trentottesimo capitolo

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Mi risvegliai intorpidita a causa dell’anestesia subita poche ore prima.
L’ultimo intervento al braccio era stato portato a termine, così avrei potuto lasciare l’ospedale a breve.
Quando aprii gli occhi rividi le immagini sfocate di qualche ora prima e giurai di aver visto Ashton con un cappellino che mi osservava in silenzio.
Ovviamente era solo un sogno, perché quando chiesi a mia madre se qualcuno fosse entrato mi rispose che era impossibile.
La donna entrò in stanza con un bicchiere colmo fino all’orlo e mi costrinse a berlo.
‘cos’è? Roba per drogati?’ scherzai scegliendo una battuta di cattivo gusto.
Mia madre storse la bocca ed abbassò lo sguardo.
‘beh, domani torni a scuola quindi?’ mi guardò.
Alzai improvvisamente lo sguardo presa dal panico a causa delle sue parole che risvegliarono ogni muscolo addormentato fino a concentrarlo nella voce che mi uscì come un urlo.
no.’
Lei saltò all’indietro.
‘no, mamma, non voglio tornarci.’ La pregai con lo sguardo.
‘non vedo perché non dovresti tornare.’
‘ho rischiato di morire per un’overdose di mix di droghe, ho fatto un incidente, sono stata una settimana all’ospedale e tu mi proponi di tornare come se niente fosse? Cosa penserà la gente di me?’ mi misi una mano tra i capelli ‘una persona normale sarebbe stata spedita in un centro di riabilitazione contro la droga.’
Avrei preferito un centro di riabilitazione rispetto alla scuola.
Non sapevo che voci girassero o se Helena e la sua amichetta fastidiosa avevessero deciso di raccontare la verità.
‘hai preferito insabbiare la storia se non ricordo male. Nessuno sa quello che è successo veramente.’
‘sanno che ho fatto un incidente?’
‘esattamente.’ Storse la bocca ancora una volta.
Non avrebbe mai capito il vero motivo per cui non avrei più messo piede in quella scuola. Neanche avrei perso tempo a raccontarlo, sarebbero state troppe parole sprecate quando potevo riassumere tutto parlando solo di quanto fossi stata stupida ad essermi fatta catturare da problemi di cuore nonostante non ne avessi mai sentito parlare prima.
Gli unici problemi di cuore che avevo mai avuto prima erano solo racchiusi in discoteca e la scelta era solo tra un biondo o un moro. Ashton era riuscito a cambiare anche questo ovviamente.
‘Non puoi studiare da privatista, almeno dammi un motivo, una spiegazione.’ Cominciò a gesticolare.
‘La volete smettere di chiedermi duemila spiegazioni?’ urlai.
Cosa avrei dovuto dirle? Che in qualche mese la mia vita si era stravolta completamente e che addirittura ero minacciata da due ragazzine?
Lei si schiarì la voce.
‘non voglio tornare a casa.’ Mi morsi il labbro ricordando l’ultima sera passata in quelle mura cupe.
‘Cassie, per l’amor di dio, dove vuoi andare a vivere?’
‘lontano da qui, ok?’ risposi brusca senza neanche pensare alle parole.
Lei annuì in silenzio.

Quando mia madre tornò in stanza stringeva il cellulare nella mano destra e un pacchetto di fazzoletti consumati nell’altra.
Il trucco colato mi fece capire che aveva appena smesso di piangere.
‘hai sentito luke?’ chiesi speranzosa.
‘ho sentito Derek.’
Il cuore mi fece una capriola nel petto fermandosi nel posto sbagliato e bloccandosi.
papà.’ Sussurrai realizzando già il motivo per cui aveva deciso di sentirlo.
‘andrai a vivere da lui per un po’.’
‘cosa? A Bunbury?’
‘so che è lontano, ma penso che ti farà bene passare del tempo lontano da qui.’ Batté ripetutamente gli occhi per cacciare via quel pensiero.

