Una sorpresa di Natale

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Angolo dell'autrice:
Eccoci qui con la terza e ultima saga :) Tranquilli, ci sono ancora 40 capitoli a farvi compagnia. Come ho già detto all'introduzione di questa terza storia, qui torniamo alla narrazione in prima persona, all'inizio sarà dal punto di vista solo di Kiaretta (come "Due imprendibili amici") poi però si vedranno prospettive di tanti personaggi diversi (soprattutto di uno in particolare, che non sarà scritto da me, capirete dopo a chi mi riferisco).

 Come ho già detto all'introduzione di questa terza storia, qui torniamo alla narrazione in prima persona, all'inizio sarà dal punto di vista solo di Kiaretta (come "Due imprendibili amici") poi però si vedranno prospettive di tanti personaggi div...

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Fissavo quel piccolo alberello a punta che stava nell'angolino del salotto, stipato di pacchi, pacconi e pacchetti, le luci intermittenti che lo decoravano erano arancioni e si accendevano, poi si spegnevano, in continuazione. Fissavo quelle lucine, con la testa da un'altra parte.

Era la mattina della Vigilia di Natale e ancora non era arrivato quel maledetto e attesissimo pacco. Non si era dimenticato di nessuna festività, mai. Il pacco era arrivato al mio compleanno, a Pasqua e persino ad Halloween, ma questa volta non c'era.

Suonò il campanello, ma non mi alzai dal divano, continuando a fissare le lucine arancioni. Sentii i passi di mia madre attraversare il corridoio e poi il rumore della chiave che girava nella serratura seguito da quello della porta blindata che si apre. Tesi l'orecchio e appena sentii la voce del postino dire quella magica parola, scattai in piedi e schizzai verso la porta d'ingresso.

Rimasi delusa quando vidi che la mia attesissima raccomandata era un biglietto con sopra scritto un semplice "Buon Natale" che per di più non era neanche scritto da lui.

Mia madre tornò ai fornelli, mentre io stavo già per accartocciare quel piccolo maledetto bigliettino, quando mi bloccai. Il postino, quel postino che mi aveva portato il biglietto, io l'avevo già visto.

Suonò di nuovo il campanello ed io, che ero rimasta lì all'ingresso, impalata, aprii.

«Mi scusi, si è dimenticata di firmare.» mi disse serio ed io rimasi lì, imbambolata, a guardarlo, senza firmare, senza parlare, senza muovermi, lo guardavo soltanto.

Ad un tratto, mentre continuavo a fissarlo, scoppiò a ridere, una risata che non sentivo da quasi un anno, eppure continuavo a fissarlo stranita. Quando smise di ridere ricominciò a fissarmi.

«Allora? Pensi di firmare o no?» chiese porgendomi nuovamente foglio e penna.

Questa volta li presi, anche se continuavo a guardarlo, per qualche arcano motivo non riuscivo a smettere di fissarlo. Staccai gli occhi da lui solo un attimo per firmare, poi gli riconsegnai carta e penna.

«Ci conosciamo per caso?» chiesi, mentre lui prendeva di nuovo in mano tutto e sorrideva.

«Non credo signorina, io consegno posta in tanti di quei luoghi che è difficile che mi ricordi tutti.»

Eppure quel sorriso aveva qualcosa di fin troppo familiare.

Quando sparì dalla rampa delle scale chiusi la porta e andai in camera mia. Con ancora quel maledetto bigliettino in mano, mi buttai sul letto supina e chiusi gli occhi, mettendo il braccio destro su di essi in modo che il sole pallido di quella mattina non mi desse fastidio.

Non so per quanto rimasi lì, in quella posizione, ma a un tratto sentii freddo. Mi rannicchiai su me stessa per riscaldarmi tenendo sempre gli occhi chiusi.

Dopo poco il freddo passò, però ebbi un'altra strana sensazione. Sentii il materasso sprofondare un po' di più, come se si fosse aggiunto un peso e subito dopo la voce di quel postino.

«Ciao Kiaretta!»

Spalancai gli occhi e quello che vidi mi lasciò basita. Davanti a me c'era il postino, ma il suo viso era completamente cambiato. Era un viso molto più giovane, fresco, pulito, senza la barbetta che aveva prima. Mi guardava con quei magnifici occhi che si erano trasformati in azzurri.

Una lacrima mi rigò il viso, poi, appena sentii quella piccola gocciolina scendermi per la guancia, non resistetti più e sputai tutte le parole che avevo in bocca.

«Tu e i tuoi maledetti travestimenti! Ti odio, non sai quanto sono stata male in questi giorni, sono arrivata a pensare qualunque cosa. Ti odio!» ribadii infine.

Lui continuava a sorridere, quel maledetto sorriso di cui mi ero perdutamente innamorata.

«Davvero mi odi?» chiese senza cambiare minimamente espressione, ma finalmente con la sua voce.

Io per tutta risposta gli buttai le braccia al collo, mentre quelle piccole maledette lacrime continuavano a scendere.






Il Segreto della doppia K _ TrilogiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora