La Principessa Che Non Credev...

Live_And_Fly_Away tarafından

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Abigail ne era convinta. La sua sarebbe stata la storia di una ragazza che realizza il suo sogno. Di una rag... Daha Fazla

1. Benvenuta a Chicago
2. Dov'è finito Lucas O'Connor?
3. Tu non mi piaci
4. Hai già detto abbastanza
5. Credici rossa
6. Mi sta importunando
7. Mio figlio è scomparso
8. Complici
9. Birra e Confessioni
10. Sguardi
11. Inviti o scuse?
12. Scelte sbagliate
13. Problemi
15. Non andare via...
16. Te l'avevo detto
17. Ho solo avuto paura
18. Amici?
19. L'ho fatto per te
20. Beneficio del dubbio
21. Masochista?
22. È diverso
23. Il Riscatto
24. Pranzo col botto
25. Odi et Amo
26. Il romanticismo non fa per noi
27. I guai non vengono mai da soli
28. Una parola di troppo ed è subito...
29. Quanto è piccolo il mondo
30. Vedere senza mai guardare
31. Stupido ad ammetterlo
32. Non avevo mai creduto alle favole
33. Difficile per lei
34. Non averti mai incontrato
35. Per volere del destino
36. Siamo l'opposto della perfezione
Epilogo

14. Richieste d'aiuto

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Live_And_Fly_Away tarafından

ABIGAIL

Ero arrivata a casa tardi nonostante Cole mi avesse dato metà giornata libera. C'era poco lavoro ed eravamo tutti stanchi. Così lasciato il locale, avevo deciso di andare in centro e comprarmi finalmente una nuova scheda del telefono per poter comunicare con il mio prossimo senza dover far sapere alla mia famiglia dove mi trovassi. Con le nuove tecnologie era un attimo tracciare un telefono, anche se dall'altra parte del mondo, e sapevo per certo che i miei avrebbero fatto di tutto per riportarmi a casa nonostante le lamentele. Era sempre stato così ed io non potevo sperare che il loro comportamento nei miei confronti cambiasse dopo la mia fuga. Anzi, conoscendoli avrei potuto scommettere che appena mi avessero avuta tra le mani, mi avrebbero rinchiusa in una stanza buia e con le inferriate. Ero troppo preziosa per loro. Non potevano permettersi di perdermi. Ne andava del mantenimento del titolo.

Quella sera i miei coinquilini avevano deciso di uscire dopo cena ed andare a spassarsela un po', senza specificare che cosa intendessero con "spassarsela". Mi avevano chiesto più volte di seguirli, che mi sarei divertita anch'io ma avevo gentilmente declinato l'invito ad un'altra volta, che sapevo sarebbe stata lontanissima. Il fatto era che non potessi fare a meno di pensare alla proposta di Lucas di quella mattina. Mi lusingava il fatto che con tutti gli stilisti che sicuramente conosceva, avesse pensato a me come collaboratrice ma d'altra parte pensavo che lui oltre che limitarsi ad una semplice occhiata, non avesse mai visto i miei disegni. Nonostante provassi a non pensarci ero abbastanza sicura che lui puntasse ad altro e non solo ai miei lavori. Anche se mi costava ammetterlo, le parole che Candice mi aveva riservato quando il castano era uscito dal locale mi sembrano sempre più reali.

"Qualunque cosa ti abbia detto, vuole solo portarti a letto. Non cascarci".

Candice non aveva ragioni per mentirmi. Non andavamo neppure d'accordo, che senso avrebbe avuto mettermi in guardia da lui? Tutti non facevano altro che mettermi la pulce nell'orecchio.

La disperazione che però avevo visto negli occhi di Lucas non sembrava solo un'effimera bugia, era sincero mentre parlava. Non poteva essere così bravo a mentire. Nessuno ci sarebbe riuscito.

Sbuffai sonoramente aprendo il frizzer e tirando fuori uno dei gelati al cioccolato che avevo comprato qualche giorno prima al supermercato. Non avendo mai fatto la spesa avevo preso tante di quelle cose inuliti che Cole aveva dichiarato che non sarei mai più andata da sola. Ero un pericolo pubblico, aveva detto anche se con un sorriso sulle labbra. Sta di fatto che nessuno si era lamentato quando aveva visto gelati e caramelle gommose, il che era stato ampliamente a mio favore.

Mi sedetti sul divano e mi misi a gustarmi il mio gelato fissando distrattamente la tv spenta. Era molto tardi e se non avessi avuto la testa piena zeppa di pensieri sicuramente sarei crollata sul sofà. Lucas aveva bisogno di me per distruggere i piani della sua ex moglie, ed io non facevo che chiedermi se avesse davvero bisogno di me o il suo fosse un disperato tentativo di far ingelosire in qualche modo Grace o vendicarsi del torto subito da lei e Cole. Jace non faceva altro che ripetermelo ed io sinceramente mi stavo stancando. Perché le persone non potevano essere sincere con me? Perché dovevo sempre essere un mezzo per ottenere qualcosa? Che fosse un titolo nobiliare o una vendetta personale sembrava che la gente non facesse altro che usarmi a suo piacimento. Si rendevano conto che fossi anch'io un essere umano o vedevano solo i risvolti che potessero esserci da un mio utilizzo?

