La Lucciola

By violgave

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[COMPLETA] Nella frenesia della vita, c'è una ragazza con una determinazione inarrestabile e un unico obbiett... More

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By violgave

Ho pensato di invertire un po' le cose... questo capitolo è uno dei miei preferiti <3

***

Quando aprì gli occhi ad accoglierlo fu soltanto il buio.

Strizzò le palpebre sentendo la solita sensazione di claustrofobia graffiargli la pelle e premergli sul petto.

Qualcosa... qualcuno, al suo fianco si mosse e la sua attenzione balzò su un corpo esile appoggiato al suo.

Forse stava sognando.
No.

Nei suoi sogni almeno scorgeva sfumature diverse dal nero pece in cui era immerso costantemente, almeno vedeva sagome, notava i movimenti.

Era sveglio, ne era convinto.

Fuori pioveva, immaginò fosse freddo ma si sentì andare a fuoco quando si ricordò chi fosse l'altra persona nella stanza. Come una reazione allergica gli si diffuse su ogni centimetro della pelle. 

Ogni volta che erano così vicini lo sentiva, come edera infestante si diramava attorno al petto stringendo e rendendo difficile respirare.

Lo odiava... però... allo stesso tempo lo faceva sentire vivo.

Ogni qualvolta udiva la sua voce il suo cuore sembrava mancare d'un battito.
Sentiva la sua sicurezza vacillare quando lei gli parlava, lo ammorbidiva.

Spesso si ricordava del loro primo incontro: superficiale, lo avrebbe descritto così.

Non aveva dormito la sera prima, ne aveva toccato cibo.

La signora Holland ultimamente era pressante, sentiva sempre il suo fiato sul collo e i suoi occhi puntati addosso.

Lo infastidiva.
Tanto.

Ancora non poteva sapere quanto gli sarebbe mancata nei mesi a venire.
Anche lei, l'unica che gli era sempre stata accanto, presto se ne sarebbe andata.

Lo avrebbe abbandonato.
E lui questo non glielo avrebbe mai perdonato.

Era da quando lo aveva trovato accasciato nel bagno a testa china, il viso pallido e un agghiacciante rosso scuro che gli scorreva lungo le dita lunghe e affusolate riversandosi sul freddo pavimento, che teneva d'occhio ogni suo movimento.

Non era la prima volta che provava a mettere fine a quel tormento.
Ci aveva già provato in passato, e aveva fallito.

Falliva continuamente, per qualsiasi cosa.

Erano passati 4 mesi da quella sera, ma il dolore sulla pelle lui continuava a percepirlo.

Quel giorno non ascoltava i candidati per il posto parlare, già sapeva di non volerli intorno. 

Lasciava che la donna al suo fianco li illudesse per poi invitarli caldamente a uscire promettendogli di ricontattarli presto.
Che teatrino.

Odiava stare in presenza di persone nuove.
Odiava la presenza delle persone in generale.

Lei entrò come gli altri.

Capì subito che non si trattava di un uomo, dai passi.
Rumorosi e goffi, ma non pesanti.

Leggendo il suo curriculum sentì un accenno di sorriso presuntuoso spuntargli in volto. Era una ragazzina inesperta, mediocre. Era perfetta.

Non sarebbe mai stata così attenta alle sue azioni come lo era Geraldine.
E invece lo era.
Dio, se lo era.

Più volte era stato ad un passo da licenziarla su due piedi, aveva dovuto ricorrere a tutto l'autocontrollo a sua disposizione per non farlo.

Gli stava più incollata della vecchia assistente e questo lo turbava.
Ma il suo essere così semplice, così ingenua, lo aveva portato ad affezionarsi.

La sua energia era spontanea, starle intorno gli infondeva serenità.
Piano piano gli fece tornare la voglia di respirare e poco a poco scoprì che in fondo gli piaceva giocare con lei, stuzzicarla e poi notare la sua buffa confusione.

Era tutto nato come un modo per sfogare la sua frustrazione, ma poi... poi aveva tutto preso un significato diverso.

Con lei si sentiva in dovere di dire grazie, di scusarsi per i suoi atteggiamenti impulsivi.
Odiava farlo, aveva sempre pensato che i suoi sbalzi d'umore fossero scusati dalla sua situazione.

Ma lei gli faceva dubitare persino delle sue certezze più assolute.
Davanti a lei non riusciva a non dire altro che la verità. Lo aveva stregato.
Col suo tocco.
Con la sua voce.
Con il suo essere.
Il suo essere così dannatamente perfetta.

Sentirla così vicina lo scaldava, lo strappava da quel freddo che lo accompagnava costantemente.

