Capitolo XXXIX

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Capitolo XXXIX
Vi splende d'un tratto uno sguardo

Seduta davanti al fuoco, Aislin sistemò il frammento di Maia nella custodia di cuoio, osservando assorta gli altri e cercando di ricomporre nella propria mente la profezia che sembravano formare. Mancavano troppi pezzi, ancora, e non sapevano come distruggere il Libro. Senza contare che il frammento di Electra era andato perduto, e senza quello sarebbe stato impossibile spezzare la maledizione.

Se distruggi il Libro, il tuo amato regno andrà in pezzi.

Le parole di Davon, la sua voce sprezzante, continuavano a tornarle in mente. Continuava a chiedersi se le avesse detto la verità, a sperare che le stesse mentendo: un manufatto tanto potente da decidere della vita delle persone, un oggetto pericoloso come il Libro... andava cancellato. Aveva causato dolore in passato e ne avrebbe causato ancora, se fosse finito in mani sbagliate. Strinse i denti, domandandosi a che punto fossero Alton e Harper con le loro ricerche, e se quest'ultimo si fosse ripreso. Sospirò piano e sfiorò con le dita il frammento di Asterope, quello che le aveva dato Bibiane, chiedendosi se la sua tata stesse bene. Era lontana da palazzo da così tanto tempo, lei che non era mai uscita per più di due giorni e sempre accompagnata dalle guardie, scortata e controllata, trattata come una bambola di porcellana estremamente preziosa.

Era tutto così diverso.

Fare i conti con quanto aveva visto era difficile, impossibile, per una principessa cresciuta con saldissime convinzioni. L'amore per sua madre era come un nervo bruciato e marcio in lei. Non riusciva a cancellarlo, faceva male. Non riusciva a crederci. Non poteva affrontarlo. La sua famiglia era crudele, lei era il frutto di una menzogna e di un inganno, odiata dalla madre tanto quanto dal padre. Era la principessa di un regno che forse non meritava di essere salvato. Non così com'era, ingiusto, rovinato, corrotto.

Lyonesse non andava solo salvato.

No, andava cambiato.
Ma lei sarebbe stata abbastanza forte da riuscirci?

In quel momento sentiva di no. Provava soltanto rancore. Un profondo, bruciante, terribile rancore nei confronti di sua madre e di suo padre e delle menzogne a cui aveva creduto per una vita. Rabbia. Per se stessa. Si era lasciata ingannare, era stata una sciocca, egoista ragazzina viziata e continuava a esserlo. Non avrebbe versato neanche una lacrima. Doveva essere forte, doveva ricostruire quello che era andato distrutto e andare avanti a testa alta. Si fece forza, mentre richiudeva con movimenti forse troppo bruschi la custodia di cuoio e la riponeva tra le loro cose.

Erano ancora sulle Montagne Aguzze, a metà della discesa che li avrebbe riportati a valle e poi verso la Cava. Non sarebbe stato prudente proseguire col buio, così si erano accampati non appena avevano trovato un punto agibile e piano, tanto da ospitare in lontananza un boschetto di pini selvatici. Nonostante quella piccola fortuna, erano allo scoperto e il cielo minacciava pioggia. La settimana di ghiaccio si avvicinava, l'aria era gelida e i lampi e tuoni in lontananza lasciavano presagire che ci sarebbe stato un temporale. Vicino al fuoco e con diversi strati di coperte addosso, Aislin tremava dal freddo.
Quando sollevò lo sguardo, si accorse che Will la stava fissando. Era seduto dall'altra parte del fuoco, su una roccia dall'aria scomoda, e si stringeva addosso una coperta simile a quella di lei.  Aislin non poté fare a meno di pensare che era lo stesso ragazzo che un attimo dopo essere andato in pezzi tra le sue braccia si era rialzato e scrollato via le lacrime, si era scusato guardandola negli occhi, non nascondendole il proprio dolore ma offrendoglielo, portandolo alla luce. Avrebbe dovuto essere una debolezza, ma le aveva anche mostrato quanto fosse coraggioso.

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