Ero confusa e stanca. Frustrata all'idea che mi stessi fidando delle persone sbagliate. Non ero pratica di rapporti umani e sentire tante opinioni discordanti tra loro era come tentare di mangiare più rapidamente della Regina Vittoria ad un banchetto reale, quasi impossibile.

Poggiai la carta del gelato sul tavolino e chiusi gli occhi lasciando andare il capo all'indietro sul sofà. Avrei voluto addormentarmi e svegliarmi avendo già pronte tutte le risposte che necessitavo. Mia madre mi ripeteva sempre quanto il mondo fuori dalla nostra tenuta fosse bugiardo e pericoloso, io però non le avevo mai dato ascolto. Chi l'avrebbe fatto con il suo carceriere?

Sembrarono passare pochi istanti da quando chiusi gli occhi a quando sentii la porta di casa aprirsi con un tonfo. Spalancai gli occhi confusa e spaventata allo stesso tempo. Lasciai vagare lo sguardo per tutta la stanza fino a leggere l'ora dall'orologio digitale della cucina. Le 4 e 30 del mattino. Erano forse impazziti a fare tutto quel casino?!

Mi alzai in fretta temendo che non fossero i miei coinquilini ma dei ladri. Solitamente erano molto silenziosi nel rientrare a casa dopo aver fatto serata. 

<<Non posso credere che lo stiamo facendo davvero>> sentii dire a Raquel con voce schifata e così mi rilassai avviciandomi alla porta.

La scena che mi ritrovai davanti era surreale e se non fosse stata l'alba avrei fatto di certo molte più domande. C'erano Jace e Cole che con un po' di fatica sorreggevano un terzo ragazzo che a causa del buio della stanza e del sonno, non riuscii subito a riconoscere, mentre Raquel li fissava con le braccia conserte.

<<Che cosa succede?>> domandai confusa attirando la loro attenzione.

<<Oh, guarda che fortuna! La principessina è ancora sveglia>> esclamò ironico Jace.

Raquel accese la luce e finalmente vidi di chi si trattasse.

<<Lucas?>> scossi il capo confusa portandomi di riflesso una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

<<Lo abbiamo trovato qui sotto ubriaco perso>> spiegò Cole avviciandosi con il biondo al divano e aiutando Lucas a sdraiarsi.

<<Deve ringraziare il fatto che siamo brave persone>>.

<<E che le decisioni qui non le prende Jace>> concluse Raquel lanciando un'occhiataccia al ragazzo.

<<Come mai è venuto qui? E perché è ubriaco?>> chiesi stranita fissando preoccupata il castano. Non mi era mai capitato di trovarmi di fronte qualcuno ubriaco. Certo, qualche amico di mio padre un po' brillo sì ma mai ubriaco. Non amavo gli eccessi, "In medio stat virtus", la virtù sta nel mezzo ed io ero perfettamente d'accordo.

<<Il nostro piccolo O'Connor ha un po' di problemi con l'alcol>> esclamò sicura Raquel con uno sguardo pieno di compassione, <<comunque di solito viene qui per attaccar briga con Cole per il suo tradimento>> alzò le spalle indifferente.

<<È fuori di testa, Abigail. Per questo dico che dovresti stargli lontana>> ribadì per l'ennesima volta Jace nervoso.

Abbassai il capo confusa. Non mi aveva parlato di questo suo problema. Non era normale, pur quanto quella gente fosse solita bere troppo per i miei gusti, ed il fatto che Lucas non fosse in grado di smettere quando era giunto al limite, lo rendeva ancora più preoccupante.

<<Rischia di andare in coma etilico?>> chiesi aggrottando le sopracciglia. Ne avevo sentito parlare ed era anche per questo che temevo tanto l'alcol. Non volevo che gli succedesse qualcosa, ritenevo fosse una brava persona anche se non ero certa delle sue intenzioni nei miei confronti. Inoltre aveva un figlio a suo carico che non meritava di restare solo.

<<Non è messo così male, tranquilla. Si riprenderà vedrai>> mi tranquillizzò Cole o meglio tentò di tranquillizzarmi, facendomi una carezza tra i capelli. Il fatto era che non ne fossi poi così certa. Ero seriamente preoccupata per lui.

<<Io me ne vado a dormire>> dichiarò a quel punto Jace stiracchiandosi.

<<Vado anch'io, sono morta>> lo seguì a ruota Raquel rivolgendoci un sorriso stanco accompagnato ad un occhiolino.

Panico. E adesso che cosa avrei fatto? Se si fosse sentito male?!

