31 - gli unici di cui avere paura

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Quando avevano ricevuto la convocazione del Wizengamot, quella mattina, si erano ritrovati a rintracciare i vestiti sparsi sul pavimento con una velocità che, probabilmente per la prima volta in tutta la vita, aveva portato Severus ad incrociare in malo modo l'allacciatura degli infiniti bottoni che solcavano la sua casacca nera, lasciandolo incredulo di se stesso nell'osservarsi non impeccabile come al solito.
Quando le rivolse un accenno di sorriso divertito, ponendo rimedio al suo errore dettato dalla fretta, la porta dei sotterranei rivelò la figura trafelata di Minerva McGranitt che, evidentemente, doveva aver subito la medesima scarica di adrenalina al ricevimento della missiva.

-    "Mi hanno convocata per una sessione processuale..."

Severus assicurò l'ultimo bottone della casacca, nascondendo al mondo la sua pelle diafana, prima di abbandonarle negli occhi uno sguardo carico di determinazione e consapevolezza.

-    "Evidentemente dovrai accingerti a giudicarmi, Minerva..."

Hermione osservò la preside mentre lasciava indugiare le iridi grigie sulla sua camicetta ancora aperta sul reggiseno di pizzo bianco.
La vide trattenere un sorriso, poi rivolgersi a Severus.

-    "Perché hanno anticipato la seconda sessione del processo?"

Minerva era una donna singolare.
Padrona del coraggio di un condottiero leggendario, sempre pronta a mettere in discussione i suoi anni e a sfidare il mondo a viso scoperto eppure, di fronte alle novità, sembrava si lasciasse prendere dal panico, tradendo un filo di ansia che si ostinava ad incresparle il respiro, malgrado ogni suo più ferreo tentativo di reprimerlo.
La frase le scappò fuori dalle labbra, andando ad infrangersi sulle pietre del sotterraneo e portandosi dietro un brivido di sospetto che a Severus non riuscì a sfuggire.

-    "Non lo so, Minerva!"

La sua voce era tagliente, gelida, priva degli accenti sensuali da cui si era lasciata accarezzare per tutta la notte.
E in quel momento le fece paura.
Perché Hermione Granger era un bravo avvocato, forse uno dei migliori, ma non si era mai trovata a dover difendere qualcuno che amava.
E, per la prima volta in vita sua, si sentì in dovere di mettere in discussione quello che le era sempre apparso di una naturalezza incredibile.
La seconda sessione del processo sanciva l'assoluzione dell'imputato, o la sua condanna.
E improvvisamente le catture di Severus, gli omicidi obbligati, le verità scoperte, le sembrarono non essere più abbastanza per garantirgli la libertà.
Se davvero qualcuno voleva anticipare il processo era perché voleva impedirgli di arrivare alla verità.
O almeno questo era quello che Hermione cominciava a sospettare con sempre più insistenza.
E se la verità era la sua unica carta vincente, allora lei doveva trovarla prima di sperticarsi in una delle sue arringhe altisonanti.
In quella che avrebbe dovuto essere la più altisonante di tutte.
Prima di trovarsi al cospetto di una giuria pronta a difendere con le unghie e con i denti tutto quello di cui aveva passato la vita a beneficiare.
Perché quella volta non era solo la sua futile carriera ad essere messa in gioco, quella volta non si trattava semplicemente di una tacca in più da mettere sul manico della sua spada di avvocato dalle mille vittorie.
Quella volta, in gioco, c'era la vita dell'uomo che si era ritrovata ad amare.

-    "Quanti mangiamorte restano da rintracciare sulla tua lista, Severus?"

Sentì la sua stessa voce mettere fine ad un silenzio che si era fatto pesante.

-    "Uno..."

Glielo sibilò, lasciandolo strisciare a malapena fuori dai denti.
Hermione si diresse verso la cornice del camino, fece per afferrare la bottiglia di whisky, poi ci ripensò.
Recuperò la borsa frettolosamente sul pavimento gelato, ci rovistò dentro come era solita fare, estrasse il pacchetto di sigarette e ne accese una lasciandosi assuefare dall'aroma di vaniglia che improvvisamente le riempì i polmoni.
Non aveva senso.
Un'idea assurda le aveva sfiorato i pensieri per un istante.
Ma se mancava un mangiamorte all'appello, allora la sua teoria perdeva di senso.
E fu in quel momento che un rumore secco a ridosso della finestra la fece sobbalzare.
Un gufo traballante si fece strada verso il centro della stanza, planò sulla scrivania e abbandonò con un colpo del becco una copia stropicciata della gazzetta del profeta che doveva aver subito chissà quale sevizia.
Hermione vide Severus avvicinarsi al tavolo, far scivolare una moneta nella borsa che il pennuto portava legata alla zampa, con un gesto dettato dall'abitudine.
E poi lo vide sbiancare.
In quel modo impercettibile e irriconoscibile per il resto del mondo, che a lei invece sembrava tanto chiaro da diventare quasi accecante.
Lo raggiunse con un passo fatto di fretta, gli poggiò una mano sulla spalla, con una confidenza che probabilmente avrebbe voluto palesare di meno.
Nel momento in cui lui si voltò a guardarla si sentì trafitta dalle sue pupille inondate di fiamme.

Di vento, di sabbia e di silenzioWhere stories live. Discover now