L'incubo peggiore

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Angolo dell'autrice:
Ora sapete perché dico sempre che io ed il mio personaggio siamo due persone diverse. Per quanto ami alla follia il mio onii-san non m'innamorerei mai di lui! Mentre in questa fan fiction come avete visto il mio personaggio è in preda a una vera e propria crisi amorosa. Senza considerare il fatto che la Kiaretta della storia è molto più piagnona di me XD
Piccolo avvertimento, ricordatevi bene del personaggio di Michael perché riapparirà nelle saghe successive.

Buona lettura ^-^

Il sole era alto nel cielo

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Il sole era alto nel cielo. Non avevo mai visto la città di Tokyo così luminosa. Il caos e il traffico non sembravano fastidiosi come al solito, anzi, sembrava completare quel mondo colorato e confusionario.

Poi però, tutto un tratto, proprio mentre camminavo in quella via caotica, cadde il silenzio. Tutta la gente, le macchine e qualsiasi altro essere vivente esclusa me si volatilizzò. La città divenne completamente deserta e quel silenzio opprimente premeva sulle mie orecchie come il peggiore dei rumori.

Improvvisamente, proprio come la gente era scomparsa, dall'altro lato dell'enorme corso, apparve lui. Kaito. Il suo sorriso da bambino, quegli occhi azzurri e profondi come l'oceano, l'eleganza dei suoi movimenti mentre, con le mani nelle tasche dei pantaloni, veniva verso di me. Fu un attimo. Sentii il colpo prorompente di uno sparo, che nel silenzio di quella strada vuota riecheggiò come un tuono e, subito dopo, un proiettile partì da un punto indeterminato del cielo e lo colpì in pieno petto. Parcepii il panico salire come un macigno e bloccarmi la gola. Non riuscivo neanche ad urlare il suo nome, per la paura. Corsi a soccorrerlo, ma proprio quando mi stavo avvicinando al suo corpo esanime diventò tutto buio.

Come avessi avuto un vuoto di memoria, mi ritrovai da un'altra parte.

Potevo riconoscere quel luogo anche ad occhi chiusi. L'odore di disinfettante, le infermiere che facevano avanti e indietro, le pareti chiare. Un luogo come quello era riconoscibile in qualsiasi parte del mondo. Era un ospedale.

Mi trovavo di fronte a una porta bianca, come le pareti che la circondavano. La porta si aprì e da lì sbucò Aoko. Aveva gli occhi gonfi e rossi per il pianto, che mi guardavano con odio. Un odio che non avevo mai visto nel volto di una persona.

«È colpa tua... – mi disse, quasi sibilando – è solo colpa tua se è morto!»


Solo a quelle parole, forse per la paura di perderlo davvero, mi svegliai. Con un urlo inumano mi rizzai seduta sul letto. Le gocce di sudore m'imperlavano la fronte e ansimavo. Quello era forse stato uno dei miei peggiori incubi. Sentivo ancora ogni singola sensazione sgradevole e quasi mi venne la nausea. No, non quasi, sentii il conato di vomito salirmi in gola e se non fosse stato per la mia prontezza di spostarmi più in là, avrei sporcato tutto il letto.

Probabilmente avevo avuto un calo di pressione per essermi alzata troppo velocemente. Dannai il mio maledetto problema al cuore e andai a lavarmi i denti.

Dopodiché presi il mocio e pulii il pavimento. Anche se quell'incubo continuava a invadermi la mente.


Il giorno dopo andai, come tutte le mattine, a scuola, ma ciò che avevo vissuto quella notte continuava a tormentarmi. Era un chiodo fisso in testa. Durante le lezioni non riuscivo a seguire e persino all'intervallo seduta in una delle tante panche del cortile, non riuscivo a pensare ad altro.

Rimanevo lì, da sola, con lo sguardo perso nel vuoto. Forse proprio per quel motivo se ne accorse anche Kaito.

«Che ti succede fanciulla?» mi sussurrò a un orecchio.

Appena sentii la sua voce al mio fianco, senza pensarci due volte, mi buttai tra le sue braccia e scoppiai a piangere. Tutta la tensione che avevo accumulato a rimuginare su quel maledetto sogno, sgorgò assieme alle mie lacrime che bagnarono la sua divisa scura.

Lo sentivo accarezzarmi i capelli, con un gesto rassicurante. Non una domanda fuoriuscì dalle sua labbra, come se non avesse avuto bisogno di sapere nulla, come se sapesse che l'unica cosa di cui avevo bisogno in quel momento fosse il suo affetto e il suo conforto. Mi teneva stretta tra le sue braccia e finalmente mi sentivo sicura.

Con quella sensazione di sicurezza, come se sapessi che lui mi avrebbe difeso da tutto e da tutti, fui io a raccontare tutto quanto, senza che lui mi chiedesse niente. Gli raccontai dell'incubo e alla fine del mio racconto lui rispose con un dolcissimo sorriso.

«Stai tranquilla, era solo un sogno... E poi ti prometto che starò attento. Ok?»

Annuii e ricambiai il suo sorriso.

Il Segreto della doppia K _ TrilogiaWhere stories live. Discover now