Stirpe Di Strega

By Stregattto

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Rowan O'Brien ha quasi diciotto anni, vive in Irlanda ed è una strega. O meglio, lo sarebbe se fosse in grad... More

Prologo
Finalmente a casa
Vecchie tradizioni
Professore sospetto
Mabon
Agile come un uccello
Tredici clan pt.1
Tredici clan pt.2
Un'improbabile amicizia
La cena delle rivelazioni
Il Consiglio delle Streghe
L'arcobaleno
Sui monti di Wicklow pt.1
Sui monti di Wicklow pt.2
Cailín pt.1
Cailín pt.2
Macabro falò
Rito d'Iniziazione pt.1
Rito d'Iniziazione pt.2
Strega Guida pt.1
Strega Guida pt.2
Odio te e le tue orribili scarpe vintage pt.1
Odio te e le tue orribili scarpe vintage pt.2
Una famiglia... particolare pt.1
Una famiglia... particolare pt.2
SPECIAL!
Arrivederci
Qualcosa su di me
Benvenuta a casa
Non sarebbe dovuto accadere pt.1
Non sarebbe dovuto accadere pt.2
Rían è al piano di sopra
Il Pub della Strega pt.1
Il Pub della Strega pt.2
Il grande, grosso segreto dei Daoine Sidhe pt.1
Il grande, grosso segreto dei Daoine Sidhe pt.2
Noi siamo quelli strani
Le origini del male
Ti va di venire con me?
La miglior Strega Guida del mondo pt.2
Una banda di selvaggi
Il Gobelin
Tre profezie
Vuotare il sacco
Leipreachán
Terrore e folle passione a Galway pt.1
Terrore e folle passione a Galway pt.2
Terrore e folle passione a Galway pt.3
Il ritorno di Moira pt.1
Il ritorno di Moria pt.2
Sei mai stata innamorata?
Sogni e timori
La Banshee pt.1
La Banshee pt.2
Fammi sentire viva
Il Consiglio straordinario
L'attacco pt.1
L'attacco pt.2
Il giorno più bello pt.1
Il giorno più bello pt.2
Il ballo di Yule pt.1
Il ballo di Yule pt.2
Il Soltizio
Drago d'oro
Il primo Natale del Guerriero
La mia paura più grande
Sono un guscio vuoto
Non mi stai dicendo addio
AVVISO
Sono tornata!

La miglior Strega Guida del mondo pt.1

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By Stregattto

Mentre la moto si allontanava dal centro abitato, correndo per tortuose stradine immerse nel verde, e il vento mi scompigliava i capelli annodandoli fra di loro, io poggiai la guancia contro la morbida pelle della giacca di Rían, respirando il suo profumo e crogiolandomi nel calore che il suo corpo trasmetteva al mio, rendendomi conto che era la prima volta in cui ci trovavamo così vicini.

Mi godetti il viaggio, lasciando che il mio sguardo scivolasse sui massi coperti di licheni al bordo della strada, sulle sterpaglie che l'inverno imminente stava ingiallendo, sui cespugli ormai privi di foglie, sui greggi di pecore che punteggiavano i prati di bianco. Era la mia terra, era il luogo che più amavo al mondo. Era casa mia.

Rían accostò la moto in una piazzola, a circa duecento metri di distanza dalla scogliera, ed io scesi dal sedile, sentendomi per un secondo le gambe molli.

«Lascia fare a me» mi disse il ragazzo, vedendo la mia difficoltà nello slacciarmi il casco.

«Grazie» sussurrai, scuotendo poi i lunghi capelli nella forte brezza che proveniva dall'oceano.

«Come mai siamo qui?» domandai poi, incamminandomi verso la scogliera.

«Non solo per la bellezza del paesaggio» mi rispose Rían con un sorriso, facendomi cenno di proseguire verso una solitaria balla di fieno in lontananza.

L'erba secca scricchiolava sotto le nostre suole, e io inspirai a pieni polmoni l'odore di terra e di mare. All'orizzonte si stavano accumulando spessi nuvoloni neri, ma sopra le nostre teste il cielo era ancora terso e, con il lento calare del sole, una soffusa luce rosea e dorata riverberava sulle colline. L'oceano riluceva come argento fuso e, se osservato dalla giusta prospettiva, era possibile ammirare il riflesso dei colori del cielo, che parevano specchiarsi nella superficie d'acqua lievemente increspata dalle onde.

«È meraviglioso» sussurrai, parlando piano per non spezzare la magia di quel luogo.

Rían chiuse gli occhi: «È il mio posto preferito in assoluto» ammise, sorridendo nel vento.

«Ma, come dicevo prima, non siamo qui solo per ammirare il paesaggio» disse poco dopo, indicandomi la balla di fieno sulla quale era fissato un paglione da tiro con l'arco.

«Vista la tua poca dimestichezza con il combattimento corpo a corpo...» cominciò, ammiccando nel ricordare quante botte avessi preso nell'ultima settimana, «...Ho pensato che forse te la saresti cavata meglio in un combattimento sulle lunghe distanze» concluse.

«Quindi il tiro con l'arco?» domandai, curiosa e allo stesso tempo lusingata del fatto che Rían continuasse a farsi in quattro per aiutarmi.

«Esattamente!» esclamò, facendo comparire dal nulla un arco in legno, con tanto di faretra per le frecce.

«Sei la migliore Strega Guida del mondo!» strillai e, senza riuscire a trattenermi, mi fiondai fra le sue braccia, stringendolo a me in un abbraccio. Rían rimase immobile per una manciata di secondi, sorpreso dal mio gesto, poi, quasi con timore, mi passò una mano fra i capelli: «Non ho fatto nulla di speciale...» borbottò, ma percepii comunque la soddisfazione nella sua voce.

«Tu sei speciale. Non hai bisogno di fare qualcosa per dimostrarmelo» gli dissi, rivolgendogli un sorriso a trentadue denti e fregandogli dalle mani l'arco.

«Non ho la minima idea di come si usi questo coso, ma mi piace!» borbottai, parlando fra me e me.

«Dai, ti insegno io» mi disse Rían, circondandomi con le sue braccia e aiutandomi ad impugnarlo in modo corretto.

«Così... poi tiri verso di te... ecco sì, quasi fino all'orecchio... e scocchi» sussurrò, lasciando la freccia e facendo vibrare la corda.

«Ehi, non siamo male!» esclamai, vedendo che la freccia si era piantata all'incirca a cinque centimetri dal centro.

«Dai, prova tu» mi incitò lui, sedendosi su un masso e lasciando che facessi pratica.

I primi tiri furono abbastanza disastrosi: non mi avvicinai nemmeno lontanamente al centro, e in un paio di occasioni la freccia non colpì nemmeno il paglione, però mi servirono per abituarmi al peso dell'arco e a prendere dimestichezza con esso.

Verso la decima freccia scoccata, cominciai ad avvicinarmi sempre più frequentemente al pallino rosso centrale, e cominciai davvero a prendere gusto.

«Rían, posso barare?» domandai ad un certo punto, folgorata da un'idea geniale.

Lui mi guardò con le sopracciglia aggrottate: «Barare?».

«Posso usare la magia per indirizzare la freccia?» chiesi, fremendo dalla voglia di provarci.

Rían rise divertito: «Non è affatto facile, Rowan... ma puoi sicuramente fare un tentativo».

Due ore e almeno duecento tentativi più tardi, ero riuscita ad affinare la mia tecnica: avevo scoperto di essere in grado di avvolgere la freccia in una sorta di bozzolo fatto d'aria, che potevo indirizzare ovunque volessi sfruttando le correnti d'aria.

«Sta diventando noioso» commentai, osservando la decima freccia conficcarsi nel centro esatto del paglione, dove il colore rosso era ormai solo una macchia indistinta a causa dei troppi colpi a cui era stata sottoposta la paglia pressata.

«Lo sapevo che avrei trovato un modo per farti diventare una Guerriera» commentò Rían, alzandosi dal sasso su cui era stato seduto tutto il tempo e facendo scricchiolare la schiena.

«So solo tirare le frecce... è sufficiente per essere una Guerriera?» domandai scettica, sistemando la faretra che mi stava scivolando a terra.