In mio soccorso arrivò come al solito Cole con la sua espressione sempre calma e pacata.

<<Va tutto bene Abbie, vai a letto e riposa. Lui dorme tranquillo l'unica cosa di cui si dovrà preoccupare è il gran mal di testa di domattina>>.

<<Sei sicuro?>> domandai sempre senza staccare gli occhi di dosso al nostro ospite.

<<Fidati>> mi fece un occhiolino anche lui stanco. Vedendolo così evitai di insistere in proposito e lo lasciai andare. Ero certa che non sarei mai riuscita ad addormentarmi sapendo il castano sul nostro divano in quelle condizioni ma, non volli far preoccupare Cole inutilmente. Dopotutto, aveva detto che non fosse così ubriaco.

Restai da sola con la scusa di aver bisogno di un bicchier d'acqua. La verità era che il sonno mi fosse completamente passato e volevo accertarmi che non succedesse nulla di male a Lucas. Poteva essere vendicativo ed egocentrico ma era pur sempre una persona con i suoi problemi, come tutti.

I miei coinquilini filarono subito a letto e di nuovo il silenzio dell'appartamento mi avvolse. Si sentivano solo il mio respiro e quello del castano ubriaco sul divano.

Mi chiesi il vero motivo della sua visita notturna. Da quello che avevo capito tra lui e Cole le cose si erano risolte per il meglio ed ora non doveva aver più nulla contro di lui. Era stato lo stesso Lucas a dirmi di essersi pentito per il modo in cui si era comportato nei loro confronti. Quindi perché era lì? Forse mi aveva mentito?

Le 5 e 30 del mattino. Okay, basta domande per oggi Abigail, mi autoconvinsi a lasciar perdere. Ero stanca e la mente fa brutti scherzi quando è stanca.

Tanto brutti che proprio nel momento in cui stetti per andarmene a letto e lasciare Lucas riposare, la sua voce ruppe il silenzio anormale di quell'alba tetra.

<<Abbie?>> sentii sussurrare nel semi buio della stanza.

Non ero certa che sapesse che fossi lì. Ero convinta che stesse più che altro delirando a causa dell'alcol. Però non potei evitare di muovere un passo nella sua direzione sentendomi chiamare, poteva aver bisogno d'aiuto.

Le sue labbra si aprirono di nuovo per chiamare il mio nome e questa volta mi pave di cogliere una nota di disperazione nella sua voce. Mi si strinse il cuore a sentirlo tanto triste,  così anche se riluttante trovai io coraggio di rispondere.

<<Sono qui>> mi schiarii la voce avviciandomi cauta.

<<Mi dispiace, scusa>> si limitò a dire in modo enigmatico. Non sembrava affatto sveglio. Pareva più in un limbo fittizio dove tentava di scusarsi per qualcosa di cui non ero a conoscenza. Dal canto mio quell'uomo all'apparenza tanto sicuro di sé e forte mi pareva sempre più debole e bisognoso di qualcuno che lo aiutasse. Era un brav'uomo, con un buon cuore ma con a sua disposizione poca gente che credesse davvero in lui.

Io però credevo in lui ed ero certa che non mi avesse fatto alcun torto per cui dovesse chiudermi scusa. Così mi avvicinai a lui, ancora sdraiato sul divano, e mi sedetti al suo fianco.

Aveva gli occhi chiusi ma un'espressione tormentata. Chissà che cosa stava sognando...

<<Non mi devi chiedere scusa>> sussurrai e senza che potesse controllare le mie azioni mi trovai ad accarezzargli i capelli scompigliati e leggermente sudati. La riunione con la sua famiglia non doveva essere andata affatto bene. Mi avevano detto in molti del suo rapporto burrascoso con la famiglia ma fino a quel momento non mi ero resa conto di quanto potesse essere grave. Ogni istante che passava mi rendevo maggiormente conto di quanto la mia vita e quella di Lucas potessero essere simili. Certo, avevamo obiettivi diversi e famiglie anch'esse molto diverse, ma la sostanza era la stessa.

A quel semplice gesto però vidi l'uomo accanto a me riscuotersi. Lentamente due occhi color nocciola, spenti come non mai, si aprirono e puntarono dritto nei miei. Era come se sapesse esattamente dove mi trovassi senza il bisogno di saperlo davvero. Restai imbambolata senza sapere che cosa fare. Si trovava ad un palmo di mano da me, inerme ma con il completo controllo sulle mie azioni. Non sapevo che cosa fare, ero come bloccata.

Fu Lucas però a fare qualcosa. O meglio a dire qualcosa perché la situazione era davvero surreale. Sta di fatto che tuttavia le sue parole non miglirarono per nulla il mio stato d'animo.