Presi il permesso d’uscita due giorni dopo e mi ritrovai catapultata nel mondo ancora una volta.
Le strade affollate dell’ospedale poco fuori Perth mi investirono portando con loro quell’odore di smog che mi fece capire che il mio periodo di riflessione era terminato.
Ero stupita da come erano riusciti ad infangare il mio caso nonostante avessi a che fare con le droghe, ma avevo promesso a mia madre che avrei smesso una volta arrivata da papà.
Mia madre mi aprì lo sportello mentre una ventata di aria calda mi fece svolazzare un capello davanti al naso.
Il sole risplendeva oltre il vetro e il cruscotto bruciava a causa del calore. Non ero né triste né emozionata, restavo seduta su quel sedile in silenzio e forse un po’  troppo confusa e rimbambita a causa delle pasticche che dovevo prendere regolarmente.
Se non dovevo drogarmi con la droga, dovevo farlo con altre pasticche, il che era spaventosamente divertente.
La maglietta larga  e bordeaux si adattava addosso facendo apparire il mio volto più pallido e svuotato del solito e i capelli mossi ricadevano scomposti sulle spalle.
Quando mia madre accostò sul ciglio della strada, esattamente a metà percorso, mi resi conto che era passato un bel po’ di tempo dall’ultima volta che avevo visto mio padre.
Eravamo soliti a incontrarci lì, a metà strada tra le due città, ma questa volta non c’era Luke e non era periodo Natalizio.
Voltai la testa verso il sedile di mia madre che fissava il volante in attesa di qualcosa.
Mi schiarii la voce non sapendo cosa dire e aspettai che il fuoristrada scuro e lucido si accostasse per poi farne uscire mio padre.
Chiusi gli occhi più volte fino a quando l’uomo brizzolato aprì lo sportello dalla mia parte e io scesi dalla macchina.
Sorrisi impacciata davanti all’uomo che avrebbe dovuto crescermi e mi girai aspettando che mia madre mi raggiungesse, cosa che fece subito.
Notai il disagio dei miei genitori in quel momento, ma non sapevo cosa fare per alleggerire la situazione che si era creata anche per colpa mia.
Probabilmente mio padre mi avrebbe riempito di domande fingendo di interessarsi alla mia vita che non avrei potuto definire noiosa. Oppure mi avrebbe assegnato la solita stanza azzurra e sarebbe corso al lavoro ogni mattina lasciandomi sola senza neanche salutarmi.
Mia madre mi diede un bacio veloce sulla guancia e mi sussurrò qualche parola rassicurante all’orecchio chiedendomi di tornare il prima possibile.
Quando mise in moto la macchina e volò via mi fece compagnia solo il rumore dei veicoli e il respiro impaziente di mio padre.
‘sei meno bionda dall’ultima volta che ti ho visto.’
‘li ho anche tagliati.’ Aggiunsi decidendo che probabilmente avrei preferito parlare di capelli rispetto al resto.
L’uomo afferrò la valigia sgargiante e la mise nel portabagagli facendomi segno di entrare in macchina.
Quando entrai in macchina realizzai di essermi seduta sul sedile posteriore come ero abituata a fare, lui se ne accorse e sorrise senza farsi notare.


Angolo di Claire
chiamamiamolo capitolo noioso di passaggio, ma era indispensabile.
Cassie se ne è andata, ma tornerà.
Non ho molto tempo per commentare, forse vi starete chiedendo che fine ha fatto Ashton, ma lo vedremo a breve. 
Come avete visto hanno deciso di infangare 'il caso' e per fortuna nessuno (o in pochi) sapranno il vero motivo per cui è finita all'ospedale.
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo e sbizzarritevi con i likes.
75 Likes eh, sono sicura che non mi deluderete.
Grazie mille a tutti.
Claire♥

ripped jeans || ashton irwin♡Where stories live. Discover now