Rían prese dalle mie mani l'arco e, facendolo roteare su una mano, rispose: «Io non so tirare con l'arco, e Cian non sa nemmeno come si prende in mano. Hai una mira fenomenale, Rowan, e non importa se sfrutti la magia per fare centro: la cosa importante è che lo fai».

Arrossii, conscia che, per la prima volta, Rían fosse davvero fiero di me, e ribadii: «Voglio ancora che tu mi insegni a combattere, però».

«Lo farò, te lo prometto, ma ora sarebbe meglio se tornassimo a casa: si sta facendo tardi, e dobbiamo ancora lavorare sul controllo della fiamma» mi consigliò, attirandomi a sé e stringendomi con affetto.

Posai la testa sul suo torace e per un secondo desiderai che non fosse la mia Strega Guida, ma che fossimo due ragazzi normali, due umani giunti fino a lì per ammirare il tramonto e baciarsi nella luce rosata del sole morente.

Sfortunatamente, la realtà era un'altra, e il fatto che dovessimo tornare a casa per allenarci ne era la conferma. Montai quindi sulla moto e, viaggiando verso il villaggio, lasciai che il vento si portasse via i miei desideri impossibili da realizzare.

Giunti a casa di Daghain, ci esercitammo fino all'ora di cena nell'evocazione della fiamma: stavo imparando, seppur molto lentamente, a controllare la mia forza e a non bruciare tutte le tende del salotto ogni volta che accendevo una candela.

«Sei andata a trovare tuo nonno?» mi domandò ad un certo punto Rían, aiutandomi a pulire il pavimento dalle gocce di cera che vi erano cadute accidentalmente.

«Merda, mi ero completamente dimenticata!» sbottai, picchiandomi una mano sulla fronte e domandandomi come diavolo avessi fatto a non ricordarmi una cosa così importante.

«Non so nemmeno dove abita...» borbottai poi, sbuffando e spostandomi la frangetta dagli occhi.

«Se vuoi ti ci posso portare» mi disse Rían, alzandosi e afferrando la giacca.

Sgranai gli occhi: «Adesso?!» domandai, per nulla preparata all'idea di conoscere un nonno che non avevo mai visto e che avevo creduto morto fino ad un paio di settimane prima.

«Sì, adesso. Non ha senso rimandare ulteriormente, non credi?» mi chiese, porgendomi il cappotto.

Borbottando parole di assenso, afferrai la giacca che mi stava porgendo e mi infilai gli anfibi, lisciandomi poi i capelli nello specchio e lanciando un'occhiata critica al mio riflesso, sperando di risultare sufficientemente presentabile agli occhi di mio nonno.

«Forza, facciamolo» esclamai e, prendendo coraggio, marciai fuori dalla porta d'ingresso e mi arrampicai sulla moto di Rían.

«Ottima decisione» mi disse lui, avviando il motore e lasciando una spessa striscia fra i sassolini del viale d'ingresso della casa di Daghain.

«Mia nonna ti ucciderà!» esclamai, urlando per fari sentire sopra il fischiare del vento e il fragore del motore.

Sentii la sua schiena vibrare sotto la mia guancia e capii che stava ridendo: «Deve solo provarci!» esclamò infatti, e le sue parole mia arrivarono distorte e frammentate a causa della velocità.

Il viaggio fu piuttosto breve e, quando Rían accostò davanti ad una villetta dal tetto in paglia scura e le ante delle finestre di un tenue color crema, sentii le mie mani bagnarsi da un velo di sudore freddo.

«Non ce la posso fare. Non oggi! E se non gli piaccio? E se prende un infarto perché non sapeva di avere una nipote?» sbottai di getto, con l'ansia a mille e le parole che uscivano come un fiume dalla mia bocca.

«Cailín, non credo proprio che tuo nonno si un tipo da infarto dovuto allo shock. Stai tranquilla, andrà tutto bene» mi rassicurò Rían, prendendomi per mano e trascinandomi quasi di peso verso il portico della casetta.

Salimmo gli scricchiolanti gradini e, dopo che ci fummo fermati sullo zerbino davanti alla porta, che recava la scritta "WELCOME!" in uno sgargiante rosso cremisi, Rían suonò il campanello.