<<Sei davvero bella...>> esordì con un sorriso prendendo una ciocca dei miei capelli tra le mani, <<Con i tuoi capelli di questo rosso che dà sull'arancione, così morbidi, grazie ai quali ti riconoscerei ovunque... la tua bocca da cui escono tante di quelle affermazioni che molte volte mi portano a domandarmi da che razza di pianeta vieni>> esclamò tristemente, <<o a farmi venir voglia di farti stare zitta una volta tanto. Le tue labbra carnose, il tuo profumo che ancora non ho capito di che cosa sappia ma che mi fa letteralmente impazzire... Vorrei che fossi qui davvero in questo momento, perché temo seriamente di aver bisogno di te. Non ho mai avuto bisogno di nessuno nella mia vita, fino ad oggi... fino a quando non ti ho incontrata... Tranquilla però, sono consapevole di essere sul mio divano, ubriaco fradicio e talmente fuori di testa da avere le allucinazioni ma, ancor di più so che non verrai mai a conoscenza di questi miei pensieri da pazzo. Ed è meglio così, credimi... Non voglio che tu mi veda in questo stato...>>.

Pazzo lui? Forse la pazza ero io nel credere che le sue parole fossero vere. Solo che non potevo farne a meno. Dopotutto, i bambini e gli ubriachi non dicono sempre la verità?

Eppure non riuscivo a fidarmi del tutto. Mi aveva pur sempre usata per prendere per i fondelli la sua famiglia. Chi si sarebbe fidato totalmente di lui?

Scossi il capo e distolsi finalmente gli occhi dal ragazzo davanti a me. Dovevo andare a dormire. Stavo dando i numeri anch'io.

<<Dormi Lucas, domani starai meglio. Promesso...>> mi ritrovai a dirgli nonostante lui pensasse di essere da solo.

<<Non penso che cambierà niente, piccola inglesina. Sarà uguale ad oggi solo che non ci sarà più l'alcol a migliorare le cose...>>. Quello che diceva non aveva senso, oppure ne aveva così tanto che mi parve terribilmente triste.

Avevo una gran voglia di abbracciarlo e dirgli che non fosse solo ma lui mi precedette. Si voltò all'altra parte e senza aggiungere altro in un attimo cadde in un sonno profondo. Non era giusto, non meritava di stare così. Forse suo figlio non era l'unico ad aver bisogno di un aiuto psicologico, forse lui stesso non aveva superato i suoi traumi infantili. Mi sentivo così impotente di fronte a tutta quella disperazione.

Piano mi riscossi. Basta, dovevo andare a letto. Il giorno dopo sarebbe tornato tutto come prima.

Mi alzai dal divano e senza guardarmi indietro mi diressi a passo spedito verso la mia stanza, perché sapevo che non mi sarei mossa dal suo fianco, se l'avessi visto di nuovo in quello stato.

LUCAS

Un invitante profumo di caffè e di brioches calde arrivò a ridenstarmi dal mio stato di coma. Non sapevo se essere più felice di essere ancora vivo e non sotto un camion sulla 57th o di avere ancora bisogni primari come la fame e la necessità urgente di utilizzare un bagno. Dovevo solo trovare la forza di aprire gli occhi e di alzarmi. Semplice a dirsi, molto più difficile a farsi, soprattuto non dopo la sbornia della sera prima.

Il rumore di uno sportello che sbatteva però mi fece sussultare e le voci che sentii in accompagnamento ad esso fecero riaccendere il mio cervello ancora brillo.

<<Puoi fare piano?!>> sbottò una voce femminile in un sussurro.

<<Io per quello non sto zitto in casa mia!>> rispose ad alta voce il diretto interessato.

Okay, ricapitolando, o dei ladri erano entrati in casa e mi avevano gentilmente portato la colazione oppure, fatto più probabile, non mi trovavo nel mio attico. La domanda a quel punto però era un'altra: dove diamine mi trovavo?!

<<Sei solo un ragazzino, Jace...>> sbuffò la ragazza di poco prima.

Jace?

Tentai di girarmi sul divano per rendermi meglio conto della situazione in cui mi ero cacciato. Mi risultò difficile ma comunque dopo circa due minuti buoni di tentativi riuscii a girarmi e ad aprire gli occhi.

Ero su un divano. Davanti a me c'era solo un tavolino in legno con sopra alcune scartoffie e una televisione un po' data, spenta. Le due voci di poco prima si erano come dissolte a favore di un silenzio a dir poco assordante.

Fu solo in quel momento che ricordai che cos'era successo la notte precedente. Dopo aver lasciato l'azienda mi ero fondato nel primo bar che avevo trovato e non ero più uscito fino alla sera quando mi avevano cacciato, mentre tentavo di attaccare briga con un idiota, ubriaco forse più di me. Era stato a quel punto che completamente sbronzo ero salito su un taxi che mi aveva scaricato letteralmente davanti al palazzo in cui viveva Cole. Non ho idea del perché avevo dato quell'indirizzo all'uomo. Avevo solo bisogno di andare a casa e dormire. Il problema però era che a casa non c'era nessuno ed io non avevo la minima voglia di starmene da solo. La solitudine ti fa pensare troppo e poi finisci per star male ancor di più. Volevo compagnia, ecco che cosa cercavo la notte precedente. Ma non una compagnia qualsiasi. Molte ragazze si erano fatte avanti quella sera ma solo una popolava i miei pensieri, le altre erano solo una distrazione da quel bisogno.