Sembrava donargli ali per fuggire da quel baratro profondo in cui era precipitato.
E col tempo l'idea di lasciarla sola con quel gesto disperato gli sembrò sempre più assurda.

La sentì respirare tranquilla e i suoi arti si rilassarono di rimando.
Lentamente le accarezzò il viso, non voleva colpirla accidentalmente.

Stupidamente schiuse di poco le palpebre. Voleva così disperatamente vederla, gli sarebbe andato bene anche solo un lineamento, anche solo il suo sorriso.

Ma sapeva che avrebbe dovuto convivere con la consapevolezza di non poter mai essere in grado di farlo.

Lei aveva speranza, lui l'aveva persa da tempo.

Non si rese nemmeno conto di come affondò istintivamente il viso fra i suoi capelli, soffici e profumati.
Profumavano di lei.
Di rose, di pioggia e erba appena tagliata.

Era un qualcosa di inebriante.

Si lasciò cullare dal movimento che compiva ad ogni respiro, dalla sua essenza e presenza.

***

Un sospiro proprio dietro il mio orecchio mi fece aprire gli occhi lentamente. 

Il mio corpo era contro qualcosa di caldo e rassicurante che mi teneva stretto a se.
Sussultai leggermente quando notai il viso del ragazzo appoggiato tranquillamente nell'incavo del mio collo. 

Le sue ciocche mi sfioravano la guancia che sentii immediatamente farsi rossa e calda, le sue labbra rosee erano appoggiate leggermente sulla mia pelle, le sue braccia mi tenevano in una stretta rilassata e i nostri piedi erano intrecciati. 

Sentii lo stomaco attorcigliarsi, ma la morsa era stranamente piacevole.

Quando Jake aprì piano gli occhi le sue ciglia mi sfiorarono il collo facendomi il solletico. Non sussultò, né tantomeno sembrò stupito. 

Le sue labbra formarono un sorriso leggero e mi toccarono la pelle facendomi rabbrividire. -Ti prego perdonami.- Disse piano e con voce impastata. Era ancora più bella da appena sveglio, più profonda e calda. 

Jake mi strinse ancora un po' di più a lui e il mio cuore fece un salto, respirò profondamente.
-Io...ne avevo bisogno.- Spiegò con voce flebile mentre il mio respiro cominciava a diventare irregolare. 

Le sue braccia avvolgevano il mio corpo che era completamente contro il suo. -Abbiamo... dormito in questo modo?- Chiesi prendendo coraggio. Lui annuì sfregando la sua fronte sul mio collo e migliaia di brividi mi percorsero il corpo. 

-Ti chiedo seriamente scusa.- Disse con voce profonda per poi trarre un sospiro e allontanarsi piano, quasi incerto sul farlo o no. -Non...non fa niente.- Mi schiarii la gola, il mio cuore non aveva smesso di battere alla velocità di un treno. 

Jake si mise seduto stiracchiandosi come se non fosse successo niente. Sentivo ancora le sue labbra sulla mia pelle e il suo respiro dietro l'orecchio, ero rimasta immobile, come incantata. 

-Buon Natale.- Mormorò il ragazzo. Mi schiarii la gola mettendomi seduta e cercando di farmi scivolare addosso ciò che era appena successo. 

-Che ore sono?- Mi chiese posando gli occhi profondi oltre a me, mi domandai come sarebbero stati se si fosse innamorato. 

-È presto.- Dissi piano guardando lo schermo del mio cellulare sul comodino. Cercai di muovere gli arti intorpiditi con ancora il cuore che batteva irregolarmente ogni volta che posavo gli occhi sul ragazzo. 

Qualcuno bussò alla porta prima di aprirla leggermente e Jake scattò immediatamente avvicinando le sue labbra al mio viso, spiazzandomi. 

Mi stampò un leggero bacio sulla fronte proprio mentre Gwenda fece capolino nella stanza. 

Appena ci vide un piccolo sorriso le si formò sul viso. -Ben svegliati.- Disse aprendo un altro po' la porta. -I signori Hale vi stanno aspettando in salotto.- Ci informò. 

-Gli dica che stiamo arrivando.- Jake fece finta di essere sorpreso da quell'interruzione poco gradita e la ragazza uscì senza ribattere. -L'hanno mandata a controllare.- Mi disse facendosi scuro in volto. 

-Mio padre non ci crede.- Dedusse poi allontanandosi da me. -È un problema suo.- Dissi disgustata da quell'uomo e delusa che quel bacio in fronte fosse stata tutta una messa in scena.