Attesi una trentina di secondi e, non udendo alcun rumore provenire dall'interno della casa, esclamai: «Ecco, vedi? Non c'è nessuno, possiamo anche...» ma la porta d'ingresso si spalancò prima che potessi pronunciare la parola "andare".

Mi immobilizzai sul posto, cercando di nascondermi parzialmente, e scrutai l'uomo che aveva aperto la porta dall'incavo della spalla di Rían.

Mio nonno era un uomo alto e secco, dai capelli bianchi come la neve ma ancora folti e lunghi, legati in una treccia che gli sfiorava la spalla, e aveva penetranti occhi color nocciola, molto simili ai miei. Il suo naso era dritto e la fronte spaziosa, e nei suoi zigomi appena accennati riconobbi i miei. Notai delle somiglianze anche nella forma delle labbra e nel taglio degli occhi, e la cosa mi turbò un poco.

«Ciao, Rían» disse l'uomo, rivolgendosi alla mia Strega Guida, e, dopo aver posato lo sguardo su di me, balbettò: «E tu... Tu devi essere Rowan» e notai con un certo sgomento che aveva gli occhi lucidi.

Aprì di più la porta: «Venite, entrate a prendere un tè» ci disse e, nonostante fosse ormai tardi per un tè, accettammo il suo invito ad entrare.

Rían varcò per primo la soglia di casa, e mi resi conto solo in quel momento che stavo ancora stringendo convulsamente la sua mano.

Lasciai la presa e mi misi le mani in tasca, seguendo i due uomini ed entrando in un ampio e luminoso salotto.

«Come... come stai, Rían?» domandò mio nonno, interpellando il ragazzo ma osservando me con la coda dell'occhio.

«Credo di non essere mai stato meglio, Conuil. Tu come stai?» rispose Rían, sorridendo con un certo divertimento nel notare l'imbarazzo fra nonno e nipote.

Mio nonno, Conuil, si passò una mano sugli occhi: «Io...» balbettò, «...Io sono un po' scombussolato. Credevo... credevo che Daghain ti avesse messo in testa delle strane idee su di me» borbottò, fissando lo sguardo castano su di me.

Feci un sorriso un po' più rilassato e dissi: «Se non erro, una volta ha accusato sia me che la mamma di avere il tuo stesso brutto carattere da piantagrane».

Conuil rise, ma un'ombra attraversò il suo sguardo: «Moira... come sta la mia bambina?» domandò, con lo sguardo perso oltre il velo dei ricordi.

Mi sentii improvvisamente triste per quell'uomo vecchio e solo, che da anni non vedeva la figlia, così risposi: «Credo che verrà a breve a vivere qui».

«Ah, lo sapevo che sarebbe tornata!» esclamò, sorridendo con soddisfazione.

Mi osservò poi con attenzione, e disse: «Sai, io e Moira eravamo molto legati, e quando se n'è andata ci siamo tenuti in contatto, all'insaputa di tutti, e lei mi ha mandato molte foto di te e tua sorella. Credo che nell'ultima che ho ricevuto ci fossi tu al compleanno di un tuo amico... ma, lasciatelo dire, dal vivo sei molto più bella... più vera».

Arrossii e, sentendomi improvvisamente in colpa per non essere venuta a trovarlo prima, balbettai: «Io... io sono davvero dispiaciuta per non essere venuta prima, ma... ma dovevo allenarmi, e poi ho iniziato la scuola, e non sapevo come fare e...».

«Non c'è problema, Rowan, davvero. Posso solo immaginare quanto sia stato sconvolgente entrare nel nostro mondo, e sicuramente non ti faccio una colpa l'esserti dimenticata momentaneamente dell'esistenza di un vecchio nonno sconosciuto» scherzò, dandomi un'affettuosa pacca sulla spalla.

«Forza, adesso siediti e raccontami tutto quello che mi sono perso in tutti questi diciotto anni!» mi esortò e io, rincuorata dal suo essere così amichevole nei miei confronti, mi accomodai con un sorriso, cominciando a raccontargli della mia famiglia e dei miei amici nel clan dei Leipreachán.