<<Hey principessina! Noi usciamo ti abbiamo lasciato la colazione!>> sentii nuovamente urlare Jace che da quello che mi parve capire si beccò subito un pugno da Raquel.

Ben gli sta!

<<Piantala di urlare, idiota!>> lo rimproverò prima di chiudersi la porta di casa alle spalle.

Silenzio. Di nuovo. Non mi piacque affatto, anche se durò poco. Un rumore di passi leggero ma sicuro di sé mi giunse presto alle orecchie obbligandomi ad alzare di poco il capo dal cuscino. Fu un'impresa ardua ma ne valse la pena quando i miei occhi ricaddero sul corpo perfetto di Abigail avvolto solo da una vestaglia in raso color rosa antico. Era perfetta. Con i capelli sciolti che le ricadevano sulla schiena e dei teneri boccoli che continuavano ad andarle davanti al viso impedendole la visuale. Senza che si accorgesse di me si diresse in punta di piedi verso la tavolo della cucina, dove da un sacchetto di carta tirò fuori un cornetto che addentò all'istante lasciandosi scappare un mugugno di piacere.

Sorrisi senza rendermene conto e lasciai vagare il mio sguardo lungo tutta la sua figura. Da dove era saltata fuori una ragazza tanto composta ed elegante come lei a Chicago? Anche con indosso unicamente uno straccetto non era per nulla volgare. Anzi. Sarei rimasto ore a guardarla. Questo se non dovessi andare urgentemente in bagno e se lei non si fosse accorta di me, paralizzandosi a pochi passi da me con la brioche tra le mani.

Istintivamente posò la pietanza sul tavolo e si portò una mano sul petto per stringere maggiormente la presa sulla vestaglia. Sembrava a disagio, forse impaurita. Non era questo l'effetto che volevo farle. Tutt'altro. Non volevo che si sentisse a disagio quando il mio unico pensiero su di lei era che fosse davvero bellissima.

Così, anche se con fatica, riuscii a tirarmi su e mettermi seduto. Non mi ero accorto di quanto fosse pesante la testa fino a quando tutto non prese a girare intorno a me, obbligandomi a chiudere gli occhi.

Avevo proprio esagerato, sì.

<<Stai bene?>> mormorò Abbie, da qualche parte nella stanza.

<<All'incirca...>> sosprirai mentre cominciavo seriamente a sudare freddo. Merda, avevo la nausea e questo non era affatto positivo.

<<Devi andare al bagno?>> chiese premurosa come nessuno lo era mai stato come me e dovetti ammettere che fu piacevole sentire tale preoccupazione da parte di qualcuno. Solo che lei era l'ultima persona al mondo che avrei voluto far preoccupare.

<<Sì... se mi dici dove posso trovarlo io...>> un altro capogiro e la nauseante sensazione di star per rimettere tutto tornò a farsi sentire.

<<Ti accompagno, vieni>>. Solo quando la sua mano toccò la mia spalla mi resi conto che si fosse avvicinata. Il suo profumo era davvero la fragranza migliore che avessi mai sentito e se non fossi stato sul punto di fare una figura di merda con lei probabimemte avrei approfittato di quella vicinanza.

Lasciai che mi aiutasse a venire in piedi e poi che mi conducesse a piccoli passi verso il bagno. Appena in tempo vorrei aggiungere. Messo piede in bagno la nausea si fece maggiore ed io feci in tempo solo a chiudere la porta per evitarle uno spettacolo orribile, prima di chinarmi sul gabinetto e rimettere letteralmente l'anima.

Dovevo seriamente smetterla di bere così tanto. Mi trovavo sempre in quella situazione dopo e non era affatto piacevole. Mio fratello diceva sempre che mi piacesse star male, per quello lo facevo. La verità però era un'altra. Io avevo bisogno di star male non perché mi piacesse ma perché in quel modo, forse stavo meno male per tutto il resto. Il lavoro, Will, Grace, la mia famiglia. Tutti che si aspettavano qualcosa da me e nessuno che mi chiedesse mai se stessi bene, se avessi bisogno di qualcosa o di qualcuno.

Non ne potevo davvero più, ero stanco di tutto.

Con respiro affannoso mi gettai a terra e appoggiai il capo al muro per avere un po' di sostegno. Non ero sicuro di riuscire a stare su con le mie uniche forze.

Qualcuno bussò piano e con un po' di titubanza alla porta e solo allora mi ricordai di dove mi trovassi e che non fossi solo nel mio appartamento vuoto.

