15 - il camino

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Quando il camino le rivelò la figura di Hermione che emergeva dalla cenere, la vecchia preside si lasciò scappare un sorriso.
Aveva visto tante cose nella sua lunga vita, ma mai avrebbe pensato di vedere quella.
La sua studentessa migliore di un tempo, l'avvocato impeccabile in cui si era trasformata, sbucarle davanti con lo sguardo trafelato e i vestiti stropicciati di chi tradiva un desiderio troppo forte.
Era stata informata dal Winzengamot che l'imputato aveva richiesto una visita del suo avvocato e, come di prassi, aveva predisposto il camino della presidenza per l'arrivo di qualcuno che non fosse uno studente o un professore di Hogwarts.
E questo era già strano di per se.
Perché Severus Piton, in tutta la sua vita, non aveva mai chiesto di vedere nessuno.
Solo una volta, tanto tempo prima, era corso da Albus, sperando di trovare in lui la salvezza dal suo personale tormento.
E in cambio aveva ricevuto una vita da vivere nell'ombra, un dolore troppo grande da poter dimenticare e un senso di colpa che gli aveva impedito di tornare a riprendere fiato.
E invece, in quel momento, aveva chiamato lei.
La studentessa che si era divertito a terrorizzare, l'avvocato che aveva detestato con ogni vibra del suo corpo e la donna che si era scoperto a desiderare accanto.
E adesso lei era lì, intrappolata in un vestito grigio che non aveva avuto il tempo di togliere, per poter correre da lui, il professore di cui aveva avuto paura, il mago di cui aveva scoperto i segreti e l'uomo che si era ritrovata ad amare.
Sì, perché Minerva McGranitt l'amore lo aveva solo visto sfilarle accanto, ma dall'alto della sua solitudine, aveva imparato a riconoscerlo.
E a proteggerlo.
E lui, Severus Piton, di amore ne meritava tanto.
Proprio lui che non era mai riuscito ad esprimerlo, ad afferrarlo, a gustarne il sapore.

-    "Lui mi ha chiamata...io..."

Si lasciò scappare un sorriso, la preside di Hogwarts, guardando gli occhi di quella ragazzina piena di entusiasmo.
Così solerte nel garantirle una spiegazione.
Così impaziente di correre in quei sotterranei di cui, Minerva sapeva, non era più riuscita a dimenticare l'odore.
E il brivido sconosciuto e inconfessabile.

-    "Hermione..."

La vide paralizzarsi.
Girarsi di scatto cercando il suo sguardo con gli occhi pieni di timore e vergogna.
E Minerva, la vecchia signora solitaria dal passato glorioso e dal futuro decadente, si ritrovò ad allungarle una mano sulla spalla e a parlare.

-    "Diglielo, Hermione!"

Osservò il suo viso tramutarsi per un istante nella maschera di cera che si era autoimposta di indossare, mentre le mani, forse meno abituate a doversi nascondere, tremavano impercettibilmente sull'orlo di una giacca che avrebbe voluto essere impeccabile e che invece tradiva i segni di una corsa dettata da qualcosa di più forte di qualsiasi ragione.
Scosse la testa, Hermione Granger, in un ultimo, disperato tentativo di gettarle fumo negli occhi.
Ma Minerva aveva visto troppo male nella vita per non portare a termine quella sua nuova, personale missione.
Aveva affrontato demoni che sembravano invincibili.
Aveva visto un silenzio di troppo rovinare una vita di troppo.
E quella volta no, a lei non lo avrebbe lasciato fare.

-    "Corri da lui... e diglielo!"

L'avvocato abbassò gli occhi.
Forse non erano più in grado di sostenere il suo sguardo, o forse sentiva le lacrime a pesarle sotto le palpebre.
Poi la donna alzò il viso, la guardò come si guarda un'ancora di salvezza che non si sarebbe aspettata di trovare.

-    "E cosa gli dico, Minerva?
Che sono così stupida da essermi innamorata di lui?
Che sono così patetica da sentire la mancanza del suo sarcasmo gelido?
Che sono così sola da anelare la sua solitudine, accanto alla mia?"

Minerva sorrise, ancora.
Con un dito le carezzò la guancia, notando le sue mani vecchie, stanche e ormai quasi inutili, infondere un briciolo di conforto a chi aveva affrontato tutte le paure del mondo e, malgrado questo, non era in grado di affrontare quella.

-    "Sì!"

Hermione trattenne il fiato.
Minerva poteva vedere quella lotta senza vincitori, tra la voglia di correre da lui e la paura di farlo realmente, serpeggiarle sotto la camicia di seta.
E poi la riconobbe, improvvisamente.
L'eroina del mondo magico, quella che aveva affrontato eserciti di mangiamorte sanguinari, quella che aveva sopportato torture, terrore e morte.
Quella che, adesso, era pronta ad affrontare la paura più grande a cui fosse stata mai messa davanti.
Quella di amare.
E di imparare a farsi amare.
Proprio da quell'uomo scomodo, arcigno e gelido che l'amore, quello vero, non era mai riuscito ad assaporarlo.
Prima di allora.
E Minerva vide un sorriso nascere tra i solchi della paura.
Vide la speranza accendersi in uno sguardo che si era abituato ad andare in guerra con il mondo, e a vincerla.
Vide una donna piena di colori riemergere dalle ceneri di una vita così dedicata a primeggiare, da dimenticarsi di viverla.
E poi la vide sparire giù dalle scale, correndo come avrebbe corso una ragazzina, lasciando che il rumore dei tacchi rimbombasse nel silenzio avvolto dal mistero di un castello risolto dalla guerra.
La vide sparire nell'oscurità di un corridoio per raggiungere il suo amore impossibile.
Quell'amore che non avrebbe mai pensato di provare e che, invece, le aveva aperto le braccia, affogato nella solitudine di un uomo che era stato solo abbastanza.
E che adesso, come lei, meritava di vivere.
Meritava di amare.
E di farsi amare.

- "Buona fortuna, Hermione..."

Sussurrò nella sera.
Chiudendo gli occhi per un istante e assaporando il miracolo che anche lei, dal fondo di tutta l'inutilità e degli anni che sentiva pesarle addosso, aveva contribuito a rendere possibile.

Di vento, di sabbia e di silenzioNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