevo dal suo matrimonio, non avevo potuto reagire diversamente.

<<Lucas, che bello vederti. Ti trovo bene>> mi sorrise la donna sistemandosi i capelli biondi che negli ultimi mesi doveva essersi tagliata. La guardai dritto negli occhi scuri e sereni. Avrei voluto darle ragione, che stessi davvero bene. La verità è che stessi morendo dentro già per la storia di Abigail, rivedere lei era stato un colpo al cuore.

Qualcuno al suo fianco si schiarì la voce obbligandola a distogliere lo sguardo. A quel punto la donna, con un sorriso, allungò la mano verso l'uomo facendolo avvicinare. Mi parve imbarazzata, ma solo per un istante. Sul suo viso infatti, si dipinse un'espressione davvero felice. Non penso di averla mai vista tanto contenta, neppure quando stavamo insieme.

<<Lucas, ti ricordi di Josh, mio marito?>>.

Se me ne ricordavo? Come si può dimenticare l'uomo che ti ha portato via la donna che ami? Non puoi, fine della storia. Joshua era inglese. Era un marchese che per amore del mondo e di Karen aveva rinunciato al suo titolo. Si erano conosciuti durante uno dei numerosi viaggi della mia ex. Era una disegnatrice di gioielli, avevo pensato per anni che un giorno avremmo lavorato insieme. Rinunciare a tutto quando Grace era rimasta incinta di Will era stato un trauma. Tutto ciò per cui avevamo lavorato, rovinato per un mio errore. Ero l'unico colpevole di tutta quella storia, quindi non potevo lamentarmi più di tanto. Lei aveva fatto un affare scegliendo lui e non la biasimavo.

<<Certo, è un piacere rivederti>> gli porsi una mano sentendomi in parte inferiore a lui. Biondo, alto con un sorriso da principe azzurro. Come avevo potuto pensare di competere con lui?

<<Trovo fantastico che tu la pensi così>> batté le mani con forza mio fratello attirando tutta l'attenzione dei presenti, <<Ho grandi progetti per noi>>. Sorriso soddisfatto ed aria vincente. Douglas ne aveva fatta un'altra delle sue ed io cominciavo seriamente a preoccuparmi.

Tutti lo fissavano curiosi mentre dentro di me montava sempre di più il panico. Ma ovviamente al peggio non c'è mai fine. Me ne resi conto quando la porta in vetro della sala riunioni si aprì di nuovo.

<<Perdonate il ritardo>> disse sollevata una voce femminile che conoscevo fin troppo bene. 

<<C'era traffico>> spiegò poi il suo accompagnatore. Fissai basito le due figure entrare mentre mio fratello dichiarava che oramai ci fossimo tutti.

Il primo istinto fu quello di tirare un urlo di frustrazione e accusare Douglas di volermi morto. Perché solo una persona che vuole ucciderti ti farebbe una cosa del genere. E se non voleva uccidermi avrebbe trovato spassoso farmi finire in psichiatria. Anche perché, altrimenti, non mi spiegavo la presenza in quella stanza delle persone che odiavo di più al mondo. Io, la mia ex fidanzata con suo marito, la mia ex moglie e il mio ex amico, tutti nello stesso posto.

<<Possiamo cominciare?>>.

 ~¤~

Questa volta aveva davvero esagerato. Avevo una gran voglia di mettergli le mani al collo e farla finita con la sua vita fatta di cattiverie nei miei confronti. Non potevo tollerarlo. L'aveva fatto di proposito anche se ancora non capivo se sapesse o meno della mia rottura con Abigail. Non mi avrebbe sorpreso il contrario però.

<<Fai sul serio?>> lo raggiunsi proprio mentre stava per rinchiudersi nel suo ufficio.

<<Ho una videoconferenza tra poco. Possiamo parlarne in un altro momento?> mi interruppe togliendosi la giacca.

<<Perché questo nuovo progetto? Le vendite stavano andando alla grande!>>.

Sospirò appendendo la giacca all'appendiabiti per poi raggiungere la sua scrivania. <<Rispondi ad una semplice domanda: hai qualche bozzetto pronto per la nuova collezione?>>.

Stronzo. <<No...>>.

Il suo sorriso soddisfatto... quanto avrei voluto farlo sparire.

<<Appunto. Prendila allora come una sfida. "Back to family" sarà di ispirazione e così coinvolgiamo sia la Marquis's Jewels, un'icona in Europa, che le strampalate idea della tua ex moglie. Vinciamo tutti!>> esclamò soddisfatto sfregandosi le mani.

<<Ed io finisco nel reparto psichiatrico dell'ospedale>> conclusi risentito. A lui importava solo dell'azienda e del suo lavoro. Per lui ero solo un dipendente inutile e facilmente rimpiazzabile.

<<Lucas, non essere melodrammatico. Andrà tutto bene ed insieme riporteremo la "O'Connor's Creations" al posto che merita>>.

<<A te non importa proprio niente di me, non è così?>>. Non era un'accusa, semmai una pura e semplice costatazione.

<<C'è troppo in gioco, Lucas. Non è il fatto che mi importi o meno di te. Sei mio fratello ma questa è la nostra azienda e senza di lei non saremmo nulla>> sospirò serio sedendosi sulla sua poltrona, da dove dirigeva e rovinava la vita di tutti i suoi dipendenti.

Annuii consapevole del fatto che qualsiasi cosa avrei detto, non sarebbe servita a niente. Gettai così la spugna, non tentando più di replicare. Giusto o sbagliato che fosse, aveva preso la sua decisione, stare lì a discuterne non serviva a nulla.

<<A che ora questa sera?>> domandai così facendomi forza.

<<Per le otto all'Elite>> mi fissò sorpreso. Una cena per brindare al nuovo accordo. Non sarei mai potuto mancare come capo stilista.

Me ne andai senza aggiungere altro ed abbattuto forse più di quanto non lo fossi quando ero arrivato lì. Avevo perso, su tutti i fronti. Adesso avevo due opzioni. O farmi trascinare dalla corrente oppure, cosa forse più saggia, rimboccarmi le maniche e tirare fuori le palle per salvare la mia azienda. Non mi restava altra scelta e sinceramente passare il mio tempo ad autocommiserarmi non mi stava bene. Ero un O'Connor, ero nato per vincere.


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