Solo quando mi alzai dal letto mi accorsi di quanto leggera mi sentissi. Spalancai gli occhi quando mi resi conto di non aver avuto nessuna paralisi nel sonno. 

Voltandomi sorpresa verso il ragazzo mi chiesi se fosse stata la sua presenza a tranquillizzarmi. 

Osservai emozionata come mi sentissi riposata dopo tanto tempo e nemmeno mi accorsi quando Jake mi raggiunse in silenzio brandendo il suo fidato bastone bianco. 

In automatico allungai il mio braccio a cui lui si appoggiò delicatamente, al contatto ricordai il suo corpo contro il mio.
Il ragazzo si accigliò quando mi piegai per prendere un pacco incartato dalla mia valigia. 

-Non dirmi che gli hai fatto pure un regalo?- Mi chiese incredulo e un po' indispettito, osservai il pacco dalla carta verde e gialla. -Non sapevo fossero così.- Dissi piano rigirandomelo fra le mani.
-Ma non potevo non fargli nulla, ci hanno comunque ospitati.- Aggiunsi aprendo la porta.

Il corridoio sembrava aver cambiato aspetto rispetto alla sera prima, cercai di affidarmi alla mia memoria per orientarmi. 

Le enormi vetrate lasciavano che il sole illuminasse ogni cosa e le pareti bianche riflettevano la sua luce, che dava quasi fastidio agli occhi. -Gira a destra.- Esclamò lui fermandosi di colpo. 

Osservai la via da lui indicata poco convinta: niente sembrava in qualche modo familiare con il lungo corridoio della sera prima. -Sono abbastanza sicura che non sia la strada che dovremmo prendere.- Con fare contrariato fece schioccare la lingua sul palato.

-Invece è proprio quella.-
-Come fai ad esserne così sicuro?- Esordii osservando i suoi occhi schiudersi rivelando le due iridi pallide. -Essere cieco non significa non ricordare.- Precisò e con un tiro mi obbligò a seguirlo. 

Decisi di fidarmi, anche perché non è che avessi molte altre scelte. Cercando di stare al suo passo ne approfittai per lanciare veloci occhiate alle stanze che sorpassavamo, era così affascinante trovarsi in una casa di tali dimensioni. 

Non potevo non continuare a pensare a quante camere ci fossero, a cosa contenessero. Chissà, magari c'erano pure dei passaggi segreti.
-Jake.- Lo chiamai fermando la sua camminata decisa. 

-Quando facciamo il giro della casa?- Domandai, prima di rispondermi si schiarì la gola.
-Non lo facciamo.- Esordì rigido. 

-Oh dai, ti prego. Ti supplico, Jake!- Lo implorai in punta di piedi appendendomi alla sua spalla, quel contatto sembrò destabilizzarlo. -Perché?- Sibilò in una smorfia infastidita. 

Appesa al suo corpo di pietra pensai per un po' a cosa rispondere. -Sono curiosa.- Ammisi poi.
-È una casa così grande, chissà quante cose ci sono da vedere.- Canticchiai al suo orecchio, solo con la coda dell'occhio notai le sue dita snelle stringersi intorno al suo bastone. 

Avevo osato troppo, stavo esagerando col contatto fisico da lui tollerabile. -Allora vacci, ma non aspettarti la mia partecipazione.- Brusco, mi scostò da lui e con passo deciso riprese la sua frettolosa marcia tenendo il viso dritto davanti a se. 

-Come preferisci, chiederò a tua madre.- Decisi tornando a reggermi sulla pianta dei piedi, questa volta non corsi per raggiungerlo. 

Rimasi sorpresa nel vederlo fermarsi alla fine del corridoio, lo affiancai con cautela. -Ci devono vedere entrare insieme.- Spiegò porgendomi il braccio. 

Non riuscii a trattenere una smorfia delusa, ma tanto lui non lo notò mai. 

Quando facemmo il nostro ingresso in salotto due volti si voltarono verso di noi. La signora Kim lanciò un'occhiata così superficiale a suo figlio da lasciarmi spiazzata, ma almeno ci venne incontro. 

Il signor Hale, invece, non si scomodò nemmeno.
-Buon Natale.- Ci augurò la donna sistemandosi l'abito. 

-Altrettanto, questo è un pensiero per voi.- Mi feci coraggio cercando di non incontrare lo sguardo di Isaac. La signora Kim lo prese con grazia al posto suo. 

-Oh, ma non dovevi cara.- Disse facendoci segno di sederci tutti intorno all'albero. Magia del natale o altro, sembrava una persona diversa rispetto alla sera prima. 