Come mi sarei dovuto aspettare, Abigail non attese che le dessi il permesso di entrare. Subito dopo aver bussato aprì la porta e vagò con lo sguardo fino ad individuarmi a terra in una pozza di sudore. Sembrava come un angelo. L'angelo custode che credevo mi avesse abbandonato da anni.

Mi guardava preoccupata con un asciugamano tra le mani. Si era cambiata, adesso indossava quella che mi parve essere una tuta e una maglia a mezze maniche grigia. Mi faceva bene concentrarmi su di lei e non sul peso opprimente che sentivo sul petto.

Con un'espressione preoccupata bagnò con cura l'asciugamano per poi chinarsi davanti a me e passarmelo sul volto sudato.

<<Sto bene, Abigail>> mi sentii in dovere di dirle posando una mano sulla sua.

<<Non sembra...>>. Aveva gli occhi lucidi ed io mi sentii un grandissimo egoista. Non mi era mai importato che a qualcuno potesse non andar bene il mio modo di vivere un po' come capitava, ma con lei era diverso. Non volevo che si prendesse tanta pena per me. Non meritavo tutte quelle attenzioni, non meritavo che lei stesse male per un idiota come me.

<<Non ti preoccupare...>>.

<<Io mi preoccupo invece, Lucas! Sei venuto qui ieri sera ubriaco fradicio che non ti reggevi neppure in piedi ed io non dovrei preoccuparmi?>> alzò la voce anche se non riuscì a camuffare un piccolo singhiozzo.

<<Mi dispiace... Non volevo farti preoccupare...>> sospriai sommessamente chiudendo gli occhi e lasciando che si occupasse di me. Nella mia vita non avevo mai voluto che nessuno si preoccupasse per me, ero stato deluso abbastanza da quel punto di vista. Tuttavia, per una volta forse era il caso di ammettere che avessi davvero bisogno di qualcuno.

<<Non devi dispiacerti, è questo che fanno gli amici, no?>>.

<<Sì, suppongo di sì...>>.

~¤~

<<Qui c'è la colazione e qui una pastiglia post sbornia, offerta gentilmente da Raquel>> disse con un sorriso porgendomi una brioche, una tazza di caffè e una scatola di pastiglie.

<<Non sapevo che gusto preferissi così te ne ho fatta prendere una qualsiasi>> disse riferendosi al cornetto che avevo appena preso tra le mani.

Ricambiai il sorriso con un po' di fatica ma comunque sincero. Non mi capacitavo in alcun modo del perché si stesse prendendo cura di me. Non ero sicuro di meritarlo.

<<Perché lo fai?>> domandai di getto. Vidi Abigail innervosirsi a quella domanda anche se non volle darlo a vedere.

<<Fare che cosa?>> chiese evitando accuratamente il mio sguardo fingendosi molto più interessata alle tazze nel lavabo.

<<Hai lasciato che dormissi qui stanotte e prima in bagno, non eri obbligata ad aiutarmi. Quindi perché lo fai?>>.

Secondo la mia famiglia materialista la gente è spinta a fare determinate azioni solo perché consapevole di un riscontro personale. In quel momento però non vedevo alcun risvolto positivo dal prendersi cura di un tizio ubriaco fradicio.

<<Tu che cosa pensi?>>.

<<Hai detto che siamo amici, però questo non ti obbliga comunque a fare tutto questo. Neppure quelli che considero i miei amici più stretti lo farebbero>>. Ed era vero. L'unica persona che conoscevo che mi avrebbe aiutato in tale situazione era mia sorella ma lei ed io avevamo lo stesso sangue, era un comportamento naturale il suo.

<<Forse non hai dei buoni amici...>> suppose voltandosi nella mia direzione e incrociando solo per pochi istanti gli occhi con i miei. Durò poco ma potei benissimo notare l'incertezza nei suoi gesti. Temeva che ciò che mi stesse dicendo non mi facesse piacere, che mi infuriassi con lei. Ma dopotutto non aveva tutti i torti. Non ero certo che persone come Trevis potessero considerarsi amiche.

<<Potresti avere ragione, tu hai amici però, Abigail?>>. La mia non voleva essere una provocazione. Volevo solo sapere se lei avesse qualcuno che potesse considerare un amico. La mia forse era solo una strana forma di invidia.

<<I ragazzi mi trattano bene. Non so se posso considerarli veri e propri amici, però mi fido di loro...>>.

<<Quindi loro sanno anche delle tue origini ricche?>> dissi di getto senza pensare al fatto che lei potesse prenderla come un'accusa. Per l'appunto appena udì le mie parole la vidi drizzare la schiena e nascere un'espressione risentita sul suo viso.

Idiota...

<<Abbie, senti, non volevo, mi...>>. Non volevo ferirla. Avrei voluto dare la colpa all'alcol ma in fondo sapevo che fosse tutta colpa mia.

