Capitolo XLIX

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Capitolo XLIX
Ne splendono i punti nerissimi intenti

La notte era stata gelida e aveva diluviato, ma Will era abituato al clima della Foresta Nera. Da bambino, quando vi si era rifugiato per sfuggire alle guardie, si era inzuppato per intere notti, incapace di trovare un riparo o in fuga dai Gurung. Prima di imparare a cavarsela aveva commesso diversi errori, ma proprio questi lo avevano aiutato a imparare a difendersi e orientarsi in quel labirinto di mostri.

E quella notte li aveva messi a dura prova.

Faceva ancora freddo, anche se non come nella settimana di ghiaccio. E non c'erano grotte nelle vicinanze, per cui avevano dovuto accamparsi all'aperto e tentare un riparo di fortuna con rami e coperte. Ripararsi sotto gli alberi con i fulmini non era stato il massimo, d'altro canto non erano riusciti a trovare spazi aperti. E muoversi di notte nella foresta, specie sotto una tempesta, non sarebbe stato sicuro. Perciò si erano bagnati, tremando dal freddo sotto la pioggia sferzante, fino a quando l'alba e lo svanire delle nuvole non avevano fatto tirare loro un sospiro di sollievo.

Will aveva fatto quasi tutti i turni di guardia, quindi era esausto. Ma non si fidava ancora del tutto di Blair e non voleva che Aislin si stancasse, considerato quanto gli ultimi giorni fossero stati duri per lei. In più dormire era difficile, quando il suo cuore impazziva al solo pensiero di aver vicino la principessa e non potersi avvicinare. Sapeva che abituarsi a dormire stringendola tra le braccia, quando erano alla locanda, si sarebbe rivelata un'arma a doppio taglio. Eppure non era riuscito a impedirsi di farlo. Come non riusciva a smettere di guardarla in quel momento, mentre gli camminava davanti al fianco di Blair, scambiando di tanto in tanto qualche parola con la loro nuova amica.

Distolse improvvisamente lo sguardo, cercando di non pensarci. Aislin aveva cose più importanti a cui badare e lui l'aveva respinta. Cercò di ricordare a se stesso per quale motivo lo avesse fatto. Ma anche se le ragioni c'erano ed erano infinite, aveva voglia di toccarla. Aveva continuamente voglia di toccarla. O di avvicinarsi abbastanza da sentire il suo profumo. Di parlarle. Farsi guardare da lei. Sapeva di dover collezionare sguardi e momenti per quando le avrebbe detto addio, in modo da non dimenticarla mai.

-Siamo arrivati, Blair!- la voce dell'oggetto dei suoi pensieri lo riportò alla realtà e, vedendo lo scivolo di fango in lontananza si sentì rincuorato.

Erano a casa, finalmente. Avrebbe rivisto Alton. E Harper. Sperava che stessero bene. Entrambi, paradossalmente. Quando erano partiti il mercenario era spaventosamente pallido e aveva la febbre alta, inoltre perdeva molto sangue e Alton non era ancora riuscito a sistemargli il braccio. Odiava ammetterlo, ma si era sentito in pena per lui. E probabilmente lo era ancora. Anche se non si fidava come Aislin, e riteneva che lei fosse una folle a farlo.

-Arrivati?- chiese Blair, confusa -Arrivati dove? Qui non c'è niente.

Aislin sorrise divertita.

-Be', non ti aspetterai mica che sia in bella vista, no?- le strizzò un occhio -È un rifugio.

Si fece avanti, passando tra gli alberi che nascondevano la ripida parete di fango scivoloso, e fece segno agli altri due ragazzi. La corda che lei e Will avevano legato alla base di uno dei tronchi – per potersi calare giù e risalire – era ancora lì. Tuttavia, quando si voltò per guardare giù, nel piccolissimo spazio fuori dai rampicanti che celavano l'entrata della Cava, notò due figure accovacciate intente a spellare una piccola volte.

Un sorriso emozionato le illuminò il viso, mentre già alzava il braccio per attirare la loro attenzione.

-Harper!- chiamò il primo ragazzo, felice di vedere che si era ripreso -Alton!

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