trentanovesimo capitolo

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La casa era di legno e piccola come al solito, nessun cambiamento era stato apportato e la foto di famiglia era ancora sul mobiletto in camera sua.
Poggiai la valigia nella prima stanzetta azzurra, l’unica colorata che ero solita a dividere con mio fratello e storsi la bocca quando trovai qualche chiamata senza risposta da Harry e Niall.
Quando composi un messaggio per mia madre mi squillò il telefono e vidi un numero sconosciuto apparire sulla schermo.
Trattenni il respiro qualche secondo indecisa su cosa fosse giusto fare, ma venni interrotta da mio padre che imprecava in cucina.
Mi alzai dal lettino e corsi nella stanza accanto vendendo investita dal fumo.
‘papà?’  chiesi confusa.
‘maledette torte rustiche.’ Sventolò un canavaccio mettendo in mostra il grembiule che copriva la camicia maledettamente bianca.
Per qualche secondo rimasi sorpresa dalla scena, ma poi decisi di aiutare mio padre che continuava a imprecare restando con le mani in mano.
Afferrai il vassoio nel forno con due presine e lo misi sotto l’acqua, poi aprii la finestra.
‘è bruciata’ storsi la bocca.
‘dannazione.’ Lanciò il solito canavaccio e sparì in salone.
Lo seguii nella stanza di legno scuro e lo trovai con le braccia conserte sul divano.
Sorrisi.
‘non importa, ordineremo la pizza come al solito.’ Mi riferii ai Natali passati.
‘volevo farti mangiare qualcosa di diverso.’
‘perché?’
‘torni qui dopo anni e anni, non posso riproporti la solita pizza con i funghi.’
Rimasi sorpresa ancora una volta.
‘quindi hai deciso di metterti il grembiule e di improvvisarti cuoco?’ risi.
‘sapevo cucinare bene..’ si schiarì la voce ‘qualche anno fa.’
‘stiamo parlando di cinque anni fa.’ Ammisi storcendo la bocca.
‘non ho avuto più tempo di cucinare, oh.’ Scosse il capo ‘questo lavoro..’
‘va bene, papà, non fa niente.’ Annuii.
‘vado ad ordinare le pizze?’ fece spallucce.
‘per stasera è andata così.’
Lui si alzò dal divano scricchiolante e prese le chiavi sul davanzale prima di raggiungere la porta.
‘papà’ richiamai la sua attenzione facendolo girare ‘il grembiule magari toglilo..’
Lui si guardò la pancia e poi sorrise prima di slacciarlo e uscire.
Il rumore della porta che si chiudeva rimbombò nella casa facendomi dedurre che era troppo vuota e non ero pronta a ritrovarmi a casa da sola.
Aprii la porta sul retro e uno spettacolo si aprì davanti ai miei occhi. Il tramonto si rispecchiava perfettamente sul mare.
Tolsi le scarpe e camminai sulla sabbia ancora calda fino a sedermi vicino all’acqua e ai piccoli canali che si creavano a causa delle onde deboli che raggiungevano la riva.
Sospirai ripensando a quanti cambiamenti ero riuscita a sopportare dall’ultima volta che ero finita lì ad osservare il mare in silenzio avvolta da un leggero telo.
Qualche luce in lontananza mi fece individuare il centro probabilmente pieno di persone felici della loro vita e delle loro scelte. Io invece ero solo un’intrusa in quel posto, ma non era una sensazione nuova, visto che mi sentivo di troppo in qualsiasi luogo nell’ultimo periodo.
Non avrei saputo dire come si sarebbe sentita Cassie Hemmings in quel momento, ma probabilmente in quel luogo non si sarebbe sentita poi così diversa.
Non avrei potuto scegliere il posto giusto per me in quel momento, ma sentii che infondo passare un po’ di tempo lontana dai miei problemi mi avrebbe aiutata a riflettere.
Non potevo mentire, mi mancava la routine e la scuola, le serate in discoteca e il divertimento sfrenato, ma nell’ultimo periodo era diventato tutto troppo pericoloso e pesante da sorreggere.
Rimasi a guardare il tramonto per altri minuti, poi entrai in casa e mi gustai la solita pizza ai funghi.


