12 - la scogliera

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Non si era mai accorta di quanto fosse semplice restare fermi.
Immobili, ad aspettare che qualcuno facesse il primo passo.
Nella vibrante attesa di una mossa lasciata scappare per sbaglio.
Di una parola di troppo.
Non si era mai resa conto di quanto le venisse naturale restare in silenzio.
Proprio lei che aveva sempre parlato più forte degli altri, più attentamente degli altri, più a fuoco degli altri.
Lei che aveva fatto della sua padronanza di linguaggio un lavoro.
Lei che, grazie a questo, era riuscita a scalare lo scheletro malconcio di un mondo riemerso dal terrore.
Che parlava, parlava sempre.
E poi, di colpo, aveva parlato con lui, che non aveva nessuna voglia di parlare.
E aveva scoperto la sua vita intrisa di silenzio.
E di tante di quelle bugie dette a forza, da avergli divorato persino la voce.
E si era abituata a non parlare più.

Erano passati giorni di ricerche, di frusciare di pagine, di libri sbattuti in un angolo, di sconfitte, di voglia di arrendersi.
E poi era tornata la luce.
Ne avevano trovato un altro.
Un pomeriggio, senza perdersi in discorsi inutili, come d'altronde non faceva mai, Severus Piton le aveva detto che era ora di andare.
Non le aveva detto che sarebbe andato.
Ma che era ora di andare.
Insieme.
E lei, assurdamente, si era sentita felice.
Perché con quell'uomo poteva smettere di fingere di essere invincibile.
Era successo in quel vicolo buio, quando aveva scoperto i suoi occhi a fissarla, intuendo ogni sua paura.
E lei, nascosta tra l'oscurità e l'immondizia, per la prima volta in vita sua, non si era data la pena di interpretare un ruolo.
Di tirare fuori la maschera da guerriera e lasciarsi nascondere.
Gli aveva concesso una via di accesso segreta verso la sua anima.
E lui l'aveva presa, quella via d'accesso.
E ci era entrato a spallate, ma senza fare rumore.
E no, non l'aveva protetta.
Almeno non nel modo in cui il mondo è abituato a concepire una protezione.
Perché quella di Severus Piton era fatta di frasi taglienti, di sarcasmo quasi fastidioso e di minacce non troppo velate.
E la verità era che a lei piaceva.
Le piacevano i suoi silenzi, la sua intelligenza, il suo essere stronzo con un'eleganza senza pari.
Hermione Granger di amici ne aveva molti, alcuni più affini al suo modo di essere di altri, ma nessuno aveva mai interpretato le sue paure e assecondato le sue richieste mute, come quell'insopportabile mago dagli occhi fatti di tenebra.
E lei, un giorno dopo l'altro, si era resa conto lentamente di non odiarlo più.
Si era resa conto che le mancava il silenzio carico di tensione che riusciva ad avvertire nell'aria in sua presenza, in quei pochi attimi in cui gli stava lontana.
Si era resa conto di non dover parlare per forza.
Di non dover sembrare qualcuno che non era.
Di non dover fingere di non avere paura.
E questo, nella sua vita, lei lo aveva fatto solo con lui.
E non doveva neppure darsi la pena di dirglielo.
Perché lui non avrebbe voluto, o semplicemente perché, anche di quello, non ce ne sarebbe stato bisogno.
Lui conosceva il suo demone, lo aveva visto emergere tra le pieghe della carriera e della noncuranza che all'inizio si era costretta ad interpretare.
Lo aveva scoperto tra le boccate spasmodiche delle sigarette che si ostinava a fumare per distogliere l'attenzione dai suoi occhi.
E lo aveva accettato.
Senza fare domande.
Senza chiedersi se fosse giusto o sbagliato.
Senza cercare per forza di distruggerlo.
E per questo, lei, non avrebbe saputo trovare le parole per ringraziarlo.

