17 - paura

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-    "Vuole che le dica che ho avuto da fare, professore?
O vuole che le dica la verità?"

Lo aveva lasciato uscire senza più pensarci.
Perché Hermione Granger si era stufata di pensare.
Si era stufata di essere forte.
Si era stufata di fingere.
E, soprattutto, si era stufata di averlo lontano.
Di non poterlo toccare.
E adesso avrebbe solo voluto dirgliela, quella fottuta verità.
Avrebbe voluto dirgli che avere paura l'aveva sempre fatta sentire debole.
Ma che avere paura accanto a lui la faceva sentire umana, più di quanto fosse mai riuscita ad immaginare.
Avrebbe voluto dirgli che si era sentita sola al mondo per tutta la vita.
Troppo lontana dalla spensieratezza dei suoi coetanei che, sebbene avessero vissuto la sua stessa guerra, avessero pianto i suoi stessi morti, non portavano le sue stesse cicatrici.
E che poi, di colpo, accanto all'uomo più solitario del mondo, sola, non ci si era sentita più.
Avrebbe voluto dirgli che il suo odore le mancava tanto da farle venire voglia di vomitare.
Che la sua cultura sconfinata continuava a solleticarle i pensieri.
Che le sue frasi pungenti e quell'eterna lotta a cui era costretta al suo fianco le erano improvvisamente sembrate l'unico scopo per cui valesse la pena di vivere.
Avrebbe voluto dirgli che senza di lui non le importava più un cazzo di essere un grande avvocato.
Che non le importava più della sua casa piena di mobili di antiquariato che le erano costati una fortuna, degli scuri di legno fatti su misura, del parquet originale che aveva fatto restaurare, delle piante sul balcone.
Che forse non le era mai veramente importato, e che era stato solo un modo per trovare uno scopo ad una vita che doveva per forza essere splendida.
Perché lei era Hermione Granger, la strega più brillante della sua età.
E per Hermione Granger non poteva esserci niente che non fosse perfetto, che non fosse all'altezza di quelle stramaledette aspettative che il mondo le aveva sempre riversato addosso senza alcuna pietà.

-    "McLannet è un'idiota. Devi togliermelo di torno..."

No, Severus Piton non rispondeva mai ad una domanda.
Non lo avrebbe fatto nemmeno quella volta.
Sottraendole l'unica scusa per trovare la forza di dirgliela, la verità.
E lei, che aveva combattuto contro il più oscuro dei maghi, che aveva tenuto la testa alta di fronte alla guerra più spregievole che il loro mondo avesse mai sopportato, si ritrovava a non essere in grado di parlare.
Non a lui.
Non come avrebbe voluto.

-    "Se McLannet non le va bene, le farò mandare un altro vigilante."

Lo disse alzandosi dalla sedia, cercando di scappare il più in fretta possibile, per non fargli scoprire quelle maledette lacrime che sentiva premere agli angoli degli occhi.
E si odiò per questo.
Raggiunse la porta, Hermione.
Pronta a tornare alla sua vita, macchiata dalla sconfitta per non essere stata in grado di provare ad afferrare quella felicità che si era sempre costretta a fingere, e che adesso aveva trovato nell'uomo più improbabile di tutti.
Nel più sbagliato di tutti.
Nel più simile a lei, tra tutti.
Tirò la maniglia di scatto, era talmente gelida da farle dolere la pelle della mano.

-    "Fermati!"

La voce di Severus Piton tagliò l'aria umida dei sotterranei, buttando indietro quel primo singhiozzo che voleva farle capolino dalle labbra.
Chiuse gli occhi un istante, Hermione.
Cercò di riappiccicarsi sul volto alla bene meglio la maschera da donna in carriera, da avvocato pronto a conquistare il mondo.

-    "Posso fare altro per lei, professore?"

Si voltò, costringendosi a guardarlo negli occhi.
Quegli occhi così profondi da farle desiderare di scoprire ancora una volta tutti i segreti che nascondevano tra le loro tenebre eterne.

-    "Sì..."

Solo una sillaba, pronunciata dalla sua voce strascicata e fredda.
Non un'espressione del volto.
Non un sussulto.
Niente.
Come niente aveva mai mostrato.

-    "Mi dica, in che modo posso esserle utile, professore..."

Silenzio.
Gli occhi immobili, ancora.

-    "Sì..."

Lo disse di nuovo, Severus Piton, ed Hermione si ritrovò inerme, aggrappata ad una porta nascosta nell'ombra.
Si ritrovò frastornata, senza capire cosa fare.
Si ritrovò ferma, in balia di un uomo che si era ritrovata ad amare.
Senza sapere il perché.

-    "Sì cosa, professore?"

Lo vide girarsi di scatto, dirigersi verso la libreria immensa che faceva da scenografia eterna al suo regno di formule e barattoli.
Lo osservò appoggiare le mani ad una mensola, chinare il capo in avanti per un istante.
Poi sollevarlo, lasciare lo sguardo a vagare sulla cultura che gli aveva fatto da compagna per tutta la vita.

-    "Si...ho paura.
È tutta la vita che ho paura, Granger."

Trattenne il fiato, mentre il suono di una minuscola parte di verità, cantata dalla voce dell'uomo che non parlava mai, le contorceva lo stomaco, i pensieri, le dita e il cuore.
Lo vide voltarsi, dopo aver risposto ad una domanda che gli aveva rivolto quando tutto sembrava essere uno stupido gioco delle parti, fatto per conquistarsi il potere a suon di battute taglienti.
Lo osservò trafiggerla con uno sguardo che non le era mai sembrato tanto bello, tanto pieno di misteri afferrabili e di segreti che non chiedevano altro che il permesso di essere scoperti.

-    "Ho sempre avuto paura.
E nessuno me lo ha mai chiesto...
Solo tu."

Si costrinse a restare ferma, Hermione.
Mentre avrebbe voluto corrergli incontro, prendergli le mani e farsi invadere dal calore insospettabile della sua pelle, ancora una volta.
E poi sorrise.
Perché per la prima volta lo vide fragile.
Impaurito ed incerto.
Forse vittima, come lei, di qualcosa a cui non riusciva a dare una spiegazione e che gli strappava a forza la maschera dal volto.
Malgrado la sua volontà, malgrado ciò che era giusto, malgrado una vita fatta di orrori, di morti e di un pentimento eterno che non avrebbe mai dissetato la sua voglia di redenzione.
Ma stava lì, fermo davanti a lei.
Con gli occhi che stavano dicendo troppo e le labbra che si imponevano di non dire più niente.
Stava immobile, lasciandole intuire il suo respiro che si prendeva un minuscolo spazio di immobilità della stanza senza chiedere il permesso, sollevando impercettibilmente la casacca nera e perfetta.
Dipingendogli il petto di pennellate di umanità, scampata alla vita di un mostro.
Ed Hermione capì che non era Severus l'antagonista della sua storia.
Non era mai stato Severus.
E che lui, in quel momento, aveva deciso di smettere di esserlo di se stesso.

Di vento, di sabbia e di silenzioWhere stories live. Discover now