Mi rigirai nel letto per la quindicesima volta tenendo sempre d’occhio lo spiraglio di luce che illuminava uno spicchio di coperta.
Ero stata abituata a svegliarmi presto, quindi non avevo sonno passato un certo orario.
Sbuffai controllando l’ora e notando che erano passati solo quaranta minuti da quando mio padre aveva deciso di bussarmi per avvertirmi che sarebbe andato a lavorare a breve. Non uscì dopo molto tempo, perché pochi secondi dopo sentii la porta chiudersi e realizzai che ero rimasta da sola a casa ancora una volta.
Ormai completamente abbandonata dal sonno scostai violentemente la coperta e presi a frugare nel borsone in cerca delle pasticche mattutine che mi aspettavano.
Non adoravo curarmi ogni giorno come una malata terminale, ma dovevo accettare il fatto che quelle pasticche mi avrebbero aiutata in un modo o nell’altro.
Buttai giù i due oggettini colorati e tossicchiai schifata dal sapore che avevano deciso di sprigionare sulla lingua prima di essere tirate giù.
Aprii la porta della stanzetta priva di ossigeno e per poco mi ritrovai disorientata non riconoscendo la casa che riconobbi subito dopo tirandomi uno schiaffetto sulla fronte.
Con una magliettona larga e una coda approssimata in testa scaldai il thé che mio padre mi aveva preparato con la speranza che facessi colazione con lui.
La cena della sera prima era stata piacevole e stranamente stavo riconsiderando quell’uomo su cui avevo sempre disegnato una ‘x’ immaginaria.
Non aveva accennato domande riguardanti me, la droga o Luke e questo gli avrebbe dato almeno 100 punti in più se non avessi sospettato da subito che era una strategia furba che aveva deciso di adottare con sua figlia. Probabilmente qualcosa che lo psicologo di turno gli aveva suggerito in assenza di idee logiche.
Bevvi il thè bollente ustionandomi la lingua e ringraziai Dio per aver lavato via il saporaccio delle pasticche che ancora non se ne era andato.
Quando mi sedetti sul tavolo, ad occhi chiusi per ascoltare meglio il rumore delle onde, un paio di colpetti secchi contro la finestra mi fecero saltare.
Spiaccicai il naso contro la finestra appannandola col respiro, ma non riuscii a vedere nessuno, così feci spallucce e me ne tornai verso il tavolo, quando un altro suono mi fece girare di scatto e questa volta corsi verso la finestra per capire che razza di persona/animale avesse deciso di farmi spaventare quel giorno.
Un ammasso di capelli ricci balzò da sotto e mi fece spaventare. Quando si diresse verso la porta mi sporsi per vedere meglio, ma non riconobbi nessuno.
Corsi verso la porta quando il citofono suonò.
Aprii la porta scocciata e per poco non ebbi un attacco di cuore.
‘Porca troia, cassie, sei ancora viva.’
Una persona, dal profumo che riconobbi subito, mi saltò addosso stritolandomi.
‘è qui’ Qualcuno urlò alle spalle del ragazzo che mi abbracciava.
‘Cassie!’
Finalmente il ragazzo decise di spostare la spalla e i miei occhi tornarono a vedere.
Zayn, con un sorrisone brillante, era davanti a me e chiamava gli altri che stavano salendo le scalette a due a due per sbrigarsi.
Il riccio, Harry, mi lasciò andare finalmente e mi diede un bacio sulla guancia che lasciò uno schiocco talmente forte che Louis si lamentò.
‘Hey, bello, lasciala anche un po’ a noi.’
Poi mi abbracciò anche lui.
Sbattei gli occhi più di una volta per realizzare cosa stava succedendo, ma quando lo capii fui così felice che per poco mi commossi.
‘non piangere però, siamo venuti a farti una sorpresa.’ Niall scherzò tirando una gomitata a Liam che a sua volta mi diede un abbraccio veloce.
‘ragazzi’ tirai su col naso ‘ma che ci fate qui?’
‘sorpresa’ scandì bene Louis ‘ma sei tonta per caso?’
‘solo le pasticche che ti danno?’ Zayn sghignazzò
‘stai zitto, Malik’ Risi
‘ti curano dalle pasticche dandoti altre pasticche?’ Harry si morse la guancia dall’interno.