<<Sai che cosa ti dico, Lucas? Se sei solo e non hai amici su cui contare nei momenti più difficili, la colpa è unicamente tua!>> esclamò mettendo a posto una sedia per poi voltarsi e dirigersi verso le camere lasciandomi da solo.

Perfetto, avevo fatto arrabbiare anche lei...

ABIGAIL

Ma come diamine mi era venuto in mente? Aiutare un egocentrico ed è egoista come Lucas O'Connor? Mi sarei dovuta immaginare un finale di questo tipo. Jace non faceva altro che avvisarmi ed io che cominciavo a fidarmi di un O'Connor.

Mi rinchiusi in camera perché se fossi rimasta in cucina con quell'arrogante non so come sarebbe finita. Il fatto era che non capissi che cosa lo spingesse ad essere tanto cattivo nei confronti del suo prossimo. L'avevo aiutato, Santo cielo! Non che volessi una lettera con un ringraziamento firmato ma almeno una parvenza di gratitudine. Invece no, ero stata una sciocca.

Mi sedetti sul letto e mi misi a fissare un punto impreciso dell'armadio di fronte a me. Ma perché finivo per fidarmi delle persone sbagliate?

Vorrei farti notare che si è pure dimenticato della pseudo offerta di lavoro di ieri...

Vero...

Perché doveva importarmi tanto di lui?! Forse mi faceva pena? Ad un tratto le immagini della notte precedente tornarono vivide nella mia mente, era venuto da me perché aveva bisogno d'aiuto. Sì ecco, era per quel motivo che non potevo fare a meno di aiutarlo. La sua era una disperata richiesta d'aiuto ed io non ero in grado di lasciarlo andare così a fondo.

La porta della camera si aprì all'improvviso ed istintamente alzai il capo verso l'ospite indesiderato. Un Lucas con un sorriso malinconico mi fissava chiedendomi tacitamente il consenso per entrare. Annuii piano per poi abbassare lo sguardo. Non avevo voglia di guardarlo, in primo luogo perché mi vergognavo per gli occhi lucidi che inconsapevolmente mi erano venuti ed in secondo luogo perché non volevo che la sua espressione da cane bastonato condizionasse il mio giudizio.

<<Mi dispiace. Non ho mai avuto né ho intenzione di dire nulla a Cole e agli altri di te. Voglio solo che tu sappia che se mi comporto così è perché da sempre le persone che fanno parte della mia vita cercano di usarmi e di ottenere ciò che vogliono. Sono cresciuto con questo pensiero, odio fidarmi e contare su altre persone. Ma non voglio che tu pensi che voglia farti del male, perché non è così...>>.

Perché doveva sempre sembrare sincero e poi mi sbatteva in faccia la verità dei fatti, ovvero che non si fidava di me e delle mie intenzioni?

<<Io non voglio nulla da te, sei stato tu a venire da me in cerca di aiuto! Se ti dà fastidio puoi anche ritrattare e la chiudiamo qui>> gli feci notare irritata.

Sentii i suoi passi farsi più vicini fino a quando non sentii il letto abbassarsi. Era vicino e questo avrebbe dovuto essere un campanello d'allarme.

<<Lo so che non vuoi nulla da me, che quello che fai, lo fai solo per aiutarmi. Però, Abigail...>> richiamò la mia attenzione posando due dita sotto il mio mento e girandomi il viso senza il minimo sforzo nella sua direzione. Avrei dovuto rifiutarmi ma era più forte di me. E quando i suoi occhi incrociarono i miei mi resi conto che fosse quello ciò di cui avevo bisogno. Avevo la necessità di leggere la sincerità nei suoi occhi.

<<Lucas devi smetterla di incolpare la tua famiglia per le tue mancanze...>>. Non so dove trovai il coraggio ma avevo bisogno di dirglielo. Non avevo intenzione di tenermi tutto dentro.

<<Hai ragione, perciò perdonami. Non era mia intenzione ferirti. Sono stato io a chiederti aiuto e non voglio ritrattare la mia offerta. Devo salvare la mia azienda e per farlo ho bisogno di te. Sei l'unica al momento di cui mi fidi e... beh l'unica che si fida di me...>> ammise con un sorriso amaro distogliendo lo sguardo. Lentamente portai una mano sulla sua che giaceva abbattuta sulle sue ginocchia e la strinsi nella mia per infondergli un po' di coraggio.

<<Come ho già detto, sono disposta ad aiutarti e sarei molto felice di farlo>> ribadii imbarazzata per il mio gesto. Soprattutto quando Lucas a sua volta si mise ad accarezzare il dorso della mia mano con dolcezza. Era un gesto casto, privo di alcun doppio senso, eppure io mi sentii andare a fuoco dall'imbarazzo.

<<Grazie...>> mormorò senza staccare gli occhi dalle nostre mani intrecciate.  Lo vidi indeciso e titubante prima di portarsi la mia mano alle labbra e baciarne il dorso dolcemente fissandomi intensamente con quei suoi occhi in quel momento dello stesso colore del cioccolato liquido.