«Sai, quando mi hanno raccontato che mia nipote è stata in grado di creare un temporale di dimensioni epocali senza avere uno straccio di Blocchi, all'inizio non ci volevo credere» mi disse, quando cominciai a raccontargli di come avessi scoperto di appartenere ai Daoine Sidhe.

Rían scoppiò a ridere: «Tu non hai idea di cosa ho pensato io quando l'ho vista seduta nel bosco nel cuore della notte, avvolta nella densa nebbia, mentre creava arcobaleni dal nulla... per un attimo ho pensato fosse una fata» esclamò, fissandomi con uno sguardo argenteo.

«Davvero?» domandai, sorpresa da questa confessione.

«Davvero, Rowan. E l'ho pensato anche quando ti ho vista brillare alla luce della luna» aggiunse, con la voce più bassa di un semitono.

Conuil mi rivolse un sorriso sgargiante: «Ma è fenomenale! Sei quasi un prodigio, nipotina mia!» esclamò.

«E ha detto "quasi" perché il vero prodigio sono io» ammiccò Rían, ghignando divertito.

«Oh, sta' zitto!» esclamai, tirandogli un pugno sulla spalla ma ritraendo le nocche doloranti con una smorfia.

«Ma di cosa sei fatto? Marmo?» borbottai, massaggiandomi le dita e facendo ridere Rían ancora più forte.

«Vedo che siete molto affiatati» disse in quel momento Conuil, facendo correre lo sguardo da me a Rían con aria incuriosita.

La mia Strega Guida si schiarì la voce e rispose: «Beh, sì, lavoriamo decisamente bene, insieme».

«Vero! Sto imparando molto più in fretta degli altri novizi, visto che questo stacanovista mi fa sgobbare molto più del dovuto» rincarai la dose, fingendo di essere scocciata dalla mole di lavoro che mi propinava ogni giorno Rían.

«Se hai delle buone potenzialità, come tutti dicono, è giusto che tu le sviluppi» mi consigliò mio nonno, sorridendomi con espressione serafica.

«Lo farò, promesso» esclamai.

Lanciai poi un'occhiata all'orologio e sbottai: «Merda, sono quasi le nove! Daghain mi ammazzerà».

«Ti farà sicuramente una bella lavata di capo» borbottò Conuil, alzandosi dalla sedia e venendomi in contro.

«Posso... posso tornare qui, qualche volta? Vorrei... ecco, conoscerti meglio e sapere di più della nostra famiglia» balbettai io, arrotolandomi una ciocca di capelli sul dito con nervosismo e fissando mio nonno con espressione implorante.

«Ma certo che puoi, nipotina. Vieni qui, fatti abbracciare» mi disse poi, stringendomi in una stretta affettuosa.

«E adesso andate a casa, che si è fatto tardi!» aggiunse poi, cacciandoci fuori dalla porta con un sorriso sbarazzino.

«Ciao nonno! Ci vediamo presto!» esclamai allora, scendendo i gradini del portico con rinnovata energia e salendo a cavalcioni dietro Rían, sulla sua moto.

«Allora, non mi sembra sia stato così terribile» mi disse il ragazzo, lanciandomi un'occhiata significativa.

Sospirai: «Avevi ragione, Conuil è una persona splendida... almeno uno dei miei nonni è umano» borbottai, facendolo ridere.

Come conferma del fatto che mia nonna non fosse del tutto umana, quando tornai a casa mi sentii dire da Daghain che, visto che non mi ero presentata in tempo per la cena, lei aveva buttato tutto il mio cibo nella spazzatura per insegnarmi a rispettare gli orari.

Borbottando insulti contro quella bisbetica di mia nonna, mi recai quindi in cucina e mi preparai una cena al volo, composta da un paio di fette di prosciutto, un pezzo di pane con spalmato del burro salato, e uno yogurt alla fragola come dolce.

Salii poi in camera e, senza nemmeno controllare il cellulare, crollai sul letto, piombando in fretta in un sonno profondo e senza sogni.

***

Ciao fanciulli!
In questo capitolo abbiamo finalmente conosciuto il nonno di Rowan. Lo ammetto, dopo aver affibbiato alla povera Row una nonna pessima come Daghain, non potevo non introdurre Coinuil... Che, almeno, è un nonno "normale".
A presto con la seconda parte del capitolo!

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