‘sono calmanti.’ Mi grattai la nuca ‘forse anche un po’ troppo.’
‘non sei isterica come al solito infatti.’ Annuì Liam.
‘come l’ultimo periodo’ corresse Niall alzando il dito.
‘Harry’ Louis rispose alla sua domanda precedente ‘è assurdo dire che la curano per le pasticche, non è mica una drogata, su.’
Gli altri annuirono sghignazzando.
‘beh, non ci vuoi far entrare?’ Niall disse spostando tutti e entrando senza aspettare una risposta. Tutti gli altri lo seguirono.
‘Cassie’ Harry mi afferrò la mano impedendomi di entrare.
‘dimmi’ sorrisi.
‘loro non..’ si schiarì la voce ‘sanno niente.’
‘riguardo al bacio?’
Lui annuì.
‘grazie harry’ Lo abbracciai.
‘mi spiegherai cos’è successo, vero?’ Mi guardò intensamente.
Capii che non si stava più riferendo al bacio, ma al motivo delle pasticche, dell’ospedale e della macchina distrutta.
‘è più complicato di quello che può sembrare.’ Storsi la bocca dicendo una cosa vera finalmente.
‘quando te la sentirai di dirmi la verità..’
non concluse la frase, perché lo bloccai.
‘te la dirò sicuramente.’ Annuii mentre il suo sguardo si illuminava.
‘ti voglio bene.’ Mimò con la bocca a bassa voce e io non credetti alle mie orecchie.
‘cosa?’ alzai le sopracciglia divertita.
‘lo so che non te lo dico mai, ma..’ si grattò il mento ‘quando abbiamo trovato la macchina distrutta la mattina dopo..’
Lo afferrai per il braccio.
‘cosa? L’avete trovata voi?’
‘beh, non sapevamo ancora niente dell’ospedale’ si guardò i piedi ‘non sapevamo che fine avevi fatto.’
Mi si contorse lo stomaco.
‘cos’è successo poi?’ chiesi.
‘abbiamo riconosciuto la macchina.’ Annuì ‘e poi ti abbiamo cercata un po’ ovunque, casa tua era aperta..’
Non riuscii ad interromperlo, era troppo preso dal racconto.
‘quando abbiamo chiamato tua madre c’ha spiegato tutto’ mi guardò negli occhi ‘è stato orribile, Cassie, abbiamo pensato al peggio.’
‘harry..’
‘non posso permettermi di perdere un’amica come te.’ Scosse la testa prendendomi le mani ‘quindi qualsiasi cosa sia successa, ti prego, non farlo più.’
‘erano solo tre pasticche.’ Scossi la testa.
‘non erano solo quelle, cassie.’ Mi trafisse con lo sguardo e io decisi di stare zitta, perché era la cosa più giusta in quel momento.
‘Il giorno dopo siamo tornati a scuola comunque’ continuò con il racconto di prima ‘ho litigato con ashton.’
‘cosa?’ boccheggiai.
‘era lì, a quel tavolo, a fare il depresso da solo.’ Deglutì rumorosamente ‘mi ha dato fastidio vederlo così, dio.’
Lo feci continuare.
‘noi stavamo aspettando il tuo risveglio e potevamo perdere un’amica, noi potevamo stare male, non lui. Lui non c’entrava assolutamente nulla’ alzò il tono della voce.
‘harry..’ sussurrai
‘lo so, ho sbagliato a prendermela con lui.’ Annuì a testa bassa ‘ma la verità è che non riuscivo e non riesco a capire molte cose, in quel momento non sono riuscito a trattenere le emozioni e me la sono presa con la persona più sbagliata forse..’
Feci una smorfia notando la sua espressione afflitta.
‘è passato ormai, ok?’
Lui annuì e abbozzò un sorriso.
Gli feci strada con le braccia verso la porta e lui seguì la strada fino a raggiungerla.
‘anch’io’ dissi.
Lui si girò confuso, poi l’espressione si rilassò e annuì sorridendo.
Anch’io gli volevo bene.

Angolo di Claire
I miei Carry feels.
Vado di corsa come al solito e so che mi odiate per questo.
Intanto ringrazio tutti i likes (forzati, ma who cares) e i duecentomilioni di nuovi lettori che sono davvero tantissimi.
Questa volta non vi forzo a mettere like, ma spero che lo facciate di vostra spontanea volontà.
Ma Ashton?
Ashton tornerà, tesori belli, capisco che sentite la sua mancanza, ma dovrete pazientare.
Detto questo posso tornare a fare la baby sitter. 
Vi adoro.

Claire ♥

ripped jeans || ashton irwin♡Where stories live. Discover now