Okay, era troppo avevo bisogno d'aria.

Mi divincolai dalla sua presa e mi alzai di scatto in piedi mettendomi poi a girovagare senza meta per la stanza. Faceva troppo caldo ed io non ero abituata a trovarmi in un posto tanto stretto con un uomo.

<<Vorrai... vorrai vedere meglio i miei lavori prima di prendere una decisione, immagino>> mi affrettai a dire prima che sorgessero domande di altro tipo.

<<Sì, certo>> scosse il capo anche lui, tornado alla realtà.

Senza badare tanto a lui, mi focalizzai sul mio obiettivo e raccattai dal mio armadio la cartellina dove tenevo i miei disegni. Lucas era la prima persona al mondo al quale li mostravo e non era una semplice persona presa a caso tra le gente ma un vero e proprio stilista con anni ed anni di esperienza. Era importante per me la sua opinione.

<<Suppongo che ci sarà da lavorarci sopra. Sei libero di apportare tutte le modifiche che desideri>> dissi frettolosamente. Andavo fiera del mio lavoro ma se non gli fossero piaciuti mi sarei dovuta comunque adattare.

<<Dovresti difendere di più le tue idee, Abigail>> non tardò a farmi notare quando gli porsi la cartellina azzurra, <<siamo soci adesso e se ciò che dico non ti sta bene devi dirmelo>>.

<<Mio padre diceva sempre che non si mischiano amicizia ed affari...>> commentai sedendomi al suo fianco.

<<Tuo padre ha ragione da vendere ma, a volte non si ha altra scelta. Puoi tirarti indietro, non voglio obbligarti>> disse poi prima di aprire la cartellina, rivolgendomi uno sguardo sincero. Ero combattuta. Ero quasi certa che rifiutare avrebbe significato perdere oltre che a quell'opportunità anche lui ma, che accettando mi stessi privando di poter provare per Lucas qualcosa in più di semplice simpatia e amicizia. Sarà che forse fossi convinta che tra noi non si sarebbe mai andati oltre quella simpatia reciproca o forse perché troppo sicura di non poter provare nulla per nessuno data la mia posizione scomoda. Sta di fatto che con un sorriso incerto scossi il capo di fronte ai suoi timori.

<<Voglio aiutarti Lucas ed ho intenzione di farlo se per te va bene>>.

<<Allora siamo d'accordo!>> esclamò contento aprendo finalmente la cartellina. Ero nervosa, temevo che non gli piacessero e che si facesse indietro. Guardò con molta attenzione i primi disegni senza emettere un suono. Né un "che schifo" né un "wow". Non sapevo come interpretarlo.

<<Sono solo bozze, se non ti piacciono non importa...>> dissi dopo alcuni minuti di silenzio.

<<No, certo che mi piacciono. Vorrei però guardare meglio i dettagli nel mio studio a casa e magari fare dei ritocchi, ovviamente con il tuo consenso>> disse pensieroso senza togliere gli occhi dai fogli.

<<Oh... Ma certo, puoi portarli a casa e guardarli con tutta calma...>>. In realtà non ero del tutto d'accordo. Insomma, avevo lavorato anni su quei bozzetti e mi dispiaceva separamene così. Lucas però come suo solito mi sorprese.

<<Perfetto allora, ti passo a prendere questa sera, prima di cena. Mangi qualcosa da me e poi ci mettiamo a lavorare, che cosa ne dici?>>.

<<Non è necessario, mi fido e...>>.

<<Sì ma come avrai capito non sono molto in me in questo periodo, ho perso un po' del mio tocco. Più che altro sono io ad aver bisogno del tuo supporto>> sorrise tristemente richiudendo la cartellina azzurra e porgendomela.

<<Allora non ti preoccupare, posso prendere un taxi...>>. Ma perché doveva innervosirmi così quell'uomo?

<<Devo comunque passare a prendere Will quindi non è un problema>> esclamò con un tono che non ammetteva repliche. Quando ci si metteva era davvero un despota.

Annuii anche se poco convinta ma subito sorrisi quando lo vidi così euforico. Voleva davvero salvare la sua azienda e il fatto che avesse chiesto il mio aiuto per riuscirci mi lusingava.

<<Ti passo a prendere per le sette. Che cosa preferisci mangiare?>>.

<<Non cibo d'asporto, ti prego. Non ne posso più>> esclamai sincera. Non mangiavo altro lì dentro.

<<Faccio preparare qualcosa dalla donna di servizio, non temere>> mi sorrise facendomi l'occhiolino ed io come da manuale arrossii.

Lucas se ne andò mezz'ora dopo. Aveva bisogno di andare a casa e farsi una doccia tranquillo. Mentre io nella solitudine del mio appartamento non feci che chiedermi se la decisione che avevo preso quella mattina non fosse stata affettata e che non me ne sarei pentita in seguito.

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