Capitolo XX

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Capitolo XXI
E la vita cammina quasi dritta

Ceara sospirò incantata, voltando pagina per la quinta volta in soli cinque minuti. Quel libro era incredibilmente interessante, forse uno dei più belli che avesse letto. Di solito prediligeva le storie d'amore, le piaceva cercare nella letteratura quello che non avrebbe potuto avere nella realtà, ma doveva ammettere che quella storia di cavalleria, mistero e tesori da trovare era affascinante. La portava lontano, sottraendola a quella piccola e angusta camera piena di brutti ricordi.

Ma anche di bei ricordi.

Erano pochissimi, questi ultimi, pezzetti di azzurro in un cielo terso e temporalesco, ma bastavano. Ceara era abituata ad aggrapparvisi, aveva imparato a richiamarli alla mente al momento giusto, a usarli come barriera tra sé e il presente. Quando delle mani estranee e dure la stringevano, la toccavano, lei pensava ai momenti di felicità che aveva vissuto in quella stessa stanza, in quello stesso letto, con qualcuno che non aveva dovuto pagare per la sua compagnia. Che non avrebbe mai dovuto pagare. Le piaceva immaginarsi come una delle eroine dei romanzi che leggeva, costrette a combattere e fare cose terribili, ma che alla fine avrebbero conquistato il loro lieto fine. Sarebbero state salvate, in un modo o nell'altro.

Qualcuno bussò alla porta e Ceara sobbalzò, temendo fosse l'ennesimo cliente della giornata, ma sospirò dal sollievo quando vide affacciarsi la testa rossa e riccioluta di Opal.

-Stai ancora leggendo?- le chiese la nuova arrivata, chiudendosi la porta alle spalle -Quel libro sta durando più degli altri.

-Sai che sono sempre disponibile per insegnarti a leggere, Opal.- le rispose -Non sai cosa ti perdi.

La sua amica e collega ridacchiò, gettandosi sul letto accanto a lei.

-Grazie ma no grazie.- le pizzicò il naso, in uno slancio d'affetto che la faceva sembrare una bambina e che poco aveva a che fare con il loro lavoro -Sono venuta a dirti che per oggi abbiamo finito, André ha deciso di chiudere prima.

Erano appena le undici di sera, solitamente i postriboli rimanevano aperti fino alle tre o le quattro. André però faceva buoni affari, essendo quella casa di costume l'unica e sola a Biblury, quindi a volte chiudeva prima e concedeva a tutti la serata libera. Ceara si sentì sollevata e si strinse il piccolo libro al petto, felice di poter trascorrere la serata dedicandosi alla lettura. Quando la vide, Opal alzò gli occhi al cielo.

-Oh, andiamo, non dirmi che è così che vuoi passare la serata.- recriminò, imbronciata -Potremmo uscire a fare una passeggiata, è una bellissima serata!

-Voglio finire il libro.- si oppose Ceara.

Opal la colpì con un cuscino.

-Sei diventata proprio noiosa!- borbottò -Accidenti a Will che ti ha insegnato a leggere, non capisco proprio cosa ci troviate... sono solo pelli di animali morti anni fa, su cui qualcuno ha tracciato degli strani simboli.

L'intento non era quello, ma Ceara si rabbuiò e distolse lo sguardo.

-É sparito da un giorno all'altro.- mormorò, riferendosi al ragazzo appena nominato -Quando Alton è venuto a cercarlo qui non immaginavo che non l'avrei rivisto per così tanto tempo.

Opal sussultò quando sentì il nome del ragazzo biondo, prendendo a mordicchiarsi nervosamente le labbra.

-Alton non ha scoperto dove sia andato?- la incalzò Ceara, troppo concentrata sul proprio turbamento per accorgersi di quello dell'amica.

-Sai che non parlo con lui.- rispose Opal, a denti stretti, distogliendo lo sguardo -Non l'ho neanche più visto in giro, da quel giorno in cui ha fatto irruzione qui.

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