La famiglia Hale si sedette sul soffice divano in pelle scura e io feci lo stesso, l'atmosfera sembrò alleggerirsi leggermente quando cominciarono a scartare i propri regali quasi con noia.

-Quel pacco là è per voi.- Disse la donna indicandomi con la testa due scatole incartate con carta rossa e verde ai piedi dell'enorme albero pieno di luci colorate. 

Mi alzai per prenderlo e come una bambina mi misi a scartarlo in ginocchio sul pavimento. Quando lo aprii estrassi un vestito bianco, estivo, a fantasia floreale blu. 

Lo guardai per trenta secondi buoni farfugliando un "-Ma non dovevate...-". Era veramente bellissimo. 

Non avevo mai avuto tanti vestiti o gonne, non mi avevano mai fatto impazzire, ma quel vestito era come se mi urlasse di correre in camera e indossarlo immediatamente. 

Jake corrugò la fronte sporgendosi, come per spronarmi a spiegargli di cosa si trattasse. Mi avvicinai a lui per permettergli di toccarlo.
-È un vestito bellissimo.- Sul suo volto perfetto si disegnò quello che poteva somigliare ad un accenno di sorriso, lentamente allungò la mano fino a sfiorarlo con le dita snelle. 

-C'è altro.- Aggiunsi mentre estraevo un morbidissimo, e costosissimo, maglione a collo alto color panna. -Credo sia per te.- Lo porsi al ragazzo seduto sul divano dietro di me.

-Scommetto che ti starà benissimo.- Dissi piano quando lo prese fra le mani tastandolo con i polpastrelli. Notai come si sforzò di non aprire gli occhi davanti ai suoi genitori. Con una smorfia continuò a passarsi il tessuto fra le mani.

-Qualcosa non va?- Sussurrai mentre i signori Hale si confrontavano riguardo ad un regalo arrivatogli da un collega di Isaac. Colsi l'occasione per avvicinarmi al ragazzo.
-Ti vedo in pensier...-
-Va tutto bene.- Mentì secco lui. 

-È un bellissimo maglione.- Aggiunse restituendomelo, senza insistere lo ripiegai mettendolo dentro la scatola insieme al mio vestito. 

-Grazie.- Mormorò voltando il viso verso i genitori che si zittirono immediatamente. Sobbalzai quando scese dal divano sedendosi per terra al mio fianco, mi cinse con un braccio. 

Il mio cuore fece un salto, se stava recitando lo stava facendo proprio bene. Mi teneva stretta, in una posa all'apparenza naturale, ma io li sentivo i suoi muscoli in tensione. 

Lentamente dalla tasca della camicia del pigiama tirò fuori una piccola scatola di velluto bianco. -Cos'è?- Chiesi quando me la porse sotto lo sguardo curioso dei suoi genitori che si sporgevano per vedere. 

-Ho chiesto a Liam di sceglierlo.- Accennò un mezzo sorriso senza rispondere alla mia domanda. 

-Spero sia carino.- Aggiunse e aprendola scoprii un meraviglioso anellino d'oro bianco con un piccolo diamante a forma di mezza luna sopra.

-Ma...- Lo infilai al dito, senza fiato. -Che c'è?- Chiese il ragazzo facendosi subito preoccupato. Sussultò quando lo abbracciai di scatto. 

-Jake, è meraviglioso.- Dissi piano stringendolo forte, quella era seriamente la cosa che meno mi sarei aspettata da quel ragazzo. 

-Non avresti dovuto, avrai speso una fortuna.- Allontanandomi gli allungai la mano per permettergli di toccare il gioiello. 

Prese la mia mano fra le sue con una delicatezza disumana, lo sfiorò con la punta dell'indice. Un brivido mi corse lungo la schiena al suo contatto, accennò un sorriso. -Una mezza luna.- Constatò.

-Liam ha buon gusto, lo ammetto.- Lasciò la mia mano aprendo di poco gli occhi sottili in modo che solo io potessi vederli. In quelle due bianche pupille cominciavo ad intravedere molto più di quello che scorgevo negli occhi delle altre persone.

-Ti ho già detto che i soldi per me non sono un problema, Mocciosa.- Ribadì a bassa voce. Lo osservai ipnotizzata completamente rapita dai suoi occhi candidi e i suoi dolci lineamenti. 

Un fulmineo senso di colpa mi colpì allo stomaco come un pugno costringendomi ad abbassare lo sguardo.

-Io... non ti ho preso niente Jake, scusa.- Oltre tutte le mie aspettative lui ridacchiò. 

-Mi hai accompagnato qui.- Disse sorridendo con un angolo della bocca.
-Questo per me è già un regalo.-

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