Quando si avviarono sul prato adornato di brina, quella notte, a ridosso dell'alba, Hermione non fece domande.
Così come non gliene aveva mai fatte lui.
Si limitò a seguire l'ondeggiare lento del suo mantello che disegnava l'oscurità.
Quando raggiunsero la foresta e lui le prese la mano, un brivido sottile le percorse la schiena, prima di scendere nelle gambe, intrufolarsi sui talloni e sparire nella terra umida coperta di foglie secche.
Riaprì gli occhi su una scogliera battuta dal vento, dove il mare si infrangeva sulle rocce con tanta violenza da riempirle la faccia di spruzzi salmastri.
L'aria sapeva di inverno e di tempi passati.

-    " Dove siamo?"

Glielo chiese, Hermione, perché non riuscì a trattenere il fiato tra i denti, di fronte alla magnificenza di una natura che sapeva generare meraviglia e paura.
Glielo chiese, pronta a ricevere una risposta frettolosa e glaciale.
Glielo chiese perché aveva bisogno di sentire la sua voce, per assicurarsi che fosse tutto vero.
Che esistesse il mare, che si stesse il vento e, sopratutto, che esistesse lui.
Vide gli occhi di Severus Piton ancorarsi nei suoi per un tempo che sembrò zittire anche il fragore delle onde.

-    "Con Crabbe sarà più difficile. I fumi dell'alcol non hanno ancora atrofizzato i suoi sensi e la sua capacità di difendersi.
Hai intenzione di crearmi problemi o farai quello che ti dirò di fare?"

Non rispondeva mai alle domande, il mago di ghiaccio.
Dettava ordini e malcelava minacce.

-    "Questo dobbiamo catturarlo vivo, professore! Abbiamo ben chiaro il fatto che potrebbe sapere dove si nascondono gli altri!"

Era una lotta.
Come infondo, con lui, lo era sempre stata.
Una lotta che la faceva sentire viva fin nelle viscere.

-    "Lo catturerò vivo, se mi darai modo di farlo.
E adesso taci e seguimi.
Resta nascosta, resta fuori.
E se dovessi avvertire il minimo segnale di pericolo, gira sui tacchi e smaterializzati ad Hogwarts!"

-    "Se vedo che lei è in pericolo io entro!"

Vide gli occhi di Piton trasformarsi in due fessure pericolose.
Lo sentì avvicinarsi fino ad avvertire il suo fiato sulle labbra.

-    "Ti ho detto che resterai fuori!"

Hermione incrociò le braccia al petto.
Tirò fuori per una volta, dopo settimane di riposo, la sua armatura da guerriera.

-    "Perché dovrei starmene fuori e lasciarla morire?"

Silenzio.
Lo vide chiudere gli occhi.
Riaprirli lentamente, affondando nei suoi uno sguardo carico di tanto passato, poco presente e totale assenza di futuro.

-    "Perché io non lascerò morire più nessuno per causa mia!
...Soprattutto non lascerò morire te!"

Sentì il fiato incastrarlesi nella gola, mentre il suo continuava a lambirle la pelle.
Profumava di vento, di polvere e di silenzio.
Profumava di lui, e di tutto quello che lei cominciava a sentire assurdamente necessario.
Sorrise, Hermione.
Gli sorrise quasi sulle labbra.
E lo vide irrigidirsi.
Ritrarsi di scatto.
Perché Severus Piton era pronto a tutto, tranne che a sorridere.
E lei ebbe la sensazione che quella frase fosse sfuggita al suo controllo, lasciandolo tramortito dagli eventi e dalla stranezza di un'umanità sconosciuta, lasciata uscire con troppa foga, prima dell'ennesima battaglia della sua vita stanca.
Lo vide ritrarsi, scoccarle uno sguardo glaciale, e poi sparire verso l'estremità di una collina, dove una casa ormai fatiscente lo aspettava per affrontare ancora una volta i suoi demoni.

Di vento, di sabbia e di silenzioWhere stories live. Discover now